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Quanto è facile perdere o sperperare un’eredità. Se scrivi le parole “eredita sperperata” su Google escono una serie di storie una più triste di un’altra:

“Donna eredita una fortuna, sperpera tutto e finisce a vivere in strada.” 

“Mio fratello ha sperperato i soldi di mia madre e adesso non vuole nemmeno contribuire alle spese funebri.” 

“Spendeva 92mila euro al mese. L’eredità sperperata di Lisa Marie Presley – figlia di Elvis.”

Quest’anno alla Festa GBU abbiamo pensato all’eredità del discepolo di Cristo, di ciò che aspetta il credente nel futuro. Per chi vive oggi per fede in Cristo, il meglio sta per venire. Non è qui nel presente, è nel futuro; e il discepolo deve semplicemente alzare lo sguardo per contemplarlo. 

Abbiamo studiato 3 brani per meditare su questo futuro sicuro: 1 Pietro 1:3-5, Ebrei 12:1-3 e 2 Timoteo 4:1-5.

Le caratteristiche di questa eredità

Pietro ci ha esortati a gioire del fatto che siamo un popolo custodito per una eredità custodita, tutto grazie alla grande misericordia del Signore. Tre parole sono utilizzate per descrivere questa eredità: incorruttibile, senza macchia e inalterabile. 

Incorruttibile – Isaia descrive la nostra esistenza come coperta da un velo – un velo che copre la faccia di tutti i popoli (Isaia 25:6). La morte. Qualsiasi organismo che vive oggi in questo mondo è soggetto alla corruzione della morte che consuma e contamina ogni cosa. Tranne che l’eredità del credente. È incorruttibile!

Senza macchia – difetti, impurezza, oscurità. È perfetta in ogni senso, è la definizione della bellezza e non può mai essere contagiata dal nostro peccato. È senza macchia!

Inalterabile – è protetta dalla morte, e protetta dalla malvagità ed è anche protetta dal tempo. È un’eredità che non invecchia. Il tarlo, la tignola non possono distruggerla. La ruggine, il sole non avranno nessun effetto su di essa. È inalterabile!

Un’eredità custodita in cielo dal Signore per un popolo custodito dalla potenza di Dio – la potenza che ha creato il sole, le stelle, i buchi neri, l’Himalaya, la Fossa delle Marianne. La potenza che ha risorto Gesù dalla morte! Quella stessa potenza sta funzionando come uno scudo intorno agli eredi per portarli alla fine del loro cammino. Festeggiamo la certezza della nostra eredità!

Lo sguardo fisso sul campione!

L’autore della lettera agli Ebrei invece spiega che i figli di Dio sono un popolo che persevera fino alla fine fissando lo sguardo su Gesù. Corrono con perseveranza, convinti della possibilità di finire la gara, gettando ogni distrazione e distruggendo ogni peccato che vorrebbe ingannare l’erede. Perseverano con lo sguardo su Cristo, il modello, il mezzo e la medaglia della fede.

Il modello, l’esempio di come correre con perseveranza. Guardate il suo coraggio: non ha mollato. Osservate la sua convinzione, focalizzato sulla meta. Riflettete sulla sua sottomissione alla volontà del Padre, e notate la cronologia della fede: sofferenza ora, gioia nel futuro, croce prima, corona dopo.

Il mezzo, grazie alla sua corsa, grazie alla sua perseveranza, il credente oggi può correre nella gara della fede, sicuro che la strada non è più bloccata dal suo peccato. Può arrivare fino alla presenza del Padre, grazie a Gesù!

La medaglia è ciò che aspetta l’atleta della fede alla fine del suo percorso. Gesù stesso è il premio della fede, lui è l’eredità. Il credente non corre per vincere una medaglia d’oro, o una maglietta gialla, o lo scudetto, o la coppa del mondo. Il credente riceverà alla fine di questa gara, una cosa molto, ma molto più preziosa – Gesù stesso, incorruttibile, senza macchia e inalterabile! Noi vinciamo lui e lui vince noi!

Passare il testimone

Paolo con le sue ultime parole implora suo figlio nella fede, Timoteo, a passare alla prossima generazione il messaggio dell’eredità. L’erede sicuro della sua eredità, sicuro che arriverà alla fine della gara grazie alla potenza di Dio e grazie alla sua perseveranza, è chiamato a predicare la parola dell’eredità alla sua e alla prossima generazione. Ed è chiamato a farlo con urgenza, con pazienza e con sofferenza. 

Gli scoraggiamenti, le delusioni, le frustrazioni, gli ostacoli, gli attacchi e l’opposizione fanno parte della vita del credente. Vergogna nel presente, gloria nel futuro. La croce oggi, la corona in quel giorno. Sofferenza ora, eredità incorruttibile, senza macchia e inalterabile al ritorno di Cristo. Questa è la speranza viva del discepolo di Cristo! Dio ci porterà mediante la fede fino a quel giorno e quindi corriamo con perseveranza, occhi fissi sul premio, su Gesù, annunciando a tutti la Parola.

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E’ un infinito conforto avere un Dio che è molto più saggio e

che mostra molto più  amore di quanto possa fare io.

Ci sono miriadi di ragioni per ogni cosa che fa e

permette e che non posso conoscere,

ma in lui è la mia speranza e la mia forza.

Tim Keller

 

Tim Keller, una delle più importanti figure del mondo evangelico americano, è andato con il Signore, dopo aver combattuto tre anni con un cancro al pancreas. Le parole che riportiamo come epitaffio sono quelle del Twitter dove egli annunciò la sua malattia e che ci sembrano sintetizzare efficacemente il suo messaggio.

