Dopostoria
di Claudio Monopoli
L’effetto Streisand
L’effetto Streisand è quel fenomeno per cui un fatto che non avrebbe avuto un’ampia risonanza mediatica, nel momento in cui viene censurato vive una propagazione molto più grande di quella che avrebbe avuto originariamente. È ciò che è accaduto nei giorni passati con lo scrittore Antonio Scurati, giornalista e scrittore vincitore del premio Strega nel 2019 con il primo libro della sua trilogia basata principalmente sulla figura di Mussolini, dalla sua ascesa fino alla sua morte. Il suo discorso in occasione del 25 aprile e della festa della liberazione dal Nazifascismo è stato cancellato dalla programmazione della Rai. Ha fatto scalpore che la giornalista Serena Bortone abbia deciso di leggere comunque il suo monologo che altro non faceva che ripercorrere momenti drammatici del nostro passato fascista, come l’omicidio Matteotti, e che metteva nuovamente in luce l’incapacità da parte di molti membri del governo, che strizzano l’occhio ad un’ala politica nostalgica del regime, di definirsi antifascisti.
Scurati e il romanzo della Dopostoria
Senza dimenticare le vicende politiche attuali e del secolo scorso, soffermiamoci però anche sulla dignità autoriale di Antonio Scurati e sul suo pensiero critico che offre molti spunti di riflessione.
Nella sua celebre trilogia su Mussolini, i libri di Antonio Scurati si distinguono per l’uso prevalente del racconto in prima persona. La voce narrante coincide quasi sempre al punto di vista del personaggio principale e alla sua interpretazione degli eventi storici. Lo scrittore adotta spesso un narratore omodiegetico e una focalizzazione interna, permettendo così ai lettori di immergersi completamente nell’esperienza dei personaggi, vivendo la storia attraverso i loro occhi e senza conoscere più di quanto i personaggi stessi sappiano.
All’occorrenza però libera il narratore onnisciente, (quello Manzoniano dei Promessi sposi per intenderci), che con sferzante ironia giudica quanto il lettore ha appena letto, entrambi consci dei drammi storici futuri. L’approfondimento storico delle vicende è lodevole, fonti e documenti sono accurati, la mole di lavoro è cospicua. Certo non bisogna dimenticarsi la finzione narrativa necessaria per costruire, incordare e intessere la trama. D’altronde l’obiettivo non è storiografico ma novellistico. Lo scrittore attribuisce a tale tipologia di romanzi non tanto l’etichetta di romanzi storici quanto quella di «romanzi della Dopostoria […] scritti da una generazione nata subito dopo la fine di tutto questo (gli orrori del ‘900) e subito prima dell’inizio di tutto il resto». Opere scritte dunque da coloro che hanno inesperienza degli orrori, schiera che include lo stesso Scurati, ma che attraverso i mass media e le fonti storiche cercano di rientrare in contatto con l’esperienza della Storia. Scurati riflette sulla perdita senso dalla mancata esperienza e dunque sul continuo tentativo di ricerca di senso per una vita cronologicamente e culturalmente non vicina a quella del “secolo breve” che affrontava il pericolo dell’apocalisse umana anno dopo anno. «I romanzi della Dopostoria stanno, dunque, in questo paradosso e ne assumono la contraddizione: attingono la propria materia narrativa alla storia epico-tragica del Novecento, che ha inaugurato l’era dell’esperienza testimoniale, ma sono scritti da una generazione di non-testimoni inesperti. Sono, insomma, per forza di cose, tutti vangeli apocrifi»: insomma manca l’autorità della testimonianza.
Se quindi la mancanza di esperienza è collegata ad una crisi del senso, qualora l’esperienza avvenisse, ritornerebbe il senso?
La negazione della spiritualità
Da cristiani del XXI secolo possiamo affermare di non essere stati testimoni oculari della morte e risurrezione di Gesù; inoltre oggi il pensiero critico materialistico nega la minima plausibilità del concetto di resurrezione o di Dio al livello razionale. Su tale negazione di una dimensione spirituale parla lo stesso Scurati, che tutt’altro si definisce credente, eppure afferma che la spiritualità sia oggi «quasi impronunciabile, perché intesa come negazione del metodo filosofico stesso. Al mondo letterario, poi, risulta estranea: anzi, il suo ambito è occupato da una sorta di paraletteratura spiritualista, a opera di autori come Paulo Coelho. Eppure, quel vuoto rimane e, dall’esterno, si ha la sensazione che anche le istituzioni religiose abbiano in alcuni casi abdicato alla spiritualità come centro della propria missione. […] L’uomo di oggi Ha fatto opera attiva di negazione della spiritualità. Ne è prova l’abitudine a cercare di spiegare fatti spirituali con categorie materiali: ma questo non è pensiero razionale, bensì la superstizione del nostro tempo».
