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Cosa ha condiviso Stefano Mariotti nelle sue predicazioni su 1 Pietro alla Festa GBU 2022? Il nostro oratore ha scritto una sintesi che è anche un’ottima panoramica su 1 Pietro, nella quale Stefano mette in risalto i contenuti principali della lettera.

“Fuori-sede”* eletti nel mondo: oggi come allora

Potremmo definire 1 Pietro, un corso intensivo di come vivere il Vangelo, nelle opportunità e nelle crisi della vita quotidiana. Pietro scrive a dei credenti ordinari come noi, che vivono in tempi simili ai nostri, in quanto la nostra società occidentale post-cristiana non è dissimile da quella dei suoi lettori nel primo secolo. Così assieme a loro, possiamo imparare cosa significa abbracciare, essere trasformati e vivere il Vangelo, in una cultura progressivamente sempre più intollerante al messaggio di Cristo e dei suoi assoluti. Pietro vuole equipaggiarci ad affrontare la realtà che seguire Gesù e ubbidire alla sua Parola ci espone all’essere diversi, incompresi, rifiutati, ridicolizzati; ci espone alla sofferenza. Per sfuggire a questa sofferenza, la tentazione è quella di chiudersi al mondo, o di compromettersi nel mondo. Pietro invece ci sfida a radicarci in Cristo, sperimentando il suo amore, gioia e speranza, per testimoniare al mondo il suo amore, la sua gioia e speranza.

*”Fuori sede” era il titolo della Festa GBU 2022 (ndr)

Esiliati ma non isolati

Come traduce la Luzzi, Pietro indirizza la sua lettera (1:1) agli: “eletti che vivono come forestieri nella dispersione”, letteralmente agli: stranieri eletti della diaspora. Più avanti li definirà in 2:11-12 “stranieri e pellegrini”, gente di passaggio ed esiliati; e concluderà la lettera con i saluti dalla “chiesa che è in Babilonia” (5:13). Così identifica deliberatamente i suoi lettori con il popolo di Dio dell’Antico Patto, che soffre lontano dalla Terra Promessa, che spera nelle promesse redentive di Dio, ma che annuncia la Parola di Dio vivendola responsabilmente nella città e nella nazione che lo “ospita” (2:13-15). Quindi il quadro che Pietro dipinge ai nostri occhi, non è quello un solitario studente fuori-sede, ma piuttosto quello di una “confraternita”. Ci parla di un popolo, di una famiglia, di una chiesa che cresce in Cristo, imparando ad amarsi e sostenersi gli uni gli altri in Cristo. È insieme che rimaniamo fermi nelle difficoltà, gioiosi nella speranza e appassionati nella testimonianza. A maggior ragione, Pietro mostra ai suoi lettori di allora, che non sono solo “stranieri”, e quelli di oggi non sono solo “fuori-sede” – ma sono stranieri: eletti, scelti, messi a parte, dalla famiglia della Trinità, per uno scopo! Così come Dio ha ratificato l’Antico Patto nel sangue dell’agnello (1:19), salvando per grazia il suo popolo dalla schiavitù, per poi donargli la sua legge missionale; la nostra salvezza si fonda sull’essere cosparsi del sangue di Cristo nel Nuovo Patto (1:2), in modo che la nostra ubbidienza e santificazione, hanno come scopo missionale la sua gloria tra le nazioni!

La nostra speranza: Cristo Gesù

È in questo contesto che Pietro ci mostra come vivere come fuori-sede eletti in un mondo ostile (1:4-20), perché la nostra speranza è radicata in Cristo e nella sua opera 1:13, 21. È solo quando Cristo è tutto quello che ci resta, che ci rendiamo conto della realtà della fede: fede nel Cristo che davvero è tutto quello di cui abbiamo bisogno! È allora che sperimentiamo la gioia della salvezza nel mezzo delle svariate prove. Quindi è vero: siamo fuori-sede, in una cultura che, come ai tempi di Pietro, trova offensiva tanto la centralità della salvezza del Vangelo di Cristo, quanto l’esclusività della persona e dell’opera di Cristo. Ma è proprio in questo contesto, che Pietro ci espone una chiara apologia della sofferenza cristiana per il nome di Cristo, fondata sulla sofferenza redentiva di Gesù, facendoci vedere la sofferenza come un’opportunità per il Vangelo per il popolo di Cristo!

