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di Chris Burnett
(Los Angeles, California)

Il 14 luglio 2025, il pastore John MacArthur è stato chiamato in gloria all’età di 86 anni, dopo due anni segnati da complicazioni cardiache e polmonari. Per 56 anni ha guidato fedelmente la Grace Community Church a Los Angeles, in California, plasmando il panorama evangelico conservatore moderno attraverso la sua predicazione e leadership. La sua scomparsa segna la fine di un’epoca che ha profondamente influenzato l’esposizione biblica e l’evangelicalismo conservatore negli Stati Uniti e nel mondo. Il pastore John ha lasciato la moglie Patricia, sposata nel 1963, quattro figli, quindici nipoti e nove pronipoti.

La storia della mia famiglia con il pastore John copre cinque decenni e tre generazioni, segnata da tappe fondamentali. Mio padre si convertì da adolescente nella chiesa del padre di John, quando John era ancora semplicemente conosciuto come “Johnny.” Fu lui a battezzare mia madre quando, a diciotto anni, lasciò il cattolicesimo romano per seguire Cristo. Quando ero neonato, prese tra le braccia me e mia sorella gemella per dedicarci al Signore. Anni dopo, tornato da sette anni di missione in Italia, divenni studente nel suo seminario, The Master’s Seminary. In quegli anni, John prese in braccio mio figlio più piccolo per pregare con lui prima di un intervento al cuore e consolò personalmente mia moglie Erma quando suo fratello morì di cancro. In mezzo secolo alla Grace Community Church, la nostra famiglia ha condiviso numerosi momenti speciali con il pastore John, che ci hanno sempre ricordato che, pur essendo uno dei più noti insegnanti della Bibbia in America, desiderava essere conosciuto soprattutto come un amico.

È un tempo di dolore per la nostra famiglia e per tutta la Grace Church, ma anche un’opportunità per riflettere su ciò che John MacArthur ha rappresentato per noi e per il mondo. Il seguente riassunto della sua vita, del suo ministero, delle sue convinzioni e del suo carattere vuole mostrare come la sua influenza continuerà a risuonare nell’eternità.

Vita e Ministero

John Fullerton MacArthur Jr. nacque il 19 giugno 1939, quinta generazione di una straordinaria linea di predicatori che risale al Canada e alla Scozia. Suo padre fu pastore battista ed evangelista itinerante, noto per il suo ministero tra le celebrità di Hollywood e per il programma radiofonico di grande impatto Voice of Calvary.

Nel febbraio 1969, a 29 anni, John fu chiamato a servire nella Grace Community Church di Sun Valley, California. La sua prima predicazione domenicale fu tratta da Matteo 7:21: “Non chiunque mi dice: ‘Signore, Signore’, entrerà nel regno dei cieli; ma chi fa la volontà del Padre mio che è nei cieli.” Con questo messaggio inaugurale, John mise subito in discussione la genuinità della fede professata e stabilì il tono di tutto il suo ministero: una predicazione esaustiva, versetto per versetto, fondata su circa 30 ore settimanali di studio accurato della Scrittura.

L’ampia richiesta delle sue predicazioni portò alla nascita del ministero radiofonico Grace to You, con il motto: “La verità di Dio, un versetto alla volta.” Alla fine della sua opera, la biblioteca gratuita su gty.org contava oltre 3.300 sermoni, che coprono ogni versetto del Nuovo Testamento e buona parte dell’Antico. Per grazia di Dio, il sito ha recentemente superato i 225 milioni di download gratuiti.

Il pastore John è stato giustamente riconosciuto come uno dei più influenti predicatori esegetici della sua generazione. La sua predicazione era segnata da autorità biblica, chiarezza del testo, comunicazione coinvolgente e amore per Gesù Cristo. Ma la vera forza non stava soltanto nei metodi interpretativi che applicava, bensì nell’evidente realtà che Dio gli aveva donato un carisma unico per insegnare la Parola. Quel dono, ricevuto dal Signore, aveva lo scopo di farci “crescere nella grazia e nella conoscenza del nostro Signore e Salvatore Gesù Cristo” (2 Pietro 3:18).

