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di Giacomo Carlo Di Gaetano

Così cantava Vasco Rossi nel lontano 1981:

Siamo solo noi, Quelli che ormai non credono più a niente E vi fregano sempre

Siamo solo noi Che tra demonio e santità è lo stesso Basta che ci sia posto.

La canzone mi è venuta in mente leggendo la Dichiarazione del Dicastero per la Dottrina della Fede, Fiducia Supplicans (18/12/23) in cui la Chiesa Cattolica apre alle benedizioni delle coppie di fatto e delle coppie dello stesso sesso (in situazioni irregolari).
Il “noi” dell’orgoglio di Vasco Rossi naturalmente siano “noi evangelici”, quelli duri e puri, quelli che recitano i testi ufficiali delle chiese della Riforma, i cinque sola, gli evangelicali! Tutto il mondo ormai apre ai diversi stili di vita e di relazioni rispetto al dettato della creazione, anche la millenaria Chiesa di Roma … ormai, siamo rimasti solo noi!

Veramente? E Putin e Kirill dove li metti? E gli ayatollah iraniani dove li metti?

Che bella compagnia! C’è qualcosa che non funziona. Se la tribuna di chi punta il dito contro la deriva denunciata già da Paolo in Romani 1 si è così notevolmente ridotta e alla fine sul pulpito ci ritroviamo con così simpatici co–belligeranti, allora qualche cosa è andato storto, non funziona. Se permettete, l’amore per il vangelo, la sottomissione alla Bibbia e la compagnia di tutti i Riformatori messi insieme, almeno a leggere le loro opere – un po’, meno a seguire il loro esempio (sic!) – mi impongono di abbandonare immediatamente quel pulpito e non essere contato, per denunciare una distorsione del disegno di Dio, in compagnia di assassini, autocrati e tagliagole di ogni risma. Vade retro Satana!

Ma dove andiamo? Per il momento cerchiamo di capire il documento vaticano.

Come sempre si fa con ogni cosa che si scrive, a qualsiasi latitudine, va letto senza pregiudizi del tipo «ma quello è un gesuita furbo». In genere questo tipo di documenti parla a due mondi: a quello interno, e la cosa è evidente nella stessa struttura della Fiducia Supplicans. E parla anche al mondo più ampio in ragione del ruolo storico e sociale dei soggetti coinvolti. Non mi sento particolarmente toccato in quanto protestante (Approccio Identitario al Cattolicesimo) ma leggo e rifletto in ragione della testimonianza al vangelo. Questa deve essere sempre la stella polare dell’approccio al cattolicesimo: la terzietà del vangelo rispetto a cattolici … ed evangelici!

Fatta questa premessa, il documento, è vero, ha lo scopo di inquadrare un approccio spirituale e teologico (il concetto di benedizione) nei confronti delle «coppie dello stesso sesso» o in condizioni irregolari. In buona sostanza, questa possibilità viene posta all’insegna di quelli che il Catechismo definisce “sacramentali” (art. 1677–1679) tra i quali occupano un posto importante le “benedizioni”. Ed è questo il cuore del documento, lo sforzo di articolare e ricondurre al ruolo che la Chiesa vede per se stessa lo straordinario e ricco mondo biblico del concetto di “benedizione”. Benedizione in senso discendente da Dio agli uomini (si parte da Nm 6) e benedizione in senso ascendente (dalla terra al cielo nel senso di lodare e benedire Dio).

«Dio comunica alla chiesa il potere di benedire» attraverso Cristo. La chiesa è il sacramento dell’amore infinito di Dio (par. IV). E poi si finisce con Maria. Questo, in sintesi, il problema teologico tra cattolici ed evangelici che anche in questo caso ruota intorno alla concezione che la Chiesa di Roma ha di se stessa. Non che tra evangelici e protestanti sia chiaro che cosa significhi una chiesa che “benedice”. Però, questo è sempre e solamente il nucleo della distanza.

Non ci dedichiamo a questa distanza ma guardiamo al tema biblico della “benedizione”. Il documento distingue tra il piano liturgico, quello sul quale «la benedizione richiede che quello che si benedice sia conforme alla volontà di Dio espressa negli insegnamenti della Chiesa», più avanti si afferma «sia in grado di corrispondere ai disegni di Dio iscritti nella Creazione …». E questo è il caso del matrimonio tra un uomo e una donna che il documento cerca di mettere al riparo e distinguere rispetto ad altre situazioni.