Il valore della sofferenza

Dio ci lascia in questo mondo come fuori-sede eletti, perché il nostro mondo, le nostre famiglie e amici, le nostre università e comunità, hanno bisogno di vedere vissuto nella pratica il Vangelo di Cristo. Per questo Pietro ci dice di sostenerci gli uni gli altri. Perché in Cristo non dobbiamo sprecare questa sofferenza, in quanto Dio stesso è con noi e in essa: ci perfezionerà, ci renderà fermi, ci fortificherà stabilmente (5:10). Perché è nel sottometterci e nell’umiliarci affidandoci alla potente mano di Dio, che nella pratica annunciamo al mondo la giustizia della Legge di Dio, vivendo nel mondo: la cura che Dio ha per i suoi figli, la gioia del Vangelo che Cristo dona al suo popolo, la fiducia che lo Spirito crea nella sua chiesa.

Questa è la vera grazia di Dio

Così siamo dei fuori-sede eletti della diaspora. Siamo un popolo di forestieri e pellegrini sparsi nelle nostre università. Siamo parte integrante delle nostre chiese, che cercano il bene delle nostre grandi città e piccoli paesi d’Italia. Siamo degli ordinari peccatori salvati per grazia, che nelle nostre università, luoghi di lavoro, famiglie, amici e comunità, annunciano lo straordinario Vangelo di Cristo, vivendolo nel mezzo delle sfide e delle prove, per la potenza dello Spirito Santo. Questo è chi siamo in Cristo, questa è la vera grazia di Dio; in essa state saldi!

Stefano Mariotti

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Dopo due anni in cui, a causa della pandemia, la Festa GBU (Convegno Studentesco Nazionale) è stata organizzata online, quest’anno ci siamo potuti rivedere di persona. Da Trento a Messina, noi studenti universitari, laureati e staff abbiamo gioito, studiato e trascorso insieme alcuni giorni circondati dalle colline fiorentine a Poggio Ubertini. 

IL TEMA

Stefano Mariotti ci ha guidato e ha condiviso con noi alcune riflessioni sulla prima lettera di Pietro scritta “agli eletti che vivono come forestieri dispersi nel Ponto, nella Galazia, nella Cappadocia, nell’Asia e nella Bitinia” (1 Pietro 1: 1). Proprio da qui nasce il titolo della festa “Fuori sede”, espressione molto familiare a noi studenti. Inoltre, tra le diverse attività, ci sono stati alcuni seminari che ci hanno dato l’occasione di trattare temi come interagire con l’università, usare i social media per condividere il vangelo, organizzare eventi evangelistici e invitare un amico a leggere la Bibbia.

DUE INCORAGGIAMENTI DA 1 PIETRO

Durante gli studi mi è piaciuto molto quando ci dividevamo in gruppetti. Leggevamo alcuni versetti, condividevamo le nostre osservazioni e iniziavamo a riflettere sul loro significato con l’aiuto di qualche domanda guida. Successivamente, ci riunivamo tutti insieme e Stefano approfondiva alcuni temi in modo più specifico. Nel primo capitolo della sua lettera, l’apostolo Pietro parla di due argomenti importanti: gioia e sofferenza. Personalmente mi ha fatto riflettere tanto quando Stefano ci chiedeva in che cosa gioiamo, e in particolare quando diceva che a volte facciamo dipendere la nostra gioia da una circostanza, da un evento o spesso da una persona; di conseguenza il nostro umore dipenderà da come andranno le cose. Ho subito pensato al versetto di Filippesi 4:4 “Rallegratevi sempre nel Signore. Ripeto: rallegratevi”. È stato importante per me ricordare di basare la nostra gioia in Dio perché Lui è il nostro porto sicuro ed è fedele.