L’eredità lasciata da MacArthur sul piano editoriale e formativo è immensa. Ha scritto quasi 400 libri e guide di studio, tradotti in più di venti lingue. Tra i più noti, la Bibbia di studio MacArthur, con 20.000 note specifiche per versetto e oltre due milioni di copie vendute, e la collana di commentari sul Nuovo Testamento in 34 volumi—ora affiancata da una serie in sviluppo sull’Antico Testamento, per continuare a formare pastori in tutto il mondo.

Nel 1985 fu nominato presidente del The Master’s College (oggi The Master’s University), e l’anno seguente fondò The Master’s Seminary, servendo come presidente e poi come cancelliere per oltre 35 anni. Attraverso queste istituzioni e The Master’s Academy International (TMAI), più di 10.000 uomini sono stati formati al ministero pastorale in 41 nazioni. Ho il privilegio di servire con entrambe e di vedere una nuova generazione di fedeli insegnanti della Bibbia crescere ed essere inviati per adempiere la Grande Commissione (Matteo 28:18–20).

La visione di John per un ministero fedele continua ancora oggi attraverso la Shepherds’ Conference, ospitata ogni anno presso la Grace Community Church e il Master’s Seminary. All’ultima edizione, oltre 5.000 pastori e leader provenienti da tutti i 50 stati americani e da 70 nazioni si sono riuniti, desiderosi di essere nutriti dalla Parola di Dio per poter nutrire a loro volta il gregge nei propri contesti.

Convinzioni e Controversie

L’intero ministero di MacArthur si fondava su una convinzione incrollabile: la Scrittura è pienamente sufficiente per ogni verità spirituale, capace di offrirci “tutto ciò che riguarda la vita e la pietà” (2 Pietro 1:3). Difese con chiarezza il metodo storico-grammaticale, affermando che la Bibbia deve essere interpretata in modo semplice, letterale e conforme all’intento originale dell’autore.

Da questa base scaturirono molte delle sue posizioni più distintive. MacArthur sostenne la creazione letterale in sei giorni, rifiutò le teorie evoluzionistiche e mise in guardia contro l’influenza della psicologia secolare nella consulenza pastorale, sottolineando i pericoli di affidarsi a modelli umani che possono distorcere la verità rivelata. Rigettò anche la visione della Teologia dell’Alleanza secondo cui la chiesa avrebbe sostituito Israele, affermando invece che le promesse dell’Antico Testamento rivolte a Israele si realizzeranno letteralmente nel futuro.

Nel 1988 pubblicò Il Vangelo secondo Gesù (Edizione Coram Deo), un’opera che suscitò un ampio dibattito nel mondo evangelico. In essa sosteneva che la vera fede comporta sottomissione a Cristo come Signore, e non solo come Salvatore. Alcuni critici lo accusarono di confondere fede e opere, mentre teologi come J. I. Packer lo sostennero, riconoscendo in quelle parole la continuità con la dottrina storica della Riforma.

MacArthur espresse anche una forte opposizione al movimento carismatico, che considerava una deviazione dal cristianesimo biblico. Da cessazionista convinto, sostenne nei suoi libri I carismatici (1992, Ed. Centro Biblico) e Strange Fire (2013) che i doni dello Spirito manifestati nell’epoca del Nuovo Testamento fossero cessati con la fine dell’era apostolica, e riteneva molte delle manifestazioni contemporanee un travisamento dell’opera dello Spirito Santo.

Durante la pandemia di COVID-19, guidò con fermezza la Grace Community Church nella riapertura, nonostante le restrizioni imposte dalle autorità. Affermava con decisione che la chiesa locale è essenziale per la vita cristiana. La battaglia legale che ne seguì si concluse con una vittoria significativa a favore della libertà religiosa, raccontata nel documentario The Essential Church, che ripercorre la sua leadership coraggiosa in un tempo di forte pressione pubblica.

