Mondo post-ideologico, Vangelo e Silvio Berlusconi. Una riflessione di un evangelico

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Scrivere di Silvio Berlusconi oggi in cui ha lasciato questa terra è compito difficile per chiunque, perché il rischio è dire banalità, schierarsi in maniera chiara, fare retorica senza cogliere il bersaglio, essere scontati. Diventa ancora più difficile per un evangelico che nel corso del trentennio precedente non ha mai votato per il Cavaliere e non ha mai creduto sino in fondo alle sue proposte politiche, pur ammettendo le sua capacità come venditore di un mondo migliore e nuovo. 

Leggendo tra l’altro la stampa italiana (molto schierata da una parte o dall’altra) e quella estera si ha un contrasto stridente sui giudizi che si possono dare sulla persona e su colui che ha influenzato sicuramente la vita sociale e politica del Paese in cui viviamo.

Penso che il giudizio su Berlusconi, nella sua complessità, vada dato su diversi piani e cercherò, in un’operazione che sarà al limite della acrobatica, di tenere questi livelli di interpretazione distinti. 

Il primo piano di giudizio è quello storico. L’ex Presidente del Consiglio si è affacciato sulla scena mediatica circa una quarantina di anni fa ed è stato protagonista della scena politica per circa un trentennio. La sua “discesa in campo” (espressione da lui coniata) risale al 1994, anno in cui, dopo aver messo su un Partito, in pochi mesi riuscì a sconfiggere il fronte avversario, con un’alleanza di coalizione di centro-destra, il primo Governo di questo tipo che abbia governato l’Italia, dopo il tentativo, a fine anni 1950 di Tambroni. 

Berlusconi è entrato nell’agone politico in un particolare momento sia nazionale che internazionale. A livello nazionale l’Italia stava vivendo il periodo di “Mani Pulite”, una serie di inchieste e processi che avevano mostrato come la classe politica italiana fosse corrotta e avesse incrociato il suo potere con quello economico. A uscirne con le ossa rotte furono alcuni dei partiti storici italiani, in particolare il Partito Socialista, il più antico partito italiano che si sciolse sull’ondata delle indagini giudiziarie. 

Contemporaneamente, al livello internazionale, la Caduta del Muro di Berlino, aveva sancito la fine della Guerra Fredda e la fine della contrapposizione ideologica tra capitalismo e comunismo, facendo strada non tanto ad una vittoria del modello di sviluppo capitalistico (in cui erano presenti delle chiare distinzioni tra la politica ultraliberale portata allora avanti dal modello thatcheriano-reaganiano ed il modello socialdemocratico, fortemente presente nel Nord Europa), quanto la fine delle ideologie. 

Berlusconi, che aveva sino a quel momento simpatizzato per il Partito Socialista, svoltò a centro/centro-destra, cercando occupare uno spazio che sarebbe stato dei Liberali e dei Democristiani, volendo conciliare (come spesso accaduto in Italia) il pensiero cattolico con quello della deregulation economica. Dal sodalizio con Craxi avrebbe cercato di prendere l’idea (anche giusta) di voler “svecchiare” (Craxi e Martelli parlavano di modernizzazione dell’apparato) lo Stato italiano e diede inizio ad un sistema bipolare (mai bipartitico come quello dei modelli delle democrazie più avanzate) che ha caratterizzato quello che si è chiamata Seconda Repubblica (anche se non vi è stata la stesura di una nuova Costituzione).

La sua expertise come magnate della comunicazione lo ha reso un efficace veicolatore del messaggio di un’Italia nuova che, alla fine, non si è mai attuata, anche perché l’alleanza fatta non lo poteva portare ad applicare pienamente un modello liberale di Stato, stretto come era da un partito che avrebbe voluto un maggiore spezzetamento della struttura statale (la Lega) ed un altro che avrebbe voluto una struttura fortemente centralista (Alleanza Nazionale, ora Fratelli d’Italia). Entrambi i partiti alleati non erano liberali e, pertanto, la “rivoluzione” berlusconiana sarebbe stata votata al fallimento in partenza. 