Un altro incoraggiamento che ho avuto è stato quando l’apostolo Pietro sostiene che le sofferenze che i destinatari del suo scritto attraversano, sono necessarie e che non ci si dovrebbe stupire; infatti dice: “Carissimi, non vi stupite per l’incendio che divampa in mezzo a voi per provarvi, come se vi accadesse qualcosa di strano. Anzi, rallegratevi in quanto partecipate alle sofferenze di Cristo, perché anche al momento della rivelazione della sua gloria possiate rallegrarvi ed esultare” (1 Pietro 4: 12-13). Attraverso queste parole e pensando a come Dio ci sostiene anche durante le difficoltà, sono stata spronata poiché Lui è la nostra “pietra angolare” (1 Pietro 2: 6), essenziale e necessaria per la nostra vita. A volte le difficoltà ci servono per crescere e far crescere, come condivideva Stefano, la nostra speranza in Cristo.

INSIEME PER CONDIVIDERE GESÙ

La Festa GBU, inoltre, è stata importante perché è stata un’occasione per continuare a coltivare le amicizie che sono nate e che continuano a nascere nel GBU. Costruire relazioni su cui si può contare è davvero prezioso, il fatto di parlare con gli altri studenti e Staff condividendo le attività svolte nel proprio gruppo GBU locale nei mesi passati, gli eventi organizzati e quelli che si avranno a breve, le idee, ma anche le difficoltà che si incontrano… Sono veri e propri incoraggiamenti per continuare a portare Gesù nelle università. Quando penso al Gbu come gruppo formato al suo interno da tanti studenti e amici con lo stesso obiettivo, mi infonde coraggio.

In conclusione, posso dire con certezza che quel fine settimana è stato un tempo benedetto, le aspettative sono state grandemente superate in quanto Dio si è servito di tante persone per sostenerci, per dimostrarci ancora una volta l’amore che ha per noi, per quanto gli siamo preziosi e per quanto ha a cuore la nostra vita. Siamo stati incoraggiati ancora una volta ad essere una luce nelle nostre facoltà e parlare di Gesù ai nostri amici e colleghi universitari.

Giada Coppola
(Coordinatrice GBU Parma)

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Esistono pochi contesti simili all’università, dal punto di vista spirituale. Ogni giorno siamo assaliti dalla presupposizione che tutti i beni più alti siano raggiungibili se, come esseri umani, ci impegniamo abbastanza per ottenerli. Nelle facoltà di oggi, c’è poco spazio per il mondo spirituale; al massimo, esso viene relegato alla sfera privata, personale, che non ha nulla a che fare con la vita comune o con il progetto universitario. Nelle nostre aule, dunque, la sfera socio-fisica e la sfera spirituale sono completamente separate, staccate.

Sia all’ateo aggressivo che al tipico studente disinteressato, la persona che vuole affidarsi completamente a Gesù sembrerà strana, un po’ troppo strana, forse anche un po’ pazza.  Accademicamente, la fede è spesso vista come una debolezza, una mancanza, un qualcosa che impedisce la sapienza, che trattiene la mente umana dal suo massimo potenziale. Come può qualcuno appartenere a Gesù e contemporaneamente nuotare in queste acque universitarie? È facile per uno studente credente sentirsi come un pesce fuor d’acqua, sentirsi proprio fuori sede.

Ma questa esperienza non è per nulla esclusiva dell’università moderna.