L’Eredità di un Pastore Fedele

Chi ha conosciuto personalmente MacArthur ha spesso notato quanto il suo carattere mite contrastasse con la forza con cui predicava dal pulpito. Nella vita di tutti i giorni, molti di noi lo ricordano come un uomo gentile, sempre rispettoso, e profondamente dipendente da Cristo. Il suo cuore pastorale si rendeva visibile in tanti piccoli gesti: visite inaspettate in ospedale, colloqui personali, e atti di generosità sincera. Il suo impegno era instancabile — 30 ore settimanali di studio, predicazioni multiple ogni domenica, insegnamento durante la settimana alla chiesa, all’università e al seminario, oltre a numerosi interventi mediatici e conferenze — molti dei quali continuano a circolare ancora oggi online.

Tra tutte le sue influenze, credo che la più duratura sia questa convinzione profonda che ci ha trasmesso: che la Scrittura è lo strumento scelto dallo Spirito Santo per attirare le anime a Cristo e trasformarle secondo la Sua immagine.

Sono grato che l’influenza di MacArthur sia arrivata anche in Italia, dove il suo impegno per la predicazione versetto per versetto ha messo radici grazie a numerose traduzioni fedeli e iniziative pastorali.

Ciò che è cominciato con un uomo determinato a “liberare la verità di Dio, un versetto alla volta,” è diventato un movimento globale. Il messaggero è tornato a casa, ma la Parola che ha proclamato continua la sua corsa — attraverso la voce di espositori fedeli, fino al giorno in cui ogni popolo, lingua e nazione si prostrerà davanti al trono per adorare l’Agnello

Chris Burnett insegna presso The Master’s Seminary e serve in ambito accademico con The Master’s Academy International, che forma pastori in 85 paesi attraverso 20 scuole.
Vive a Los Angeles con sua moglie Erma e i loro tre figli.

 

Foto di copertina: David Torres

 

 

L’articolo Fedele fino alla fine: l’eredità pastorale di John MacArthur proviene da DiRS GBU.

source https://dirs.gbu.it/fedele-fino-alla-fine-leredita-pastorale-di-john-macarthur/

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di Miroslav Volf

articolo tradotto e pubblicato con il permesso di Christianity Today

Molto tempo prima di noi, l’umanista Giovanni Pico della Mirandola è stato il primo sostenitore del transumanesimo. Nella sua Orazione sulla dignità dell’uomo del 1486, egli fa pronunciare al Creatore le seguenti parole ad Adamo, il primo essere umano:

Non ti abbiamo fatto né celeste né terreno, né mortale né immortale, perché come libero, straordinario plasmatore e scultore di te stesso, tu ti possa foggiare da te stesso nella forma che preferirai. Potrai degenerare nei esseri inferiori, che sono i bruti; potrai rigenerarti, secondo la tua decisione, negli esseri superiori, che sono divini.

Pico della Mirandola è il santo non ufficiale dei transumanisti perché spingeva la plasticità umana oltre il limite. Credeva che le forme superiori degli esseri umani fossero, in realtà, più che umane, pensava che fossero divine.

Nel XXI secolo, il filosofo Nick Bostrom definisce un postumano come un essere per il quale almeno una capacità centrale generale, come la durata della salute, la cognizione o le emozioni, “supera di gran lunga il massimo raggiungibile da qualsiasi essere umano attuale senza ricorrere a nuovi mezzi tecnologici”.

L’azienda di neurotecnologie Neuralink ha sperimentato interfacce cervello-computer per persone paralizzate, per aiutarle a comunicare e a controllare dispositivi a distanza. Neil Harbisson, nato daltonico, nel 2004 ha ricevuto un impianto sul cranio sotto forma di antenna che gli permette di “vedere” i colori come vibrazioni audio. Un regista di nome Rob Spence ha sostituito il suo occhio destro con una videocamera wireless e si definisce un “eyeborg”. L’amministratore delegato della biotecnologia Elizabeth Parrish si è sottoposta a una terapia genica sperimentale nel 2015 e ha dichiarato di aver rallentato il processo di invecchiamento con successo .

Altri potenziali sviluppi sono puramente estetici. “Se poteste rimodellare il vostro piede e trasformarlo in un tacco a zeppa, lo fareste?”, si chiede un articolo a proposito delle modifiche del corpo nel mondo della moda. “O che ne direste di un capo d’abbigliamento che consiste in morbide corna turchesi su entrambe le spalle?”.