«Proprio per evitare qualsiasi forma di confusione o di scandalo, quando la preghiera di benedizione, benché espressa al di fuori dei riti previsti dai libri liturgici, sia chiesta da una coppia in una situazione irregolare, questa benedizione mai verrà svolta contestualmente ai riti civili di unione e nemmeno in relazione a essi. Neanche con degli abiti, gesti o parole propri di un matrimonio. Lo stesso vale quando la benedizione è richiesta da una coppia dello stesso sesso» (39)

E c’è l’altro piano in cui le benedizioni, in tutte e due le forme, discendente e ascendente, si ritrova, ed è quello pastorale: «quando si chiede una benedizione si sta esprimendo una richiesta di aiuto a Dio» ed è questa circostanza, che si può incontrare per strada, in un pellegrinaggio, nei gangli della vita, che deve essere valorizzata. È il piano della ricchezza della pietà popolare nel quale le benedizioni sono una risorsa pastorale piuttosto che un rischio.

«In questi casi, si impartisce una benedizione che non solo ha valore ascendente ma che è anche l’invocazione di una benedizione discendente da parte di Dio stesso su coloro che, riconoscendosi indigenti e bisognosi del suo aiuto, non rivendicano la legittimazione di un proprio status, ma mendicano che tutto ciò che di vero di buono e di umanamente valido è presente nella loro vita e relazioni, sia investito, sanato ed elevato dalla presenza dello Spirito Santo. Queste forme di benedizione esprimono una supplica a Dio perché conceda quegli aiuti che provengono dagli impulsi del suo Spirito – che la teologia classica chiama “grazie attuali” – affinché le umane relazioni possano maturare e crescere nella fedeltà al messaggio del Vangelo, liberarsi dalle loro imperfezioni e fragilità ed esprimersi nella dimensione sempre più grande dell’amore divino» (31, corsivo mio).

 Nell’articolo 32 si parla poi di “grazia”, una grazia che opera nella vita di coloro che non si ritengono giusti e una grazia in grado di orientare ogni cosa secondo i misteriosi ed imprevedibili disegni di Dio.

In tutto questo documento si rileva un tema che tocca da vicino ogni cristiano, ogni organizzazione, ogni chiesa, quale che sia la sua autocomprensione. È il rapporto che insiste, e deve essere pensato alla luce della contemporaneità, tra uno spazio delineato dalla grazia, una grazia che noi definiremmo salvifica e che nella teologia cattolica si esprime nel concetto di sacramento, e tutto ciò che sta intorno. Ci riferiamo a quello che continua a essere il mondo di Dio, pur se un mondo che “giace nel maligno” e che manifesta la sua lontananza da Dio anche nella distorsione del disegno di creazione. Come, per esempio, nel caso dell’aggettivo “irregolare” che si aggiunge al sostantivo “coppie”.

Se volessimo dare all’articolazione di questi due spazi un’immagine che riprende il vocabolario evangelico, dei vangeli, possiamo riprendere le parole di Gesù nel Sermone sul monte. Posto che Dio faccia piovere sui giusti e sugli ingiusti, che faccia levare il sole sui buoni e sugli empi (Mt 5) viene da chiedersi: in che modo i discepoli di Gesù Cristo, dopo aver mostrato a tutti l’ombrello della grazia salvifica rappresentato da Gesù, dalla sua opera compiuta sulla croce – egli sarebbe anche il parasole nei confronti dei raggi infuocati della santità e della giustizia di Dio che giudica il peccato, e il peccatore – in che modo, dunque, organizzare la compresenza e la convivenza nello stesso mondo di Dio? In che modo confrontarsi e vivere con, insieme, alle coppie irregolari? Lanciamo loro addosso, ogni volta che li incontriamo, il sermone di Jonathan Edwards, Peccatori nelle mani di un Dio adirato? Manifestiamo tutto il nostro disprezzo per cose che non si possono neanche raccontare? Ci lamenteremo di un mondo sottosopra e ci iscriveremo a un partito che vuole raddrizzarlo? Nel documento si legge: «quando le persone invocano una benedizione non dovrebbe essere posta un’esaustiva analisi morale come precondizione per poterla conferire. Non si deve richiedere loro una previa perfezione morale.» Più avanti si fa l’esempio di benedizioni impartite in un carcere, ai carcerati (27).

