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di Stefan Gustavsson

Che aspetto ha una cultura apologetica nell’ambito di una comunità? Ha almeno cinque caratteristiche.
La prima è l’apertura. Una cultura apologetica non significa costruire un’atmosfera autoritaria in cui qualcuno ti dice come stanno le cose. Al contrario, si tratta di creare apertura e dare alle persone la libertà di pensare e di riflettere al cospetto di Dio e tirare le proprie conclusioni. Come scrive Paolo:

«abbiamo rifiutato gli intrighi vergognosi
e non ci comportiamo con astuzia
né falsifichiamo la parola di Dio,
ma rendendo pubblica la verità,
raccomandiamo noi stessi
alla coscienza di ogni uomo davanti a Dio» (2 Cor 4:2).

La seconda caratteristica è l’umiltà. Avevo un buon amico che ironicamente mi diceva: «Pensa che strano, proprio noi abbiamo ragione in tutte le questioni teologiche!» Il punto è che tutti abbiamo motivo di testare le nostre posizioni ed essere pronti a riconsiderare cose che si rivelano infondate o errate. Qui bisogna dare alle persone lo spazio per cercare la verità e ottenerla dando loro tempo di arrivare a delle convinzioni. La comunità deve essere un luogo che accoglie sia il credente sia il dubbioso. Come scrive Giuda nella sua lettera: «Abbiate pietà di quelli che sono nel dubbio» (Gd v. 22). Fondamentalmente non c’è una contraddizione tra una chiesa e le sue guide che hanno un profilo chiaro, con un chiaro insegnamento biblico e che allo stesso tempo creano un clima aperto in cui le domande oneste ricevono risposte oneste e le persone vengono prese sul serio nella loro ricerca.

La terza caratteristica è la veridicità. Non si tratta di difendere tradizioni o stabilire un sistema di opinioni: si tratta della verità. Riguarda ciò che è sempre vero, su come stanno veramente le cose, indipendentemente da noi, e prima ancora che esistessimo e dopo che saremo morti. Dobbiamo concentrarci sulla verità, tutta la verità e nient’altro che la verità, il che significa che dobbiamo essere pronti a ravvederci per tutto ciò è falso ed erroneo.

La quarta caratteristica è la sete di conoscenza. Per poter raggiungere ciò che è vero, dobbiamo imparare a pensare meglio e dotarci di strumenti per cercare la conoscenza. La comunità cristiana deve diventare un luogo in cui crescere anche in conoscenza e competenza. Un luogo in cui diventiamo tutti più abili a comprendere il mondo creato da Dio e il nostro posto in esso, e sempre più reattivi verso la Parola rivelata di Dio e ciò a cui essa ci chiama. La fiducia nella Parola di Dio e il suo studio sono assolutamente cruciali, perché insieme a Gesù nella sua posizione di sommo sacerdote, confessiamo: «la tua parola è verità» (Gv 7;17).
Vale la pena notare l’atteggiamento di Martin Lutero quando riformò l’istruzione universitaria a Wittenberg, all’inizio del XVI secolo. Scelse deliberatamente di mantenere il libro di testo della logica di Aristotele, perché era importante che il cristiano imparasse a pensare con chiarezza4. La fiducia nella Parola di Dio e l’enfasi su un pensiero chiaro stanno nelle fondamenta, non l’uno contro l’altro! (Ernest George Schwiebert, Luther and His Times, Concordia Publishing House, St. Louis, 1950, p. 299.)

La quinta caratteristica è la prospettiva. Il numero di domande è grande, ma non tutte le questioni sono ugualmente importanti e ugualmente fondamentali. Dobbiamo quindi aiutarci a vicenda a vedere cosa è centrale e cosa è periferico, cosa è fondamentale per la fede cristiana e cosa è meno decisivo. Il punto in cui come cristiani possiamo convivere senza problemi con diverse interpretazioni delle singole parti della Bibbia e dove invece si trovano i pilastri. Allo stesso modo, dobbiamo acquisire una prospettiva relativa alla cultura che ci circonda e vedere dove siamo sotto attacco e dove, a un certo punto, registriamo una tregua.

Oggi sono i fondamenti della fede a essere sotto attacco, non il modo in cui formuliamo la nostra visione del battesimo o cosa pensiamo del millennio. Dio esiste davvero o è tutta immaginazione e suggestione, una forma di autoinganno religioso? Se Dio esiste, come possiamo sapere chi egli è? Come possiamo metterci in contatto con lui? Possono avvenire miracoli in un mondo in cui possiamo descrivere tutto  utilizzando le leggi della natura? I testi biblici sono attendibili? Sono parole venute da Dio? Gesù è esistito e, se è esisto, chi era? Cosa è successo dopo la sua morte e sepoltura? È vivo oggi – e dove si trova? Perché una persona non si può relazionare direttamente con Dio senza la “mediazione” di Gesù? Come possono le nostre mancanze, i nostri errori e i passi falsi – il nostro “peccato” – essere qualcosa di così grave da separarci da Dio? E come può la morte di Gesù sulla croce cambiare la situazione? È ragionevole considerare le altre religioni come vicoli ciechi? L’uomo è influenzato dall’ereditarietà e dall’ambiente, dalla biologia e dalla sociologia, è davvero libero e responsabile? E non è umiliante sottomettersi a Dio rinunciando al proprio diritto all’autodeterminazione? In poche parole, si tratta dello scontro frontale tra la fede cristiana e la visione laica della vita, indipendentemente dal fatto che essa arrivi a noi sotto forma di culto della ragione dell’umanesimo illuminista o del relativismo postmoderno.