Basta leggere il grande filosofo pessimista  Schopenhauer che disse che “la vita oscilla come un pendolo avanti e indietro tra il dolore e la noia”, per essere tentati di unirsi al progetto transumanista. Ma se l’obiettivo di trascendere l’umanità sia degno di essere perseguito dipende dal fatto che crediamo che l’essere semplicemente umani sia qualcosa che deve essere superato.

Io, per esempio, credo che così come c’è bellezza e bontà nell’essere un’aquila o un delfino, c’è bellezza e bontà nell’essere umano e basta. L’articolo centrale della fede cristiana, dopo tutto, è che il Verbo divino si è fatto carne umana. Dimorando tra di noi, il Verbo ha santificato l’umanità nella sua finitudine e fragilità. Allo stesso tempo, non sono esclusi i miglioramenti,e mi riferisco allo sviluppo e all’uso di strumenti, anche integrati nel nostro corpo.

Qualche anno fa, ho tenuto un corso all’Università di Yale su fede e globalizzazione con il primo ministro britannico Tony Blair e un collega laico. A un certo punto della lezione, il mio collega ha preso in mano una pillola e l’ha mostrata agli studenti. Quando le persone religiose sono malate, ha detto, pregano, credendo che Dio farà un miracolo. Ma le persone laiche si affidano alle meraviglie della medicina moderna, come questa minuscola pillola che cura quasi istantaneamente la pressione alta. Ha concluso che la medicina moderna, ovviamente, funziona meglio di Dio.

Quando ha finito, mi sono rivolto a lui e gli ho detto: “Io e te siamo d’accordo su una cosa importante: entrambi neghiamo lo stesso Dio!”. Mi guardò perplesso.

“Il dio che lei nega è incompatibile con l’inventiva e il lavoro umano, con tutti i processi del mondo”, dissi. “Anch’io nego quel Dio. Al contrario, il Dio in cui credo rende possibile l’intera realtà del mondo in tutta la sua dinamica complessità, compresi l’inventiva e il lavoro umani”.

Le prime pagine della Bibbia raccontano di Dio che lavora con queste realtà mondane. Nel Giardino dell’Eden, Dio non fece cadere il cibo dal cielo nella bocca di Adamo ed Eva e, facendo pressione sulle loro mascelle, li costrinse a masticare. Al contrario, essi lavoravano per il cibo, coltivando e custodendo il giardino; e nel loro lavoro e sotto il loro lavoro, anche Dio era all’opera.

Quando si tratta dei dilemmi etici che incontriamo quando parliamo di transumanesimo, dovremmo esercitare notevole cautela. Tuttavia, è un errore pensare che l’opera divina e l’opera umana, compresi i progressi tecnologici, si escludano a vicenda.

Gli uomini sono arrivati a credere in Dio quando non avevano alcuna conoscenza scientifica sulla struttura di base della realtà, quando il miglior antisettico era la lavanda e quando il mezzo di trasporto dominante erano i loro piedi nudi e callosi.

Sebbene la nostra comprensione del mondo e, quindi, della relazione di Dio con il mondo, sia cambiata, noi uomini moderni possiamo ancora credere in quello stesso Dio ora che stiamo esplorando le proprietà astrofisiche e quantistiche dei buchi neri, modificando il genoma per prevenire le malattie e migliorare le capacità umane, e viaggiando in auto senza conducente, e possiamo credere senza abbandonare la ragione.

Più potere abbiamo, più è importante scegliere con saggezza la direzione di base della nostra vita. Più strumenti intelligenti e potenti creiamo, più dobbiamo essere chiari sugli scopi umani che questi strumenti serviranno. E l’unico modo per discernere quali scopi siano degni della nostra umanità è sapere di cosa dobbiamo fidarci e cosa dobbiamo amare sopra ogni cosa e di che tipo di esseri umani speriamo di essere.