La richiesta di una benedizione esprime ed alimenta infatti «l’apertura alla trascendenza, la pietà, la vicinanza a Dio in mille circostanze concrete della vita, e questo non è cosa da poco nel mondo in cui viviamo. È un seme dello Spirito Santo che va curato, non ostacolato».

Ciò che il documento ispirato da Francesco tenta di fare, riflettendo sul senso biblico di “benedizione”, è ciò che altre tradizioni cercano di articolare quando distinguono, per esempio, tra la grazia salvifica e la grazia comune. Ecco alcuni indizi:

  • «Desiderare e ricevere una benedizione può essere il bene possibile in alcune situazioni».
  • «Qualsiasi benedizione sarà l’occasione per un rinnovato annuncio del kerygma, un invito ad avvicinarsi sempre di più all’amore di Cristo».
  • «Questo mondo ha bisogno di benedizione e noi possiamo dare la benedizione e ricevere la benedizione».

Questo il documento. Questo il mio sforzo di comprensione. Non si tratta di una ciliegina sulla torta, come è stato definito. Continuo a pensare che bisogna parlare con grande rispetto soprattutto delle tradizioni che non si condividono, in ragione del vangelo prima di tutto e per rispetto dei milioni di miei concittadini che le condividono.

Resta allora il tema: come confrontarsi e vivere con … ? Da evangelico e in ragione della visione della chiesa che trovo nel Nuovo Testamento (sarà anche un po’ confusa ma non mi pare arrivi al sacramentalismo della Chiesa di Roma) e posto che c’è un solo evento in cui la chiesa apre e chiude, vale a dire l’atto della predicazione del vangelo e della Parola di Dio, non credo che si debba arrivare a formule di benedizione per cogliere e valorizzare, tra l’altro, l’apertura alla trascendenza.

Non bisogna incontrare le distorsioni del disegno di creazione di Dio in quanto appartenenti a una categoria socio–teologica come quella di “cristiani”: cristiani liberali, cristiani cattolici, cristiani evangelicali, etc. Il termine cristiani rimanda a Cristo ed è un termine che segnala un evento semiotico, che rimanda ad altro, a Cristo appunto. Questo evento è fatto di testimonianza e riconoscenza e può essere incarnato solo da un uomo, in carne ed ossa, nella sua umanità (ad Antiochia i discepoli furono chiamati cristiani per la prima volta). Non furono i cristiani a essere riconosciuti come discepoli!

Questo significa che le irregolarità vano incontrate da uomo a uomo, da uomo peccatore a uomo peccatore. Nel mentre segnala che le coppie dello stesso sesso non sono secondo il piano di Dio, un cristiano deve confessare di essere peccatore ance lui. Le liste di vizi che troviamo nel NT associano l’omosessualità all’avarizia, per esempio. Per non parlare dell’adulterio e della fornicazione, vero deposito di ipocrisie maschiliste e brodo di coltura di tutte le distorsioni che arrivano anche al femminicidio. Attraverso la rivoluzione sessuale degli anni sessanta del secolo scorso giunge di rimando al cristianesimo un potente richiamo a saper articolare adeguatamente una predicazione del peccato: non solo come preambolo alla predicazione della grazia e del perdono ma anche come costruzione dell’unico piano in cui la fede di chi proclama il vangelo potrebbe incontrare la fede di chi non conosce ancora il vangelo e il perdono che offre, che ha concesso anche alla fede di chi predica.

Se in Fiducia Supplicans si può intravedere una parvenza di una tale ansia, allora essa potrebbe essere fatta propria da chiunque, senza avere bisogno di arrivare a un sacramentale.

Concretamente, in che modo l’idea che lì si esprime nel concetto di benedizione, potrebbe essere trasposto in ambiti in cui si ritiene che la “chiesa” non benedice un bel niente? Due macro–aree in cui ciò che si esprime in chi chiede benedizione e in chi vuole accordarla.

La prima è quella del riconoscimento pieno dei diritti delle persone e delle situazioni che, personalmente, sul piano della predicazione, definirei situazioni di disordine e di peccato. Il peccatore deve poter peccare, senza che gli sia impedito per legge; posti naturalmente tutti i limiti propri del consorzio civile. Come evangelici, nel mentre ci si appella al piano della creazione (uomo e donna nel matrimonio) ci si dovrebbe schierare apertamente per i pieni diritti civili di chi sceglie un’altra strada, una strada, ripetiamolo, che considereremmo peccaminosa.