Sin dall’inizio del cristianesimo, i credenti sono stati considerati “fuori” dalla loro società – sin dall’inizio è stato chiaro al mondo che c’è qualcosa di diverso in questi “cristiani”, che la loro adunanza non era uguale a quella dei loro vicini, della maggior parte della loro società. Per questo la chiesa in quei primi anni soffrì fortemente per mano di quelli che gli stavano intorno. Così grave era il problema, che alla prima generazione di credenti, l’apostolo Pietro scrisse una lettera chiamandoli “stranieri e pellegrini” su questa terra – incoraggiandoli a non arrendersi, ma a resistere, ad andare avanti, anche a gioire in mezzo delle loro sofferenze, a motivo delle grandi benedizioni che avevano ricevuto da Dio. Sarà questa lettera il nostro punto di partenza per la tanto attesa FESTA GBU!

Cosa vuol dire oggi essere straniero e pellegrino?

Che cosa implica per noi oggi, essere fuori sede? Questo sarà il tema principale di quest’anno. Avremo con noi due ospiti specialissimi: Stefano Mariotti, pastore della Chiesa la Piazza di Budrio (BO) che ci porterà delle meditazioni da 1 Pietro su questo tema, e Lindsay Brown, precedentemente segretario generale di IFES, il movimento globale del quale il GBU fa parte. Lindsay condividerà alcune sue riflessioni su oltre 40 anni di esperienza del ministero studentesco.

Oltre a questi momenti fantastici, la FESTA GBU rappresenta il momento principale dell’anno in cui studenti da tutta la nostra penisola possono riunirsi tutti insieme IN PRESENZA per 4 giorni di workshop, di preghiera e lode al Signore, di musica, di attività sportive, e tanto tempo insieme faccia a faccia – una gioia che ci manca ormai da quasi 3 anni! Saranno giorni indimenticabili, assolutamente da non perdere!

Ci vediamo lì! 

Simon Cowell
(Staff GBU Bari)

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Da poche settimane si è conclusa la Festa GBU 2021 (Convegno Studentesco Nazionale).

Anche quest’anno gli studenti GBU di tutta Italia si sono incontrati online, forse un po’ stanchi per l’ennesimo incontro virtuale, ma con la gioia di poter essere, in qualche modo, insieme!

Attraverso la predicazione della Bibbia, i seminari e le interazioni nei gruppetti, ogni studente è stato incoraggiato a vivere la propria fede nell’università, prendendo sempre più consapevolezza del grande mandato che Gesù ci ha affidato.

Qui di seguito le testimonianze di due studenti GBU, alla loro prima Festa:

Giulia Di Fonso, GBU Foggia

Questa è stata la mia prima Festa GBU.

Una predicazione di Francesco Schiano mi ha fatto riflettere sul fatto che oggi viviamo in una società caratterizzata dal costante attivismo. L’uso di dispositivi tecnologici e delle loro applicazioni aumenta l’attenzione di ciascun utente verso se stesso. Questo atteggiamento di “distrazione” azzera il piacere della condivisione e delle interazioni sociali.

Matteo 9:36-38, invece, è un esempio di perfetta empatia e compassione verso gli altri! Gesù, nonostante fosse molto attivo e impegnato, vedeva la folla, ne aveva compassione, ne cercava il contatto.

Mi sono chiesta: “Riesco a vedere la folla? I bisogni della gente? Cosa sto facendo per raggiungere le persone intorno a me?”

Domenico Giannone, GBU Palermo

Mi chiamo Domenico Giannone, faccio parte del gruppo GBU di Palermo da quasi un anno, e quest’anno ho partecipato alla mia prima festa GBU.

Non avevo mai partecipato a un evento così grande soltanto per studenti universitari, e ho trovato tutto molto bello e stimolante per la mia vita cristiana. La Festa è stata organizzata online e sono state svolte numerose attività. Mi sono piaciuti, in particolare, il networking, che permetteva di parlare, in modo casuale, con tanti studenti GBU di tutta Italia, e i seminari che affrontavano numerosi temi. Questi ultimi per me sono stati i momenti più belli della Festa, in cui ho avuto modo di imparare tanto, apprezzando anche il modo in cui concetti venivano spiegati.

Una frase che mi ha colpito particolarmente in un seminario è stata: “La potenza di Dio spinge gli uomini al ravvedimento”.