Il Berlusconi imprenditore sino a quel momento, tra l’altro, aveva approfittato di un sistema non di totale libertà ma che, grazie proprio ad un decreto voluto da Bettino Craxi, aveva portato la televisione italiana (all’epoca il maggiore veicolo per la comunicazione) ad essere un duopolio in cui si contrapponeva una compagnia pubblica come la Rai a quella privata di Berlusconi che iniziò a proporre una televisione concorrenziale e commerciale dove lo scopo principale era il profitto e non l’informazione. La televisione berlusconiana ha profondamente inciso sulla società italiana, proponendo un modello in cui si potesse inventare anche qui una sorta di “sogno italiano”, non sempre attuabile, ma proposto come una valida possibilità.

Da un punto di vista politico il berlusconismo ha portato una serie di cambiamenti epocali che vanno valutati: la personalizzazione della politica che ha portato molto spesso a far coincidere il partito (che sino ad allora era struttura molto simile a quella di uno Stato) con la persona “carismatica”. Ancora oggi, negli ultimi anni, abbiamo assistito alla nascita in Italia di partiti di questo genere che sono figli di questo modo di agire (si vedano i Cinque Stelle, all’inizio legati alla figura di Beppe Grillo, e Italia dei Valori o Azione, in cui conta più il leader che l’ideologia). L’altro aspetto è stata quello della contrapposizione degli schieramenti, in un Paese che, fino ad allora, aveva vissuto la politica (a partire dalla Resistenza al Fascismo) come un luogo di compromesso di diversi interessi e di mediazione tra gli stessi. Berlusconi ha proposto il modello del “tutto o niente” e quello in cui bisognava sconfiggere dei nemici, talvolta neanche più esistenti (come i Comunisti dopo la caduta del Muro). Sicuramente se questo ha cambiato il panorama politico italiano, non sempre ha dato esiti totalmente positivi e, a lungo andare, come è accaduto anche altrove in Occidente, ha portato ad una disaffezione delle masse che, spesso, oggi, preferiscono non andare a votare.

Se il giudizio politico e quello storico possono essere più o meno accettati o respinti anche da un evangelico, in quanto trattandosi di cose penultime, ognuno di noi è libero, all’interno di un mondo in cui ci sia la libertà di pensiero, di aderire o meno a un progetto politico o ad una particolare interpretazione del passato, problematico diventa quello etico-teologico. 

Il nostro Stato ha deciso (anche in parte giustamente da un punto di vista istituzionale) di tributare dei funerali di Stato e, addirittura, di proclamare lutto nazionale (più discutibile in quanto, allo stato attuale, si tratta solo di un Senatore, che non ricopriva cariche di Stato), il Berlusconi uomo è stato sicuramente piuttosto discutibile: menzognero, non fedele alla propria famiglia, frequentatore di minorenni, organizzatore di festini, amico intimo di amici di mafiosi, senza scrupoli quando si trattava di arricchirsi anche a scapito di altri. Una persona che non può assolutamente essere presa come modello e che in questo senso si contrappone al Vangelo, come spesso accade anche a molti politici. Dobbiamo considerare e riflettere su questi aspetti della sua personalità e del suo vivere in un mondo al limite dell’illecito, anche da un semplice punto di vista legislativo.

Pur professandosi credente (lo ha detto più volte di essere Cattolico), molto spesso il dubbio era che, come spesso accade in politica questo credere fosse strumentale a catturare il voto cattolico (a Berlusconi interessava molto poco degli evangelici che sono insignificanti da un punto di vista elettorale), piuttosto che dettato da un’autentica fede. 

Cosa fare allora di fronte a tutto ciò? Forse aveva ragione il pastore Roselein Faccio, quando raccontava dell’occasione che ebbe di poter parlare faccia a faccia con Berlusconi, dopo aver cenato e cantato con lui e Apicella: regalare il Vangelo e pregare. Infatti quando ci troviamo a figure politiche che sono state di spessore, come lo è stato il Cavaliere per l’Italia, forse il nostro interrogativo dovrebbe essere proprio questo: quanto il Vangelo è stato rispecchiato, quanto è stato possibile annunciarlo, quanto abbiamo, nell’entusiasmo dell’adesione o del respingimento delle sue idee politiche, guardato a Cristo ed al suo progetto per l’umanità che va “oltre” la politica e che non può essere incarnato da nessuno.

Pensare a Berlusconi oggi mi ha fatto riflettere su questo e su come gli evangelici dovrebbero occuparsi di politica e occupare lo spazio sociale che gli è dato, non aspettando profeti o uomini della Provvidenza ma, come ci ricordava T. P. Rossetti, cercando il bene comune di tutti coloro che abitano la nostra Nazione.

 

Valerio Bernardi – DIRS GBU

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