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Di Giovanni Donato, Staff GBU Siena

Un nuovo anno accademico è iniziato e, come ogni anno, il GBU ha organizzato la Formazione dei coordinatori, il convegno al quale partecipano tutti quelli che saranno studenti coordinatori del GBU. A me, quest’anno, è stato chiesto di occuparmi della predicazione biblica dal libro di 2 Timoteo, cosa che ho accolto con grande onore e piacere. 

Probabilmente 2 Timoteo è uno dei testi più adatti per un ritiro del genere, il quale obiettivo è quello di esortare, formare, sfidare i coordinatori GBU. Dico questo perché è proprio quello che Paolo desidera fare con Timoteo scrivendo questa lettera, e ogni esortazione, ogni rimprovero, ogni sfida che Paolo lancia al giovane leader Timoteo è facilmente applicabile ai giovani leader studenteschi che si apprestano ad iniziare un nuovo anno accademico con entusiasmo, ma non senza delle preoccupazioni.

Nei quattro giorni insieme siamo riusciti a considerare e meditare sull’intera lettera, ma qui di seguito vorrei soltanto limitarmi a sottolineare due insegnamenti principali da 2 Timoteo: 

La chiamata alla leadership cristiana è una chiamata alla sofferenza

Più volte, nei quattro capitoli che compongono 2 Timoteo, Paolo menziona la parola sofferenza; incoraggia il giovane conduttore ad essere pronto a soffrire per il vangelo (1:8) e a sopportare con pazienza le sofferenze che incontrerà nel ministero (2:3, 4:5). Gli ricorda che anche lui sta soffrendo senza vergogna per il vangelo (1:12, 2:9), che anche lui sta sopportando pazientemente la sofferenza per amore degli eletti (2:10), che tutto il suo ministero è stato segnato dalla sofferenza (3:11); lo informa del fatto che è stato abbandonato da tutti quelli che fino a quel momento gli erano stati vicini (1:15, 4:9-10, 4:16) e di come era stato attaccato in modo violento da qualcuno che fino a poco prima riteneva un suo amico (4:14-15). Dice chiaramente a Timoteo che tutti quelli che sceglieranno di fare sul serio con Dio (“vivere piamente”) dovranno necessariamente confrontarsi con la persecuzione (3:12). Wow, messa così la chiamata alla leadership non sembrerebbe molto invitante… Tuttavia, Paolo in questa lettera non dice soltanto che la chiamata alla conduzione è soltanto una chiamata alla sofferenza (grazie a Dio!), ma è anche una chiamata gloriosa!

La chiamata alla leadership cristiana è una chiamata gloriosa.

Nella sua lettera, Paolo sottolinea più volte l’importanza, l’onore e anche la bellezza del servire Dio. Ricorda a Timoteo che la santa chiamata a servire il Re dei re non si riceve a motivo della buona condotta, ma esclusivamente per la gloriosa grazia di Dio (1:9) che è stata manifestata al mondo con l’apparizione del Salvatore nostro Gesù Cristo (1:10). Gli spiega che per una chiamata così gloriosa vale la pena soffrire (1:12) e che Dio è colui che ci sorreggerà mediante la sua potenza (1:8) e ci custodirà con cura fino al giorno in cui potremo deporre le armi (1:12). Esorta il giovane Timoteo a investire tempo ed energie in persone che un giorno avrebbero preso il suo posto affinché la fiamma dell’evangelo potesse continuare a rimanere accesa ed essere trasmessa lungo il dispiegarsi della storia (2:2); lo esorta a vegliare, a prendersi cura e proteggere il corpo di Cristo (2:14, 3:1-9), vegliando su di esso con amore, umiltà, pazienza e coerenza (2:15-16, 2:22-25). Lo invita a predicare fedelmente e con passione (4:2) la Parola ispirata di Dio (3:16), ad utilizzare i doni che Dio gli ha dato (1:6) e ad adempiere fedelmente il servizio che il Signore gli aveva affidato (4:5) perché alla fine di questa grande avventura lo avrebbe aspettato l’ingresso nel regno celeste di Dio (4:18a) e la corona di giustizia che il Signore, il giusto giudice, assegnerà a tutti coloro che hanno atteso con gioia il ritorno di Gesù (4:8).

Mediante lo studio di questa lettera abbiamo potuto fare ciò che Paolo desiderava fare con Timoteo attraverso la stesura di questa lettera: esortare dei giovani leader cristiani a servire fedelmente il Signore, a non essere sorpresi o turbati quando nel loro cammino incontreranno la sofferenza e ricordare sempre che la santa chiamata a servire il re Gesù è una chiamata gloriosa che ci è stata rivolta per la grazia di Dio e per cui vale la pena anche soffrire e morire, in attesa del giorno in cui lo incontreremo in gloria. 

Buon anno e buon servizio a tutti i coordinatori GBU e a tutti coloro che, nel corpo di Cristo, ricoprono un ruolo di guida e responsabilità! 