La mia prima festa GBU mi ha dato tanto, mi ha ricordato di dover essere “sale e luce” per questo mondo e a non avere paura, ma piuttosto ad andare e predicare il vangelo, a fare discepoli di Gesù Cristo. Sono molto contento di aver fatto questa esperienza e di aver partecipato!

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Capire la volontà di Dio per la propria vita sembra essere una delle ossessioni più comuni nella vita dei credenti.

Forse perché siamo affetti da una sorte di sindrome di “Sliding Doors”.
Proprio come nel famoso film degli anni ‘90, con protagonista Gwyneth Paltrow, pensiamo che una scelta sbagliata (nel film si trattava di un evento casuale, ma non è questo il punto) possa cambiare il corso della nostra storia, facendoci perdere le cose migliori della vita.

Eppure la volontà di Dio per noi è chiarissima nella Bibbia. Gesù ci ha chiamati per essere suoi testimoni, alla gloria di Dio. Prima di ascendere al cielo ha detto ai suoi discepoli “Andate e fate miei discepoli”, e i suoi discepoli hanno trasmesso lo stesso mandato a coloro che hanno creduto alla loro predicazione. Fare discepoli di Cristo è la volontà di Dio per ogni persona che crede in lui e lo segue. Questo dovrebbe essere la risposta principale ogni volta che, davanti ad una scelta importante, ci chiediamo cosa fare: “Vai e fai discepoli di Cristo”. Il resto non è altrettanto importante.

“Voi siete il sale della terra…”

Quest’anno alla Festa GBU ci siamo chiesti come adempiere al grande mandato riflettendo su 3 famosi brani dal Vangelo di Matteo (5:13-16, 9:36-38, 28:16-20).
“Voi siete il sale della terra…Voi siete la luce del mondo…” un discepolo di Cristo non può passare inosservato, e rende il luogo in cui si trova migliore. La sua nuova nascita e la presenza dello Spirito Santo nella sua vita lo rendono evidentemente diverso. È di lui che ha bisogno il mondo arido e oscuro nel quale vive.
Allora risplendete! “Affinché vedano le vostre buone opere e glorifichino il Padre vostro che è nei cieli”.

“Vedendo le folle, ne ebbe compassione”

Le folle che vivono attorno a noi dovrebbero vedere le nostre buone opere. Cosa dovremmo vedere noi in loro? Gesù vedeva pecore senza pastore, persone stanche e sfinite, vedeva una grande messe, e ciò lo spinse a dire “pregate dunque il Signore della messe che mandi degli operai nella messe”.
La pratica del digiuno (non necessariamente dal cibo, ma forse da internet, dallo smartphone, dalle serie TV), della solitudine e del silenzio potrebbero aiutarci ad essere liberi dalle distrazioni che ci impediscono di vedere le folle che vivono attorno a noi. Questo ci aiuterà a provare la compassione che Gesù prova per loro, e a passare più tempo sulle ginocchia, pregando con una visione più grande dell’opera del Signore.

Allora saremo pronti ad andare, a stare scomodi, a rischiare.

“Alcuni desiderano vivere la loro vita sotto il suono costante del coro di una chiesa. Io voglio aprire un centro di recupero ad un metro dall’inferno” (C.T. Studd).

C’è un grande bisogno di predicare il Vangelo, di insegnare la Parola di Dio. Chi si è dedicato a queste cose ha sempre affrontato sofferenze e persecuzioni, ma “ecco, io sono con voi tutti i giorni, fino alla fine dell’età presente” disse Gesù ai suoi discepoli dopo aver affermato che ogni potere gli era stato affidato, in cielo e sulla terra.

Non siamo in un mondo guidato dal caso, nel quale le nostre scelte sbagliate possono rovinarci la vita. Siamo nella messe di Dio, che ha ogni cosa nelle sue mani, e che ci chiede soprattutto una cosa: “andate e fate miei discepoli”. Il resto non è altrettanto importante.

