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Prestito o eredità (Vivere e confrontarsi con l’Islam)

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Andy Bannister

Solo perché un racconto utilizza gli stessi nomi e personaggi di un altro non significa automaticamente che le due storie siano collegate. Anzi, dobbiamo capire se questi elementi sono stati presi in prestito o se sono stati ereditati.

Per comprendere la differenza fra eredità e prestito consideriamo un esempio architettonico. Uno dei miei edifici preferiti è il duomo di York, probabilmente la più bella cattedrale d’Inghilterra. La sua storia è affascinante: la splendida chiesa normanna, poi cattedrale, fu costruita al di sopra di una chiesa sassone più antica; l’edificio medievale cresceva mentre la chiesa più antica fu ampliata e rimodernata. Sotto la chiesa sassone, però, c’è qualche cosa di ancora più antico: le rovine di un presidio militare romano. Se fate il tour della cripta, potete scendere attraverso strati di storia fino alle rovine romane nelle fondamenta.

C’è però una differenza sostanziale fra le rovine romane, sassoni e normanne. Nel suo processo di ampliamento, il duomo di York si è sviluppato organicamente dalle chiese più antiche, parallelamente al loro accrescimento e arricchimento. Che dire, però, delle rovine romane nella cripta? Certo, sono state utilizzate delle pietre romane, in quanto era agevole per le maestranze della chiesa sassone avere tonnellate di pietre squadrate sparse intorno e inutilizzate[1]. I Sassoni, però, usarono il materiale romano solo come mattoni da costruzione, non c’è nessuna continuità fra le rovine romane e la chiesa.

In altre parole, il duomo medievale di York ha preso in eredità dalle chiese normanna e sassone, mentre ha preso in prestito dal presidio romano, modificando la funzione delle pietre e gettandole senza troppe cerimonie nelle fondamenta della nuova costruzione.

Nel suo libro The Qur’an and Its Biblical Reflexes, Mark Durie propone un altro esempio che può aiutarci a comprendere la differenza fra eredità e prestito, stavolta preso dalla linguistica. Quando due lingue derivano da una fonte comune, condividono non soltanto delle parole ma anche delle strutture profondamente correlate. Consideriamo, per esempio, le parole per dire «topo» in inglese, islandese e tedesco[1]. In inglese il singolare è “mouse” e il plurale “mice”; in islandese è mus/mys e in tedesco Maus/Mause. Si noti come le forme singolare e plurale mostrino tutte lo stesso schema: una variazione vocalica interna. Questo tratto strutturale condiviso è indizio della derivazione di queste lingue da una fonte comune; hanno, cioè, una comune eredità.

Il prestito, al contrario, di solito è altamente distruttivo. Si pensi alla parola “juggernaut” [furia devastante, ndt], presa in prestito dalla lingua inglese dal sanscrito tramite l’Hindi. Originariamente era Jagannatha, nome sanscrito di una divinità indù il cui culto prevedeva di schiacciare i fedeli sotto le ruote di enormi carri. Quel contesto si era però totalmente perso quando l’inglese ha distruttivamente preso in prestito il termine.

Il Corano e la Bibbia: prestito o eredità?

Un lettore del Corano che abbia anche dimestichezza con la Bibbia noterà presto i frequenti riferimenti coranici a racconti e personaggi biblici. Fra i personaggi presenti nelle pagine del Corano[1] possiamo trovare Aaronne, Abraamo, Adamo, Davide, Elia, Eliseo, Esdra, Gabriele, Golia, Isacco, Ismaele, Giacobbe, Gesù, Giovanni, Giona, Giuseppe, Lot, Maria, Mosè, Noè, Faraone, Saul, Salomone e Zaccaria.

Oltre ai nomi compaiono anche idee e nozioni bibliche: di tutto, dal monoteismo all’adorazione, dall’idolatria al peccato, dalla legge alla Scrittura. Nulla di sorprendente se qualcuno, osservando questo fenomeno, ha concluso che il Corano deve essere un sequel della Bibbia e l’Islam il terzo atto dell’opera, dopo l’Ebraismo e il Cristianesimo. Queste idee e queste nozioni di provenienza biblica, però, sono per il Corano un’eredità o un prestito? Nella mia tesi, la teologia coranica non scaturisce organicamente dalla Bibbia; anzi, come le fondamenta romane del duomo di York, la parola “juggernaut” o la versione fantascientifica del Macbeth, il Corano ha fatto un ricorso massiccio e distruttivo al prestito, perdendo nel processo il contesto e il senso. Il risultato è una grande confusione, fra l’altro, su Dio, la sua natura e la sua identità. Come possiamo dimostrare la mia tesi secondo cui nel Corano non troviamo un’eredità ma un prestito? L’esempio per eccellenza per provarlo è Gesù.

 

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[1] Molti dei quali con nomi arabizzati; per esempio, Aaronne è Harun, Elia è Elias e Giona è Yunus.

[1] Mark Durie, The Qur’an and Its Biblical Reflexes, op. cit., p. XL.

[1] «Guardate che cosa i Romani hanno fatto per noi!»

 

*Immagine di jeswin su Freepik

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