Essere umani, creati nell’imago Dei, significa vivere una visione della vita buona. Questa visione traccia un ritratto del tipo di uomo che dovremmo essere e fornisce i criteri di orientamento per ciò che dovremmo desiderare e per come dovremmo vivere. Tutti noi viviamo in base a una visione di questo tipo, sia che la abbracciamo consapevolmente sia che rimanga incoerente e nascosta alla nostra vista, intessuta nel tessuto delle nostre credenze e pratiche.

Poiché le visioni della vita buona hanno per definizione un carattere normativo, la scienza non può formularle. La conoscenza di ciò che è stato, di ciò che è e di ciò che probabilmente sarà, per quanto precisa e dettagliata, non può mai prescrivere ciò che dovrebbe essere.

Immaginiamo di aver deciso di rinunciare alla privacy e di permettere la raccolta di tutti i dati disponibili su di noi: tutte le nostre conversazioni e la nostra corrispondenza, la nostra salute, le nostre abitudini e i nostri acquisti. Un algoritmo altamente intelligente potrebbe elaborare un resoconto eccezionalmente accurato del nostro comportamento e quindi sarebbe probabilmente in grado di prevedere cosa faremmo in molte situazioni. Potrebbe dirci cosa desideriamo e cosa troviamo desiderabile, persino cosa crediamo di chi dovremmo essere e cosa dovremmo fare. Potrebbe persino arrivare a conoscerci meglio di noi stessi, uno scenario con cui Yuval Noah Harari conclude il suo libro Homo Deus: breve storia del futuro.

Ma l’unica cosa che un algoritmo così intelligente non sarebbe in grado di dirci è chi dovremmo essere, cosa dovremmo fare e verso cosa dovremmo tendere, chi oggi dovremmo essere e cosa dovremmo desiderare. La scienza e i progressi tecnologici non possono darci una visione della vita vera e buona. La ragione non può portare alla luce ciò che dovrebbe essere più importante per noi, non può rispondere alla domanda su come noi, come individui e come comunità umana, dovremmo vivere. Per questo, noi credenti ci rivolgiamo a Gesù Cristo.

L’articolo LA QUESTIONE TRANSUMANISTA. Il nostro essere semplicemente umani è un qualcosa che deve essere superato? proviene da DiRS GBU.

source https://dirs.gbu.it/la-questione-transumanista-il-nostro-essere-semplicemente-umani-e-un-qualcosa-che-deve-essere-superato/

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L’evoluzione biologica alla base della morale:

Telmo Pievani divulgatore di scienza e di speranza (laica)

di Gianluca Nuti

 

Raccontare la vita

Fin dai suoi albori con Charles Darwin, la teoria dell’evoluzione per selezione naturale ha assunto i toni di una narrazione: il racconto della storia della vita sulla terra. Come ci spiega Telmo Pievani nell’agile libretto La teoria dell’evoluzione. Attualità di una rivoluzione scientifica (Mulino, 2006), l’explanandum della teoria, allora come oggi, era la “discendenza con modificazioni”; l’explanans era la teorizzazione di variazione, ereditarietà e speciazione, i tre “motori” tradizionali dell’evoluzione. Tuttavia, la forma in cui la biologia distribuisce e ordina questi tre nodi esplicativi, allora come oggi, è la forma narrativa: la storia di come le forme di vita più adatte di altre alla sopravvivenza in una data nicchia ecologica (variazione) hanno trasmesso questo vantaggio alla prole (ereditarietà), diventando così, generazione dopo generazione, sempre più specializzate (selezione o speciazione).

Non è certo se la forma narrativa dell’evoluzionismo sia necessaria o accidentale, ovvero se sia una caratteristica intrinseca all’oggetto della spiegazione (la diversità degli organismi viventi), o se si tratti di una veste assunta per scopi divulgativi. Ciò che è certo è che, grazie alla sua forma di racconto, la teoria dell’evoluzione si presta non solo a influenzare moltissime altre discipline con il concetto di sviluppo evolutivo e adattativo (la linguistica, la pedagogia, la stessa informatica), ma anche a una facile divulgazione fra il grande pubblico. Proprio a questa divulgazione il già citato biologo e filosofo della scienza Pievani si è consacrato ormai da diversi anni, con diversi titoli e iniziative anche artistiche o teatrali che gli hanno valso vari premi (La vita inaspettata, Imperfezione, e Serendipità fra tutti), e una recentissima apparizione anche fra gli autori delle tracce proposte in prima prova alla maturità.

