Il recinto. Per un’etica cristiana (ed evangelica) de-politicizzata
Il recinto
Per un’etica cristiana (ed evangelica) de-politicizzata
di Giacomo Carlo Di Gaetano
Mi piace pensare al recinto come figura e metafora per l’articolazione delle verità bibliche. Non lo immagino come un luogo chiuso che separa dal resto del mondo; un gregge deve per forza di cose pascolare “fuori” se non addirittura “transumare” cioè spostarsi verso altri ambienti geografici e, fuor di metafora, culturali. No, il recinto, unicamente come articolazione di segmenti di verità capace di creare uno spazio ampio, e non angusto, in cui potersi muovere, spaziare non stare fissi in un unico punto.
Ci sono altre figure che vengono proposte: c’è la linea di separazione netta tipica del fondamentalismo e di tutti i dogmatismi: o stai di qua o stai di là, prendi posizione. C’è la ruota con i raggi che convergono verso il centro, figura tipica di un certo liberalismo teologico, nonché figura cara al discorso ecumenico. C’è infine la piramide evangelicale con verità apicali ineludibili per tutti e poi via via a scendere con verità di secondaria importanza. Ognuna di queste figure ha i suoi punti di forza e di debolezza. Magari se ne parla un’altra volta.
Veniamo all’etica de–politicizzata di cui abbiamo estremo bisogno in questo momento storico segnata da sigle quali MAGA, WOKE, etc.
Quali sono queste verità “bibliche” con cui costruire un recinto in cui ritrovarsi? Non sono nuove ma il condensato di una sapienza e saggezza che ritengo antica, equilibrata e, appunto, de-politicizzata.
Il primo tratto del recinto: la Creazione
La prima verità è la creazione. Come cristiani, ed evangelici, noi confessiamo di vivere in un mondo “creato” voluto da un’Intelligenza che è Persona e che tutti chiamiamo Dio! Non conosciamo le modalità della creazione (meno male, affermava il sociologo Peter Berger) e per quanto mi riguarda offro il mio personale rispetto alla ricerca scientifica che si impegna a cercare di capire questo “come”, che sia atea o credente – l’indagine scientifica.
Ma che cosa discende sul piano dell’etica il fatto di credere nel Dio creatore e di considerare la realtà tutta, creazione?
Per esempio che i generi maschile e femminile hanno un ancoraggio ontologico chiaro (maschio e femmina li creò). Punto! Naturalmente questo non significa non prendere in carico i temi culturali e sociali della mascolinità e della femminilità. Possiamo discuterne. Penso che sia una sfida da accettare onestamente il motto della de Beouvoir relativo alal femminilità “donne non si nasce ma si diventa” (ce ne sono anche sul versante della mascolinità). Tuttavia, per un cristiano è ineludibile che il genere maschile e il genere femminile sono nel disegno di creazione di Dio. Il transgenderismo non è parte della “buona” creazione di Dio.
Ancora.
Significa credere, in virtà della creazione, che tutti gli uomini sono uguali in quanto fatti a immagine di Dio. Chiunque si è battuto per l’uguaglianza, a prescindere, si chiami Bartolomeo de Las Casas, William Wilberforce, Martin Luther King, Nelson Mandela o Papa XY, va riconosciuto e onorato come un alfiere della Creazione. Si tratta di battaglie che sono ancora più forti dell’ambientalismo e del Canto delle creature di un Francesco d’Assisi. Chi getta una sola ombra sul fatto che possano esserci delle differenze (addirittura nel cervello di una famosa donna di colore, per il fatto che sia di colore) ha sfasciato il lato del recinto delle verità bibliche, quello della creazione. Non mi importa quale sia la sua colorazione politica, è out.
E potremmo continuare: per esempio parlando di tutti i meccanismi per “accoppare” un’altra immagine di Dio, un altro uomo, un’altra donna. Che lo faccia lo Stato (pena di morte), un invasato, o un lucido solutore finale, o un macho in un femminicidio. Tutte le ideologie che per qualche ragione, non solo di pigmentazione della pelle, ma anche ideologiche o religiose (fascismo, comunismo, nazismo, suprematismo, femminicidio e tanto altro ancora) che abbassano la soglia della creaturalità dell’uomo, sono demoniache. Chi abita simili ideologie (spiriti demoniaci: legione) si trova a suo agio nell’umano come nell’animale; non vede differenza.
