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Dal 3 al 7 novembre abbiamo avuto il piacere di ospitare in Italia, a Montesilvano (PE), il convegno annuale FEUER organizzato da IFES. Questo convegno esiste per far incontrare e per formare studenti, personale docente dell’università, collaboratori dei movimenti e altri che hanno a cuore la proclamazione pubblica del vangelo nell’università. Ci sono momenti in cui dobbiamo andare al di là dello studio biblico evangelistico o della testimonianza personale e alzarci in piedi nel contesto di una serata, una cena, una conferenza all’università per esporre il vangelo in modo chiaro ma anche rilevante. La rete FEUER esiste per incoraggiare chi fa questo, condividere esperienze ed essere formati. Abbiamo chiesto a Nicola Berretta (anziano di una chiesa di Roma), che ha fatto parte del percorso accademico, di condividere la sua esperienza.
Johan Soderkvist – Segretario Generale GBU

Sono stato alla conferenza FEUER! Per parlarvene dovrei forse cominciare proprio dal nome, che è sì un acronimo di “Fellowship of Evangelists in the Universities in EuRope” (Gruppo di Evangelisti nelle Università d’Europa, ndr.), ma è anche – così mi dicono – una parola tedesca che significa fuoco. In effetti un’atmosfera un po’ teutonica confesso di averla respirata. Mi riferisco soprattutto al fatto che ho partecipato alla conferenza nell’ambito del cosiddetto “percorso accademico”, cioè di coloro che operano all’interno dell’Università in qualità di docenti o di coloro che, come me, vi gravitano attorno molto strettamente. Bene, l’atmosfera che si respirava era abbastanza seriosa e a tratti intimidente, forse appunto per la presenza di docenti tedeschi che, non so perché, ma danno sempre un po’ l’impressione di prendere molto sul serio le cose che fanno.

Sto ovviamente scherzando, ma non nego di essermi preso un po’ in giro da solo, pensando all’impressione che forse trasmettevamo agli altri partecipanti al convegno, quasi che fossimo un’aristocrazia separata che si concedeva allo sguardo altrui quando si mangiava (in tavoli separati!) o avevamo l’incontro plenario nel dopo-cena. A questo aggiungo anche la sorpresa di notare che i partecipanti a questo “percorso accademico” fossero solo uomini. Pare che ciò fosse dovuto al fatto che 6 docenti di sesso femminile fossero state impossibilitate a venire. Fatto sta che stare per tre giorni dalla mattina alla sera – pause pranzo incluse – con uomini che parlano solo di fine tuning dell’universo è stata proprio dura.

Detto questo, sono davvero contento di avervi partecipato. Ci sono stati incontri molto intensivi in cui ho potuto recepire consigli davvero utili su come poter essere di testimonianza in ambito accademico e gestire anche occasioni in cui possiamo essere chiamati a parlare pubblicamente. La presenza in particolare di una persona come John Lennox, che ha presieduto gran parte degli incontri, è stata fonte di grande ispirazione, per le esperienze che ci ha condiviso e per la possibilità dunque di osservare in qualche modo da insider il modo come lui prepara e gestisce i suoi dibattiti e conferenze pubbliche. Quando si guardano su You-tube sembra tutto molto semplice e naturale per lui, mentre in realtà quella padronanza è frutto di tante ore di faticosa preparazione, e vissute poi nella costante consapevolezza di doversi rapportare con rispetto e sensibilità cristiana con l’interlocutore. Per me poi sono stati di particolare utilità i suggerimenti su come affrontare e fare miglior uso del tempo dedicato a domande e risposte dall’uditorio, che invece per me è normalmente fonte di forte insicurezza e nervosismo.

L’idea sottesa a questo “percorso accademico” era anche quella di creare una rete tra di noi, in modo da consigliarci e aiutarci l’un l’altro, oltre che creare un contesto per elaborare e discutere di tematiche di apologetica cristiana. Questo obiettivo penso che sia al momento ancora tutto da costruire, ma questa conferenza è stata certamente un buon inizio.

Al di là di tutto, questa esperienza è stata utile per me personalmente, per consolidare il mio desiderio di servire il Signore nel mio contesto professionale, e mettermi al servizio dell’opera del GBU in Italia, nei limiti delle mie capacità e delle mie possibilità.

 

Nicola Berretta