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di Valerio Bernardi

Il 28 ottobre di quest’anno ricorre un centenario che gli italiani forse vorrebbero dimenticare: quello della Marcia su Roma, l’avvenimento con cui Benito Mussolini ed il Partito Nazionale Fascista salirono al potere in Italia, trasformando lo Stato liberale in una dittatura che avrà una durata ventennale e che trascinò l’Italia in un vortice di catastrofi politiche e morali che vanno dall’avventura coloniale tardiva in Etiopia, all’approvazione delle leggi razziali fino alla partecipazione, a fianco di Germania e Giappone, nel Secondo conflitto mondiale.

Cosa è stata la Marcia su Roma? Si è trattato di un evento eversivo che ha voluto forzare l’apparato istituzionale liberale (logorato dal primo conflitto mondiale) ed ha portato al potere un partito che non aveva ricevuto la maggioranza dei suffragi del popolo italiano. La Marcia su Roma in sé e per sé sarebbe stata del tutto inefficace se l’apparato militare e la Corona non avessero di fatto avallato il tentativo non firmando lo stato d’assedio della città di Roma che avrebbe permesso all’esercito di arrestare i rivoltosi e di reprimere il tentativo.

Gli storici oggi si chiedono se quanto accaduto si potesse evitare e si potesse prevedere. Per alcuni, come Emilio Gentile, la Marcia su Roma era figlia del clima di violenza scoppiata in Italia nel Primo dopoguerra ed era pertanto inevitabile, anche se non bisogna vedere Mussolini ed il Partito Fascista come i “salvatori” del Paese, quanto come coloro che già avevano in mente di costruire uno stato dittatoriale che limitasse anche le libertà personali e i diritti democratici dei cittadini. Altri come De Bernardi e Fornaro ritengono che l’evento si poteva evitare arrivando a compromessi maggiori sia da parte dei partiti di sinistra che da parte dei liberali. Tutti però sono concordi che quell’atto di “spavalderia” istituzionale ha rotto il fragile equilibrio democratico che con fatica si era costruito nella nostra Nazione e che aveva permesso ad un Paese sicuramente povero ed arretrato di garantire le libertà individuali.

Cosa ha significatoUna lunga marcia verso la libertà per gli evangelici italiani la salita al potere di Mussolini e del Partito Fascista? All’inizio sarebbe potuto sembrare che non ci sarebbero stati effetti particolari e che, anzi il “solido” anticlericalismo del futuro Duce (che aveva scritto un libro dedicato a Jan Hus proprio in chiave anticattolica) e la ricerca di un Uomo nuovo, una sorta di Nuova Nascita per l’uomo contemporaneo (ben esplicitato dal quadro del futurista Balla messo come immagine di questo scritto) potessero essere condizioni per una sorta di alleanza e, forse, per una non interferenza con gli affari religiosi. Del resto, non bisogna dimenticarlo, lo Stato italiano, almeno sino a quel momento, aveva avuto, nelle istituzioni, una certa simpatia per il mondo evangelico, proprio per il suo anticlericalismo dovuto a quanto successo nel momento dell’unificazione. Anche le istituzioni erano state piuttosto aperte nei confronti delle religioni minoritarie, tanto, ad esempio, di aver permesso la presenza di cappellani di altre religioni all’interno dell’esercito che era impegnato nel primo conflitto mondiale.

Le previsioni non si avverarono. Mussolini sapeva benissimo che per poter mantenere il potere doveva scendere a patti con la Chiesa Cattolica a danno sicuramente delle altre confessioni. Fu così che nel 1929 (solo 7 anni dopo la Marcia) Mussolini firmò i Patti Lateranensi, “riappacificandosi” con la Chiesa Cattolica e dichiarando solennemente di trovarsi in uno Stato Cattolico di tipo confessionale. Alle altre confessioni spettò la legge sui culti ammessi che, come alcuni sapranno, è ancora oggi in vigore per alcune confessioni e che, di fatto, prevedeva anche la sorveglianza da parte delle forze di pubblica sicurezza delle attività religiose.

Se la legge sui culti ammessi poteva apparire innocua, non lo saranno i provvedimenti successivi: ci riferiamo alla circolare Buffarini Guidi che di fatto permise la persecuzione dei Pentecostali italiani per motivi di “tutela della razza”. Questa circolare sarà abolita solamente nel 1955 dallo Stato italiano, con grande ritardo rispetto alla garanzie costituzionali (di come se ne è usciti ce ne ha parlato Giancarlo Rinaldi in Una lunga marcia verso la libertà che le edizioni Gbu propongono in offerta per l’occasione). Accanto ad essa non va dimenticata l’approvazione delle leggi razziali che permise la persecuzione degli Ebrei anche in Italia con tragici risultati. Ci furono dopo il 1936 diversi provvedimenti contro le missioni evangeliche straniere ritenute nemiche della patria.