La seconda macro–area la definirei linguistica e ha a che fare con la valorizzazione delle sfumature. Qualche tempo fa qualcuno mi ha ricordato che a un Convegno Studi GBU abbiamo inviato un relatore gay. Ho fatto presente che Ed Shaw fa parte di un gruppo di pastori e uomini di chiesa che è venuto fuori confessando non la propria omosessualità ma la lotta contro l’attrazione sessuale per lo stesso sesso. Il coraggio di questi fratelli e di queste sorelle deve essere valorizzato, riconoscendo in esso lo stesso coraggio che dovremmo avere noi quando dovremmo confessare pubblicamente la lotta che ci caratterizza nei confronti di un peccato particolare. L’attrazione verso lo stesso sesso non è omosessualità ma è l’onesta condizione di un peccatore che desidera definire la sua identità non in ragione del suo orientamento sessuale ma in ragione di come questo orientamento venga appagato da una relazione intima con Gesù Cristo.

Sono solo due spunti, ma se da evangelici ci impegnassimo in essi saremmo una benedizione, anche senza sacramentali e continuando a predicale il vangelo in cui c’è il perdono e la liberazione.

A questo punto è probabile che si realizzerebbe la condizione di Vasco Rossi: siamo solo noi!

 

L’articolo Siamo solo noi! proviene da DiRS GBU.

source https://dirs.gbu.it/siamo-solo-noi/

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Abbiamo appreso proprio ieri della morte di uno dei maggiori e più controversi intellettuali italiani della seconda metà del XX secolo: Antonio Negri. Negri era un pensatore assolutamente originale di cui, tra l’altro, abbiamo parlato nell’ultimo libro pubblicato dalle edizioni GBU, I discepoli furono chiamati cristiani.

Riflettendo sulla sua dipartita terrena ed a pochi giorni dal termine del nostro Convegno di studi dedicato all’ateismo vogliamo tracciare un breve ritratto e fare alcune riflessioni su questo pensatore. 

Antonio Negri è stato un filosofo protagonista tra fine anni 1960 e inizi 1970 dei movimenti di protesta giovanile di stampo marxista ed extraparlamentare in Italia. Mentre diventa uno dei dirigenti di Potere Operaio, scriveva alcuni dei saggi che lo hanno reso famoso, uno dedicato al filosofo Spinoza (L’anomalia selvaggia) e l’altro al pensiero di Cartesio (Descartes politico). E’ stato un raffinato analista del pensiero di Marx e lo ha cercato di reinterpretare il suo pensiero in chiave più contemporanea. Coinvolto anche attivamente nella nei cosiddetti anni di piombo nel terrorismo rosso, sino ad essere accusato di essere capo della Brigate Rosse (accusa rivelatasi infondata) sarà comunque condannato per altri reati e, dopo essere scappato in Francia, ritornerà in Italia a scontare la sua pensa. Agli inizi del XXI secolo tornerà alla ribalta (all’inizio non in Italia)  con la pubblicazione di Impero con Michael Hardt, testo che avrà un grande successo globale e che riporterà il pensatore italiano alla ribalta del panorama culturale mondiale. 

Negri si è sempre professato ateo ed i due suoi autori classici preferiti, Spinoza e Marx lo sono di fatto stati, anche se consideriamo Spinoza un panteista moderno che ha cercato, da ebreo, di racchiudere la realtà del mondo e del divino in un’unica sostanza. Che interesse potrebbe avere pertanto per il mondo evangelico?

Ci sono diverse piste che si possono percorrere e qui ne proporremo alcune. Negri ha sempre mostrato interesse per i movimenti religiosi. Partendo dall’analisi di alcuni passi di Marx ha sempre pensato che i movimenti religiosi, soprattutto quelli che partono dal basso e che sono poco istituzionali possono essere la premessa di una liberazione effettiva dell’uomo. Lettore avido dal marxista Ernst Bloch che aveva analizzato qualche decennio prima il pensiero di T. Müntzer, visto come un proto-rivoluzionario, ha guardato con attenzione ai movimenti della teologia della liberazione che, a suo parere, sono espressione di quella Moltitudine che potrebbe rovesciare lo stesso Impero o capovolgerne le sorti.. Ovviamente per il pensatore padovano il movimento religioso può essere visto come un inizio e non come il coronamento di un traguardo raggiunto che può essere solo supportato da un movimento politico. 