 

Francesco Schiano
(Staff GBU)

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È la terza volta che partecipo alla Festa GBU.

È sempre un’opportunità speciale di crescita spirituale e personale, oltre che un’occasione per ritrovare amici da tutta Italia.

Quando sono state aperte le iscrizioni qualche mese fa, non ho esitato a iscrivermi, e non ero il solo! Vari ragazzi del nostro gruppo di Torino si erano iscritti, anche perché ci saremmo dovuti occupare del famoso BAR! Eravamo eccitati all’idea e stavamo incoraggiando anche i nuovi membri del gruppo a venire con noi.

Purtroppo, però, a un certo punto è arrivata la mail che non avrei voluto ricevere…

Niente Festa per colpa del Coronavirus, tutto rimandato al 2021. È stato un dispiacere, ma la mail diceva anche che ci saremmo incontrati comunque online. Non avevo grandissime aspettative, ma è stato incoraggiante constatare che avremmo avuto modo di fare qualcosa nonostante le difficoltà del periodo.

Pochi giorni prima dell’inizio della festa, ho visto il programma e mi son dovuto ricredere perché non mi aspettavo fosse così ricco. Era quasi come il programma di un giorno alla vera Festa, ospite speciale compreso! Wow! Così ho avviato l’iscrizione e mi son ritrovato a scegliere quali seminari seguire: anche quest’anno c’erano varie opzioni piuttosto interessanti.

Poi è arrivato il 25 aprile, il gran giorno.

Ho partecipato a tutti gli eventi e ne sono stato davvero colpito: non mi aspettavo di vedere così tanti studenti collegati insieme! Il messaggio iniziale e i seminari mi hanno fatto riflettere sul mio futuro, mi hanno aiutato a rimettere a fuoco le priorità, mi hanno incoraggiato a progredire nella ricerca della volontà di Dio per la mia vita e mi hanno spinto a coltivare la vita di preghiera in modo da poter sperimentare la presenza e potenza di Dio in ogni situazione. Come ogni anno, mi ha arricchito il fatto di potermi confrontare con altri studenti che combattono battaglie simili alle mie, l’ho apprezzato molto.

È stato un privilegio anche poter assistere all’intervista a Lindsay Brown, una mente davvero brillante.

Ma i momenti che mi hanno colpito di più sono stati l’incontro di preghiera e il discorso conclusivo di Johan. Durante le preghiere si percepiva l’unità nello Spirito di tutti i partecipanti (circa 80) nonostante la distanza!

Invece Johan mi ha fatto commuovere quando parlato del periodo in cui nacque il GBU in Italia 70 anni fa e ci ha fatto vedere alcune foto storiche, oppure quando ha fatto vedere la foto della scorsa Festa GBU. Le prime mi hanno fatto sentire parte di un’opera e di un servizio per il Signore che va avanti da molto tempo; sono profondamente onorato di poter collaborare con il GBU e sono contento di vedere come Dio continui a benedire i nostri gruppi e a usarli come strumento per portare degli studenti a Lui. La seconda invece ha suscitato in me tanta nostalgia di quei bellissimi momenti!

Dopo la chiusura della videochiamata ho scoperto che non ero stato il solo di Torino a essersi commosso e che eravamo tutti entusiasti e desiderosi di poter avere altri incontri del genere in futuro.

Per me la Festa GBU online è stata una boccata d’aria fresca in questo periodo di reclusione in casa. Spero tanto di poter partecipare dal vivo alla Festa del prossimo anno!

 

Luca Montaldo
(coordinatore GBU Torino)

Tempo di lettura: < 1 minuto

Oratore: Danny Pasquale

Studio 1 – Perché seguire Gesù (Luca 2:8-20)

Studio 2 – Come seguire Gesù (Matteo 16:24-28)

Studio 3 – Seguire Gesù in pratica (1 Tessalonicesi 1:1-10)

Tempo di lettura: < 1 minutoPuoi (ri)ascoltare i messaggi che Andy Hamilton ha portato alla Festa GBU 2018 sul tema #maiunagioia.