Il secondo tratto della creazione: il Peccato
La seconda parte della staccionata, il secondo tratto del recinto è il peccato. Il buon mondo creato è caduto in una condizione di confusione. Come ricorda un teologo che ha scritto sul capitolo 3 di Genesi (quello in cui si parla della “caduta”), non è caduto perché non ha visto una buca davanti a sé, ma è caduto perché ha fatto un salto più alto delle sue possibilità (sarete come Dio) ed è caduto male, rovinosamente, si è sfasciato. Viviamo in un mondo segnato, ovunque, dalla presenza del peccato. Nelle relazioni micro come nelle relazioni macro (la GUERRA).
Quali sono le implicazioni etiche per chi crede in questa verità biblica, per chi prende i pali e mette su nella sua mente questo lato del recinto, in prosecuzione di quello della “creazione”?
Una prima conseguenza sta proprio nel linguaggio, nelle forme di comunicazione. Questa cosa del peccato dobbiamo farla conoscere ed è qui che scoppia il putiferio.
Secoli di colpevolizzazione e di pratiche disumane d riparazione hanno fatto del discorso sul peccato uno spartiacque tra progresso e arretratezza, tra sviluppo e regressione, tra liberazione e schiavitù.
Abbiamo bisogno, per parlare del peccato, del politically correct! Ma dai!! Proprio di quella cosa che ha impedito la libertà del pensiero, che ha irregimentato il discorso pubblico e non solo il discorso?
La predicazione del peccato ritiene in sé due elementi tipici del politically correct: è universale (tutti hanno peccato) e implica il coinvolgimento del parlante, del predicatore (Io sono il primo dei peccatori – Paolo). Chi stigmatizza il transgenderismo deve guardare il proprio razzismo. Chi stigmatizza il razzismo deve guardare al suo orgoglio (pagliuzza, trave e occhio!, vi ricorda qualcosa?). La predicazione del peccato implica l’umiltà e il senso di vergogna per quello che si è per natura (peccatori). Poi arriva la grazia, la grazia per chi parla e la grazia per chi ascolta.
Ma ci sono tante altre implicazioni che discendono dal lato del peccato. Forse possiamo racchiuderle in una piccola frase del Nuovo Testamento: imitare Dio.
Che cosa fa Dio con il suo mondo, creato e sfasciato per colpa della sua creatura? Fa tante cose. Per questo serve la Bibbia e non l’immaginazione!
Ne fa soprattutto due.
Prepara la riscossa, la soluzione, che nel linguaggio biblico si chiama redenzione (ed è il terzo lato del recinto – ci arriviamo fra un attimo). Ma la preparazione è una cosa straordinaria perché si sviluppa proprio nel mondo, creato, ma segnato dal peccato. A volte viene usata l’immagine del pedagogo: Dio prende per mano gli uomini e passando per i tempi dell’ignoranza, sporcandosi le mani nei vari pantheon del Vicino Oriente antico come della cultura ellenica e latina, al punto da apparire anche lui come un Dio guerriero, purifica l’immagine che gli uomini devono avere della sua Persona. Il punto finale di questa traiettoria che risponde proprio alla presenza del peccato è la sua parola finale, il Figlio incarnato, Gesù.
Dunque la prima cosa che Dio fa nel mondo del peccato lavora, prepara, opera e ripulisce l’immagine che gli uomini possono farsi di Dio.
La seconda cosa è che nel mentre disegna e prepara il suo intervento, usa la sua pazienza. Non impedisce al peccatore di peccare. Fa piovere sui giusti e sugli ingiusti, fa sorgere il sole sui buoni e sui cattivi; protegge Caino, l’assassino del fratello. Prende le distanze dalla legge del taglione. Inventa un nuovo modo di trattare il peccato: PREDICARGLI contro, sperando di persuadere il peccatore. Non fa un partito.