Per scurati una dimensione spirituale sembrerebbe dunque intrinseca nell’essere umano e negarla sarebbe più irrazionale di affermarla.
L’esperienza del cristiano
A differenza di altri eventi storici del passato di cui ineluttabilmente ormai è negata l’esperienza, al cristiano contemporaneo, che si fonda su una storia molto più antica di quella del seconda guerra mondiale, oserei affermare che tale esperienza invece non possa essergli negata: il cristiano che si definisca tale, (non basta culturalmente), è perché ha sperimentato personalmente la salvezza, una morte e risurrezione a livello spirituale. Quest’esperienza, sebbene non possa essere spiegata con formule scientifiche, ha un impatto così profondo sulla sua psiche, sulla sua mente e perfino sul suo corpo, che egli sente di non poter più vivere come prima. Ciò porta ad un cambiamento radicale nella vita, con l’acquisizione di uno scopo e di un significato che trascendono la materia.
Dunque se è vero che, come afferma Scurati, i romanzi dell’inesperienza perdono senso e cercano di riacquisirlo disperatamente per donare nuova carica ad eventi del passato chiusi nelle epoche, il cristiano non può rientrare in questa definizione di inesperto, privo di esperienza: il cristiano è colui che ha sperimentato l’amore di Cristo e ha ritrovato senso.
L’esperienza dello Spirito
Sembra che lo stesso scrittore discuta la possibilità di attribuire allo Spirito questa funzione significatrice quando parlando delle chiese afferma che «dovrebbero essere o tornare a essere non solo scrigni d’arte, ma luoghi in cui lo Spirito si è fatto storia»; invece oggi siamo «affetti da quella malattia che è il “presentismo”, una delle direttrici che ci tiene maggiormente lontani dall’esperienza spirituale e che riduce la fine della vita a un mero estinguersi, sotto una cappa nichilistica di angoscia».
Lo Spirito, con ogni accezione con cui l’autore lo intende, deve tornare a ridonare senso, l’alternativa è il nichilismo e l’angoscia.
Historiae magistra vitae
Non si vuole forzare un ragionamento o delle conclusioni lontane dall’autore ma sicuramente è interessante notare tali temi ed eventuali ragionamenti e risposte che possano scaturire da quanto scandagliato.
Potrebbe scaturire una contro domanda: perché l’esperienza dello Spirito sarebbe differente dalle altre ricerche di riattribuzione di senso?
In una recente intervista l’attuale presidente del senato Ignazio La Russa intervistato dalla giornalista Berlinguer scherzando (ma fino a che punto?) ha dichiarato di apprezzare i libri di Scurati, soprattutto il primo della trilogia che ovviamente parla dell’ascesa del fascismo fino al delitto Matteotti. Da insegnante di storia racconto ai miei studenti che “historia magistra vitae” (la storia è maestra di vita), ma è veramente così? Se il nostro presidente del senato allude ad un piacere nel leggere dell’ascesa del fascismo e meno della sua disfatta potremmo dire che la storia qui è stata una cattiva maestra, e che poco è stato imparato.
I frutti
Che tipo di frutto viene prodotto dall’inesperienza del neo-fascismo che tenta di affermare la sua esperienza e per donargli un senso? Un frutto sgradevole e poco digeribile, come la censura da cui abbiamo preso spunto (e non solo). Al contrario coloro che si definiscono cristiani quali frutti producono? Coloro che affermano l’esperienza dello Spirito, come vengono visti dall’esterno? Personalmente sono disposto a venir considerato stolto e irrazionale per l’affidarmi ad un’entità che non posso misurare con il linguaggio scientifico-matematico, e che il mio modo di vivere venga valutato ingenuo e fideistico, ma odierei non dimostrare l’amore, a chiunque sia, quell’amore che riflette l’amore del Dio in cui credo e di cui ho fatto esperienza e che dona senso al mio vivere.
«Io vi do un nuovo comandamento: che vi amiate gli uni gli altri. Come io vi ho amati, anche voi amatevi gli uni gli altri. Da questo conosceranno tutti che siete miei discepoli, se avete amore gli uni per gli altri».
Ringrazio Dio e chiunque abbia favorito nel corso dei secoli la libera espressione del pensiero, nel luogo in cui mi trovo oggi, e ho speranza che termini al più presto qualsiasi persecuzione.
«Per me il cristianesimo è apocalittico, vive nell’attesa di un altro mondo. Possiede l’idea grandiosa che protendersi verso la fine è un modo di concentrarsi su ciò che viene prima, di scoprirne il senso. Ridurre il cristianesimo a pratica sociale, a scapito della meditazione sulla fine, è un grave errore. Esso è costituzionalmente rivolto al Regno che verrà» (Antonio Scurati)
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