Per questo motivo gli evangelici subirono una battuta d’arresto durante questo periodo in cui subirono delle vere e proprie persecuzioni e dovettero aspettare gli anni 1950 per riuscire a riprendere in parte le forze grazie anche ai massicci aiuti provenienti dai fratelli delle chiese anglo-sassoni.

Ricordare la marcia su Roma a cent’anni, quindi, per tutti noi, deve significare riflettere profondamente su quali possano essere stati gli errori che furono fatti all’epoca, su come un clima di violenza (assolutamente contrario alla predicazione del Vangelo) abbia potuto portare ad un evento che si è rivelato catastrofico, a non dover dimenticare che la proclamazione del Vangelo è una predicazione che vuole la liberazione dell’uomo e che è contro qualsiasi forma di idolatria anche quella legata al culto della personalità, al pensare che, oltre Gesù, ci possa essere un uomo della “Provvidenza” che, in un periodo di crisi, possa portare soluzioni limitando la libertà dell’individuo, quella delle comunità che su auto-organizzano e perseguitando persone di origine diversa.

(Valerio Bernardi – DIRS GBU)

L’articolo La scelta eversiva che bloccò l’Italia. Riflessioni di un evangelico a 100 anni dalla Marcia su Roma proviene da DiRS GBU.

source https://dirs.gbu.it/la-scelta-eversiva-che-blocco-litalia-riflessioni-di-un-evangelico-a-100-anni-dalla-marcia-su-roma/

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Di Elena Montaldo, coordinatrice GBU Torino

La parola “formazione”, per me che studio Scienze della Formazione Primaria, ha un valore particolare. 

Il suo significato non si riassume nella trasmissione sistematica di conoscenze. Indica, piuttosto, la volontà di rendere competenti, ovvero in grado di rielaborare ed applicare quelle stesse conoscenze in contesti di realtà. Ciò è possibile solo se esiste una rete sociale che fornisca, a chi viene formato, stimoli ai quali rispondere. 

La Formazione Coordinatori

La Formazione Coordinatori di quest’anno, per me, ha significato tutto questo, ma non solo. Non si è trattato soltanto di un contesto nel quale studenti da tutta Italia si sono riuniti per tre giorni a Firenze. Non solo abbiamo ascoltato insegnamenti, studiato insieme il testo biblico e partecipato a seminari di vario tipo. Qui non ho avuto solo la possibilità di condurre uno SBI e un incontro di preghiera o di pianificare eventi e incontri per il nuovo anno gbuino, o iniziare a presentare il GBU agli studenti universitari della città. 

Per la prima volta in qualità di coordinatrice, dopo anni di partecipazione al GBU, mi sono sentita parte insostituibile di un progetto che ha come motore l’Amore e come obiettivo la Vita delle persone. 

Il tema

Nella sua seconda lettera a Timoteo, Paolo parla come un padre che, poco prima di morire, si rivolge a suo figlio. Proprio lui che era stato autore di stragi, violenze e persecuzioni nei confronti dei cristiani, dopo aver conosciuto Gesù, si trova a scrivere da una prigione, abbandonato da tutti e condannato a morte a causa della sua fede in Lui. 

Una decisione assurda agli occhi di molti, ma non ai suoi che vedevano gioia scaturire dalla sua sofferenza. Con la sua vita, fino al suo ultimo respiro, Paolo aveva infatti portato tantissime persone a ricevere la salvezza che deriva dalla fede in Colui che per primo aveva dato la Sua vita ed era risorto per donargli Vita in eterno. 

Leggere e studiare le sue parole insieme ad altri ragazzi e ragazze che, come me, hanno ricevuto quella stessa notizia ed hanno scelto di credere e vivere questa stessa realtà, per me è stato come essere destinataria, insieme a Timoteo, di quella stessa lettera

Ricominciamo

In quei giorni noi coordinatori ci siamo confrontati con un esempio di fede che ha messo a nudo e poi tolto paure, insicurezze e preoccupazioni che chiunque, nel vivere fino in fondo un ideale che va controcorrente, si trova prima o poi a dover affrontare. Insieme abbiamo compreso il significato profondo del ministero che crediamo sia stato affidato a ciascuno di noi studenti cristiani all’interno del GBU. 

Mi sono resa conto di quanto coraggio e quanta forza possa richiedere mantenere piena coerenza ad una scelta di vita come questa. Allo stesso tempo ho capito ancora più in profondità quanto valga la pena viverla pienamente, perché sempre più persone conoscano l’Amore e la grazia che il Dio della Bibbia ha dimostrato, attraverso il sacrificio di Suo Figlio Gesù, per poter avere un rapporto personale con ciascuno di loro.

Ora siamo pronti per ricominciare, ciascuno nel luogo d’Italia nel quale vive. Questa volta però con la consapevolezza che ogni cosa che faremo nel nostro piccolo avrà come traguardo comune una gioia che scaturisce anche nella sofferenza.