L’apologetica deve tornare a essere una parte centrale del compito di una comunità locale. Perché? Perché l’apologetica è biblica e perché l’apologetica è necessaria! Per alcuni l’apologetica ha un ruolo importante nel processo di avvicinamento alla fede, per altri l’apologetica gioca un ruolo importante nel processo di crescita nella fede. L’apologetica può arrivare prima o dopo la conversione, può portare le persone alla fede e può approfondire la fede. Ma senza apologetica rimaniamo – senza motivo – indifesi e senza armi.

Glover, storico dell’Università di Cambridge, descrive il successo del cristianesimo nell’Impero Romano in modo affascinante, evidenziando tre peculiari aspetti che si trovavano alla base. I cristiani vivevano una vita nuova (amore), avevano un pensiero migliore (verità) e avevano trovato una via di fuga dalla morte (speranza). Nelle parole di Glover: «Il cristianesimo fu vittorioso perché i primi cristiani superarono il mondo che li circondava nel suo modo di vivere, nel pensiero, e superarono la sua fine»5. Oggi abbiamo la stessa chiamata, incluso l’impegno “a “superare nel pensiero” il nostro tempo (T.R. Glover, The Jesus of History, Association Press, New York, 1917, p. 213.).

Stefan Gustavsson,
Vivere e confrontatsi con l’ateismo,
7-10 Dicembre Montesilvano,
16° Convegno Studi GBU

L’articolo Una cultura apologetica proviene da DiRS GBU.

source https://dirs.gbu.it/una-cultura-apologetica/

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di Simona Squitieri, GBU Parma

Nel principio Dio creò. Se dovessi riassumere questo fine settimana di Formazione GBU, ecco, sarebbe così.  

Ma andiamo con ordine. Una sessantina di persone dal Trentino alla Sicilia, dopo aver superato viaggi più o meno lunghi, treni, bus, macchine, sono arrivate in Umbria, in una casetta con vista Lago Trasimeno, per partecipare alla Formazione Coordinatori GBU 2023. 

Nel principio 

Come l’acronimo GBU suggerisce (Gruppi Biblici Universitari), anche quest’anno abbiamo guardato alla Bibbia, per affrontare le sfide che quest’anno dovremmo affrontare. Sfide organizzative, sfide pratiche e teoriche, intellettuali e sociali, alle quali ci siamo preparati osservando, interpretando e applicando i primi tre capitoli della Parola di Dio. Partendo, quindi, proprio “dal principio”! 

Momenti di lode al Signore e preghiera ci hanno ristorati e accompagnati durante l’intenso  programma giornaliero, fatto di seminari, lettura e studio della Parola. Gli Staff si sono impegnati per fornirci gli strumenti per servire al meglio gli studenti dei nostri gruppi locali, ma soprattutto gli studenti ancora non raggiunti all’interno delle nostre università. Attraverso gli studi biblici, poi, abbiamo notato come nel principio Dio avesse pensato a tutto, senza trascurare nessun dettaglio, pianificando e disponendo ogni cosa in modo perfetto, compresi noi, discendenti di Adamo e prìncipi dal princìpio.  

Dio creò 

Queste due parole mettono in evidenza il rapporto che proprio noi siamo chiamati ad avere con Dio, prima ancora di prendere qualsiasi impegno con Lui e con gli altri: il rapporto di Creatore e creatura. È essenziale riconoscere Dio il Signore come creatore dell’universo e delle nostre vite; e che prima che tutto fosse, Lui era già.  

Ma le parole “Dio creò” mettono in luce anche la creatività di Dio. Tutto ciò che noi studiamo, dalla fisica all’arte, dalla letteratura alla medicina, ha la stessa origine creativa qui, in queste due piccole parole.  

Dopo aver creato, nel principio ogni cosa, la luce, le acque, gli astri luminosi, gli animali e le piante,  dopo la creazione dell’uomo a sua immagine, Dio vide tutto quello che aveva fatto, ed ecco, era  molto buono. 

Un piano perfetto per noi

Quindi, sono riuscita a comprendere che posto ho io in tutto questo? In tutto questo “buono”? Coordinatori di tutta Italia, abbiamo capito che posto abbiamo, insieme agli studenti e ai nostri gruppi locali? 

Adamo ed Eva vivevano alla presenza di Dio e avevano uno scopo, rubato e rovinato dal peccato.  

Ma nel principio Dio creò un piano perfetto per noi oggi: salvarci attraverso il suo figliolo Gesù e chiederci di condividere con gli altri questo Grande Creatore, che vuole tornare a riconciliarsi con noi attraverso Gesù. Di condividerlo da studente a studente. 

Pronti, via!