Gioia smisurata [Giovanni 2:1-12]

Gioia completa [Giovanni 3:22-36]

Gioia radicata [Giovanni 15:1-17]

Tempo di lettura: 3 minutiIl giorno della Festa era arrivato.

I preparativi per portare tutta la famiglia a Poggio e le aspettative di far godere marito e prole della speciale atmosfera che si respira alla Festa con il GBU di tutta Italia saltarono nel giro di poco. Mi ritrovavo da sola all’ultima ora a dover riorganizzare il viaggio, rimediando un posto in auto tra giovani studenti e amici che non vedevo da tempo. In testa avevo tanti pensieri: un figlio ammalato all’ultimo secondo, un litigio fresco con il marito, due cari amici con problemi familiari importanti, una problematica da risolvere nell’ambito dell’associazione GBU, un’assemblea da presentare. Non ero proprio nella gioia. Non ero proprio in vena né di chiacchiere né di rimettermi in gioco conoscendo nuovi studenti, né di avere carichi di responsabilità o discussioni impegnative. Eppure mi toccava.

Desideravo avere un incontro speciale con Dio, proprio come successe in passato da studentessa. Dissi il tutto in una preghiera veloce prima di salire in macchina. Signore, mi spoglio di tutti i bagagli emotivi e fisici e mi lascio guidare in questi giorni dalla tua grazia.

La prima cosa bella che allentò la tensione fu proprio il viaggio in macchina: la simpatia e la benevolenza che i miei due giovani compagni di viaggio mi mostrarono, mi aiutò molto a togliere il senso di inadeguatezza dovuto agli anni che avevo.

Seguirono altre piccole sorprese che mi toccarono nel profondo: i racconti di due ragazze che all’università hanno conosciuto il Signore tramite il GBU mi ricordarono di quanto importante fu per me aver incontrato proprio nel periodo universitario un gruppo di studenti che amavano il Signore e leggevano la Bibbia in un’aula. Grazie a loro, la mia vita cambiò radicalmente.

E che dire dell’incontro inaspettato con una ex-consigliera e socia storica sostenitrice del GBU? Era come fare un tuffo indietro nel tempo nella storia dell’associazione, percependo come qualcosa di vivo e prezioso l’impegno di Pileria e di tante altre persone che hanno creduto in questa missione, perché hanno ricevuto, proprio come me, dei grandi benefici dal GBU.

Dio mi ha fatto volutamente assistere al passaggio del testimone spirituale dell’associazione GBU insegnandomi allo stesso tempo che Lui è il sovrano della storia mia e della vita del GBU, che Lui sa condurre per il meglio le persone e la missione.

Ma la gioia più grande è stata quella di penetrare nel testo di Giovanni 3:22-36, comprendere pienamente ciò che successe ed essere stupita di come un testo così tanto letto mi stesse ancora comunicando qualcosa di personale. Da cosa dipende la mia gioia? Da ciò che gli altri dicono di me, dall’essere più o meno riconosciuta o apprezzata per quello che faccio o dico? Da quello che ho e soprattutto da quello che non ho? Se dipende da questo, è ovvio che la gioia è effimera, che va e viene. Ma la mia gioia può essere piena e completa, quando coltivo pienamente una relazione personale con Gesù. E così è stato per me, sperimentando appieno in questi due giorni che partendo da una situazione del tipo #maiunagioia, con Lui sono arrivata a #gioiacompleta.

Barbara Buccinnà
(Comitato Direttivo GBU)

Tempo di lettura: 3 minuti

#maiunagioia

È questo l’hashtag del momento tra gli studenti liceali e universitari. L’hashtag è associato, ironicamente, a momenti di vita quotidiana in cui piccoli imprevisti o situazioni improbabili che si verificano provocano un po’ di frustrazione e nervosismo nel malcapitato studente. Seppur tutto questo viene affrontato con grande ironia, nasconde un reale e profondo disagio generazionale. “Crisi economica”, “disoccupazione giovanile”, “futuro incerto” sono espressioni quotidiane per gli studenti, espressioni in cui si riconoscono e si identificano.