Il terzo tratto del recinto: la Redenzione
Il recinto si deve chiudere, questo ha tre lati (magari qualcuno potrà costruirlo quadrato). La terza verità da affiancare a Creazione e Peccato è Redenzione. Immaginiamo di cosa si tratta. Il piano di contrasto alla presenza del peccato prevede un inviato speciale, un sacrificio finale. Siamo alla croce di Cristo. Sono ENORMI le implicazioni sul piano etico della redenzione compiuta da Dio mediante la croce e la risurrezione del suo Figlio incarnato.
Proviamo a indicarne alcune, utili per il tempo che stiamo vivendo.
La prima è che Dio detiene il copy right della redenzione. Dio non cede a nessun soggetto umano l’efficacia di un’azione redentiva in tutto ciò che i soggetti umani sono capaci di fare (anche se molte, tante buone azioni umane richiamano la redenzione, sono un rimando a essa). Non c’è ideologia, non c’è teologia, non c’è partito politico, non c’è “chiesa”, non c’è analisi, non c’è VALORE (cristiano) che possa redimere. La salvezza appartiene a Dio e all’Agnello, si canta in una delle visioni dell’Apocalisse. Nessuna delega, nessun Unto del Signore, dopo quello che è stato fatto fuori dai peccatori sul Golgota. Nessun altro Messia che possa rendere grande una nazione piuttosto che un’altra.
L’esclusivismo del Redentore e della Redenzione si porta appresso, nell’etica, la questione del tempo e della storia. Come opera oggi questa redenzione? Non vediamo ancora il suo dispiegamento (Ebrei 2). Dobbiamo entrare dentro di noi per scoprire qui e ora i segni della redenzione: la rigenerazione e ancora confrontarsi con il percorso della santificazione (che è un percorso nel tempo della vita dell’individuo). Sì la redenzione ci porta a dire che esistono uomini nuovi, trasformati, e che insiieme questi fromano un nuovo raggruppamento. Ma attenzione, la comunità dei redenti non sta di contro a Gentili ed Ebrei (Efesi) non sta di contro a conservatori e/o progressisti; non sta di contro a islamismo e quant’altro. La comunità dei redenti propone un nuovo modo di essere uomini, favorendo con il recupero e lo sviluppo in Cristo della bontà della creazione oltre alla lotta al peccato che si trova dentro di noi (non il peccato che si trova dentro di “loro”). Una novità di vita vivibile e interpretabile a qualsiasi latitudine culturale, geopolitca e sociale.
E allora? La redenzione è già all’opera ma non è ancora dispiegato il suo effetto sociole, globale. L’etica segnata dalla redenzione a questo punto ha bisogno di una visione delle cose ultime (si chiama escatologia) che sia sottratta ai progressismi amillenaristi, a quelle visioni cioè in cui il progresso dell’umano, grazie al cristianesimo ma non si sa come, si trasfonde nel regno d Dio e dei cieli. Al contrario abbiamo bisogno di una visione che lasci che sia Dio a decidere come e quando farci vedere concretamente che cosa avrebbe potuto essere il mondo sotto la guida dell’unico vero Dio e del suo Figlio Gesù Cristo.
Una visione millenarista delle cose ultime posrta a pensare che così come Dio ci ha mostrato la sua redenzione nel Figlio, che noi non abbiamo visto ma nel quale crediamo, gioendo, allo stesso modo ci mostrerà la sua grandezza nell’amministrare le sorti del mondo. Questo aspetto dell’etica segnata dalla redenzione fa diffiddare di qualsiasi altro che voglia scimmiottare il futuro regno di Dio o che lo voglia anticipare mandando all’inferno tutti i peccatori, magari anche solo in un dibattito pubblico.
Se sarà Dio a dire come e quando ci sarà il suo Regno, allora oggi, facciamoci condizionare, qui e ora, da ciò che sarà realtà solo un giorno in quel regno.
Questo è il recinto di queste tre verità: Dio ha creato, il mondo giace in una condizione di peccato; Gesù Cristo ha aperto la possibilità della redenzione, facciamola nostra e aspettiamo la SUA manifestazione.
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