 

Un’etica a partire dalla natura?

La più alta divulgazione scientifica, tuttavia, spesso non si limita a raccontare e spiegare i fatti della scienza, ma si impegna anche per connotare esteticamente ed eticamente il proprio resoconto. Fin da Lucrezio, passando da Spinoza e arrivando ai giorni nostri al Nuovo Ateismo, la costruzione di visioni del mondo liberatorie e solidamente razionali a partire dal dato scientifico è stata intrapresa con una certa regolarità. La teoria dell’evoluzione non è da meno: la divulgazione di David Sloan Wilson o Stephen Jay Gould (oltreoceano) e di Pievani (in terra nostrana) non è divulgazione solo di fatti biologici, genetici ed ecologici dell’evoluzione, ma di una vera e propria “buona notizia”[1] che da questi emerge chiaramente.

Si tratta di un passaggio tutt’altro che scontato e tutto invece da problematizzare. Perché una storia afinalistica di contingenze e ramificazioni, da cui emerge in modo improbabile l’uomo auto-cosciente, dovrebbe produrre in noi senso di solidarietà con gli altri viventi, senso di responsabilità verso l’ambiente e senso di dignità in quanto esseri coscienti? Il dato biologico può legittimamente essere letto (e raccontato) in questo modo, ma non solo in questo; potrebbe, ad esempio, gettarci nella disperazione del nichilismo. Perché la “imperfezione generativa”[2] del metodo scientifico dovrebbe rappresentare un fatto consolante? Lo è forse nell’ordo cognoscendi; ma se guardiamo alle cose secondo l’ordine in cui esse sono, e non secondo l’ordine in cui le conosciamo, potrebbe essere davvero poco consolante la notizia che la nostra conoscenza è intrinsecamente e irrimediabilmente fallace. Insomma, cercare o desumere un orientamento morale a partire dal dato scientifico rimane sempre un’operazione piuttosto rischiosa.

 

Una notizia “passabile” e una buona notizia

«Dio fece gli animali selvatici della terra secondo le loro specie, il bestiame secondo le sue specie e tutti i rettili della terra secondo le loro specie. Dio vide che questo era buono» (Genesi 1:25).

Il grande Libro della natura offre pagine meravigliose, visioni mozzafiato, esperienze profondamente emozionanti. I meccanismi imperfetti e ingegnosi di adattamento e la straordinaria ricchezza di specializzazioni che questi hanno generato sono più che affascinanti: producono stupore e riverenza. Il desiderio di trovare in tutto questo ispirazione per condurre una vita degna dell’humanitas che ci contraddistingue è condivisibile, e anzi condiviso dagli autori ispirati di Genesi 1 e del Salmo 19. Tuttavia, un annuncio di dignità e libertà radicato solo nel Libro della creazione non potrà salire più in alto della sua stessa sorgente: sarà un semi-vangelo, una notizia “passabile”. È solo quando riconduciamo tutto questo all’ingegno e alla potenza dell’Altissimo, quando lasciamo che sia lui a stabilire che tutto questo è “buono”, quando la storia che raccontiamo proviene dal Libro della Scrittura, che la notizia che divulgheremo sarà davvero buona.

Ogni cosa, anche le discipline scientifiche, ha la propria origine in Genesi 1, e la biologia (anche evoluzionistica) non fa eccezione. La buona notizia che annunciamo è che chiunque accetta di scoprirsi creato e redento da Dio troverà in lui la vera vita (non solo biologica).

 

 

[1] https://www.micromega.net/giornata-mondiale-dell-ambiente-intervista-a-telmo-pievani

[2] https://www.raiplay.it/video/2019/05/Quante-storie-3fef7049-1060-45f0-aada-0b7c6b87e0c4.html

L’articolo L’evoluzione biologica alla base della morale: Telmo Pievani divulgatore di scienza e di speranza (laica) proviene da DiRS GBU.

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