Succede quindi che ci troviamo davanti alla generazione #maiunagioia, costituita da giovani senza scopi e obiettivi nella vita, che si lasciano perdere, che non lottano per nessuna cosa, che non si appassionano per ciò che ha un reale valore etico e morale, ma che discutono animatamente sull’ultimo episodio di “Games of Thrones” o sull’ultima scelta del tronista di “Uomini e Donne”. È una generazione inetta e apatica che ha perso la bussola, che non sa a chi rivolgersi e che non sa a chi affidarsi. È una generazione che non crede. Né in se stessa, né in nessun altro.

In questa descrizione amara, in cui certamente non rientrano tutti gli studenti di oggi, rientrano tuttavia un buon numero di studenti e giovani (e adulti) che frequentano le chiese evangeliche. Lo vediamo nei nostri gruppi GBU e, appunto, nelle nostre chiese. Com’è possibile che questo accada?

Gesù non promette di darci la sua gioia se osserviamo i suoi comandamenti? Non c’è gioia completa nel pensare che i nostri nomi sono scritti nel libro della vita? Non è pienamente consolatorio leggere le promesse di Dio e stare alla sua presenza? Lo Spirito Santo stesso che abita in noi non è chiamato il Consolatore? E quante altre domande come queste potremmo farci…

Eppure, di fatto, tanti cristiani vivono senza gioia. Perché accade ciò? Io direi a causa della mancanza di una vera e autentica relazione con Dio. Se questa relazione esiste, non è possibile non gioirne. Certo, non significa che non devono esserci dei momenti di sconforto. Questi possono venire, ma la tristezza non può essere il leitmotiv della vita di un cristiano.

La gioia che il mondo ci propina è una sensazione, legata ad attimi fuggitivi che durano il tempo di farci sobbalzare il cuore di gioia. La gioia che un cristiano dovrebbe provare, invece, non è un momento di felicità, un’emozione, anche se data da un episodio particolarmente bello e intenso vissuto in chiesa o al convegno GBU. La gioia è una condizione di vita, fondata non su un’esperienza, seppur straordinaria, ma sulla verità della Parola di Dio.

Proprio in quanto condizione di vita, non ci aspettiamo che un cristiano vada in giro sempre saltellando, ma ci aspettiamo che la sua vita sia colma di Cristo, della sua pace e della sua gioia, e che nella difficoltà che lo può far soffrire terribilmente, non verrà meno quella gioia data dal sacrificio di Gesù, dalla salvezza, dal fatto di avere l’onnipotente DIO come padre.

Molti studenti cristiani conoscono questa verità, ma non l’hanno realizzata in profondità, ed è così che la fede e la speranza in Dio diventano solo una stampella che riesce a farli andare avanti in questa vita triste, difficile e insoddisfacente. Questa è spesso la natura della fede che mostrano ai loro amici e colleghi, ed è anche per questo che questi amici e colleghi non si avvicinano a Cristo.

Penso alla potenza del messaggio del Vangelo e penso che se all’Università lo proclamassero studenti ripieni della stessa potenza, l’Università italiana sarebbe colpita come da uno tsunami. Credo sia fondamentale, quindi, che gli studenti realizzino la gioia profonda di appartenere a Cristo, la #veragioia. Credo che questo possa verificarsi se gli studenti inizieranno a ricercare un’intensa relazione con Cristo. Allora più che gli eventi che organizzano o le strategie evangelistiche, saranno gli studenti stessi ripieni di gioia, di zelo, di Spirito a fare la differenza, a proclamare con convinzione ed efficacia il messaggio del Vangelo.

Domenico Campo
(Staff GBU)

Se sei uno studente universitario, partecipa alla Festa GBU per un approfondimento su questo tema!