Nel 2008 una serie di evangelici americani sono entrati in dialogo con Negri e Hardt per analizzare la nozione di impero. Per Wolterstorff ed altri pensatori evangelici Negri aveva colto nel suo testo il fatto che, ormai, l’Impero non potesse più identificarsi con una particolare nazione (nonostante la supremazia statunitense) e che questo avrebbe potuto dare l’occasione soprattutto ai movimenti evangelici che stavano avendo successo nel Sud del mondo di creare spazi di apertura verso il Regno di Dio e una società più giusta e versata alla pace nel mondo. Il libro, che si intitola Christian Alternatives to the Political Status Quo (Alternative cristiane allo status quo politico) si conclude con una replica di Negri che, insieme ad Hardt, ringrazia dell’interesse per i suoi studi ma, allo stesso tempo, ribadisce anche che la sua idea di speranza di pace è qui sulla terra e che rifiuta qualsiasi possibilità che ci sia una trascendenza (un Dio) che possa essere risolutore per ciò che accade nel mondo. Quindi una grande attenzione per i movimenti religiosi informali che possono far parte di quella Moltitudine (altro titolo di un saggio di Negri) che può far cambiare l’Impero ma che, alla fine, non possono essere risolutiva per il costante richiamo che fanno al Divino.

Negri è anche stato un attento lettore del testo biblico. Ho sentito anche diverse sue interviste dove dimostrava la sua capacità di fare esegesi di un testo che trovava assolutamente interessante ma su cui voleva andare oltre. Questo suo interesse, oltre che da una originaria formazione cattolica (comune a molti teorici della sinistra extraparlamentare degli anni 1960/70) derivava anche dalla sua attenzione per il pensiero dell’ebreo Spinoza che, pur essendo stato uno degli iniziatori del cosiddetto metodo storico-critico, da buon ebreo dava grande spazio all’esegesi delle Scritture (si veda i numerosi riferimenti ed anche i tentativi di una esegesi “umana” che sono presenti nel Trattato Teologico-politico). Negri negli anni Novanta, proprio durante gli anni della prigionia, ha elaborato un testo di difficile lettura dedicato al libro di Giobbe ed intitolato il Lavoro di Giobbe. Ciò che affascinava il pensatore padovano era la figura del personaggio biblico che deve faticare per farsi ascoltare da Dio. Non si tratta del rapporto con il trascendente, quanto del continuo dissidio e lotta che attraverso anche il proprio corpo e la sua presenza. Una lettura interessante, ma anche questa priva di una trascendenza (l’entrata di Dio sembra una messa in scena) e che se ci dà pagine assolutamente interessanti nella descrizione del personaggio, allo stesso tempo ci fa capire come si possa leggere un testo biblico in parte non capendone totalmente il senso o dandone uno alternativo a quella di molta esegesi.

Negri non è assolutamente facile da leggere ed i testi citati da me sono di difficile lettura (fa eccezione proprio Impero in cui Hard ha funzionato a mio parere da facilitatore, anche perché il testo è stato pubblicato originariamente in inglese, una lingua che non sempre riesce a tenere conto delle ardite capriole linguistiche dei filosofi continentali), ma allo stesso tempo rimane una figura paradigmatica del panorama culturale italiano. Sicuramente gli evangelici farebbero bene a tenerne conto non per la sua “ateologia” (in cui è rimasto coerente), quanto per le sue riflessioni sul potere, sulla crisi degli Stati e sull’interpretazione del tempo presente, tenendo conto che, come ogni marxista occidentale (pur appellandosi a Lenin talvolta, ma, a nostro parere essendo distante) cerca di costruire un’utopia ed una speranza che può trovare proprio nel testo biblico una risposta ed è una figura che ci permette di confrontarci con quell’ateismo dialogante differente dai modelli scientisti che oggi vanno più di moda.

 

Valerio Bernardi – DIRS GBU

L’articolo Il rifiuto della trascendenza. Alcuni pensieri sparsi su Toni Negri. proviene da DiRS GBU.

source https://dirs.gbu.it/il-rifiuto-della-trascendenza-alcuni-pensieri-sparsi-su-toni-negri/

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