Keller è stato un personaggio molto influente negli ultimi decenni nel mondo evangelico. Formatosi in alcuni dei seminari più rinomati, dopo aver lavorato con IFES (dove aveva vissuto anche la sua conversione) è stato per qualche anno professore al Westminster Theological Seminary, dove aveva anche preso il suo dottorato.

Come molti affermano in queste ore sarebbe potuto rimanere lì per il resto della sua vita, probabilmente i suoi libri avrebbero comunque avuto un certo successo. Ma la vera sfida per lui evangelico conservatore era quello di andare in una delle città più secolarizzate del mondo e riuscire ad avere successo nella missione del Vangelo. Per questo motivo nel 1989 è andato a New York dove è riuscito, nel cuore di Manhattan, a vivificare una Chiesa Presbiteriana ortodossa nella sua fede che, grazie a lui, è stata frequentata da centinaia di persone. 

Pertanto nel mondo evangelico Keller sarà soprattutto ricordato come predicatore di successo nell’era, come afferma Leslie Newbigin, del post-cristianesimo occidentale. La sua capacità è stata quella, pur rimanendo nella tradizione, di sapersi far ascoltare da un pubblico cui bisognava annunciare il Vangelo a partire da zero e cercando di comprendere il suo linguaggio. Per questo motivo ha cercato in autori come C.S. Lewis e J. Stott dei modelli da cui partire per imparare a parlare al mondo. E’ stato anche un fervido lettore non solo della letteratura evangelica, ma anche di quella secolare, con lo scopo di comprendere lo spazio in cui si muoveva.

Quando nel 2010 ho potuto ascoltare Keller a Città del Capo ho apprezzato soprattutto la sua analisi sociologica del mondo in cui viviamo e l’importanza di evangelizzare le città, luogo dove vivono la maggior parte delle persone della terra oggi, un po’ come i primi cristiani hanno evangelizzato in primis le città dell’Impero. 

Le sue posizioni “tradizionali” non gli hanno impedito di farsi sentire nel mondo secolarizzato e di acquistare un notevole rispetto che lo ha portato anche a contribuire ad alcune delle più importanti testate del panorama culturale newyorchese, che ha sempre avuto idee liberal. Ha scritto, oltre che per le case editrici evangeliche, anche per giornali come il New York Times (che lo ha avuto come suo host editor diverse volte da dopo l’attentato alle Torri Gemelle) a riviste come The Atlantic dove ha scritto proprio uno dei suoi più toccanti articoli dopo aver saputo della sua malattia. Questo ha dimostrato la sua capacità di saper parlare al mondo che, pur essendo in disaccordo, lo ha sempre ascoltato.

Fondatore con Don Carson di Gospel Coalition è stato uno degli esponenti del cosiddetto new calvinism negli Stati Uniti, ma ha sempre dato priorità ad una predicazione di Grazia ed Amore piuttosto che ad una basata sull’enfasi delle caratteristiche più peculiari del mondo Riformato. La sua scelta è stata dovuta soprattutto alla sua formazione ed anche a voler trovare quella che poteva essere una base teologica solida e ben strutturata.

Non sono mancate nella sua vita i momenti in cui sono stati evidenti alcuni contrasti come nel 2017 quando il Princeton Theological Seminary (oggi di tendenza liberale mainstream) voleva dargli (giustamente) il premio Abraham Kuyper (che viene conferito a predicatori e teologi riformati che si sono distinti nella conciliazione tra Vangelo e società) e poi ha ritirato il premio perché gruppi di studenti hanno dissentito a causa delle sue idee sul ministerio femminile (come tutti gli esponenti di Gospel Coalition Keller è rimasto complementarista e contrario al ministerio pastorale femminile, pur dando spazio alle donne nel diaconato) e per la condanna dell’omosessualità. Nonostante questo Keller comunque ha tenuto le conferenze Kuyper delineando i sette passi che si devono fare per evangelizzare il mondo occidentale, il più difficile oggi cui far ascoltare il Vangelo. La proposta era quello di ritornare ad un’apologetica simile a quella agostiniana della Città di Dio, a cercare una via di mezzo tra l’impegno per il sociale (voluto soprattutto dai protestanti storici) e l’annuncio del Vangelo, ad avere una critica della secolarizzazione partendo dall’interno del mondo cristiano piuttosto che dall’esterno, a sviluppare la doppia vocazione per coloro che sono impegnati nel mondo evangelico e nel mondo del lavoro, a guardare al mondo evangelico in modo globale e a non guardare solo al contesto americano (uno sicuramente dei limiti oggi di questo mondo), ad evidenziare la grazia che sola salva l’umanità ed a distinguere il Vangelo da comportamenti religiosi standard.

Se il discorso del 2017 a Princeton può essere visto come la sua sintesi teologico-pastorale, non va dimenticato che, in un periodo difficile per il mondo evangelico americano, Keller ha saputo tenere le distanze dall’agone politico (non mostrando indifferenza verso di esso, ma profondo interesse), ribadendo che il cristianesimo non ha un suo partito di preferenza e che, benché i credenti si debbano impegnare per il sociale, non possono sposare agende di particolari partiti o leader politici.

La testimonianza degli ultimi anni è stata sicuramente toccante, perché, pur mostrando le sue debolezze umane, Keller, nella malattia, ha mantenuto la fede nel Dio sovrano. Il suo lascito sarà importante soprattutto per la capacità che ha avuto di parlare al mondo in cui viviamo ed in questo va sicuramente imitato e preso come modello.

Valerio Bernardi – DIRS GBU

L’articolo L’infinita saggezza di Dio. Un omaggio a Tim Keller proviene da DiRS GBU.

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