Tre domande sul Giubelo nel Medioevo

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di Francesco Raspanti

Quali furono le ragioni storiche (politiche, ecclesiali e sociali) per l’Istituzione del Giubileo da parte di Bonifacio VIII?

Nel corso dell’anno 1300, a Roma, fu indetto da parte di Bonifacio VIII, al secolo Benedetto Caetani, papa dal 1294, il primo giubileo della chiesa Cattolica. A ben vedere le ragioni dietro questa “novità” partivano da lontano ed è sempre utile ricordarle. La chiesa cattolica romana arrivava da un periodo che, se da una parte la vedeva vittoriosa nello scontro secolare con l’autorità del Sacro Romano Impero, dall’altra la lasciava con la trasformazione della società classica medievale in una fase di crisi e di dubbio (basti solo ricordare la vacanza del soglio pontificio dal 1268 al 1271) che ne stava progressivamente minando il suo potere assoluto come potere dominante nell’ideologia medievale. A questo si aggiunga che il predecessore di Bonifacio altri non era che Celestino V, papa eremita e monaco, eletto dopo un’altra lunga e lacerante vacanza del soglio (1292 al 1294) e che rinunciò alla cattedra di Pietro nel 1294 dopo essere rimasto in carica per soli quattro mesi: questo avvenimento non poté che rinfocolare il fuoco delle polemiche contro il potere papale, soprattutto da parte delle monarchie così dette nazionali (Francia e Inghilterra su tutte) e delle fazioni che si combattevano da secoli la preminenza nella città di Roma (la potente corsorteria dei Colonna per citarne una). Il nuovo papa, Benedetto Caetani, si trovò quindi fin da subito a dovere affrontare una mutata condizione politica nello scacchiere europeo, dove al calare del classico potere Imperiale si andava contrapponendo una sempre maggiore autorità delle monarchie nazionali ed una ricerca sulle basi del potere e del diritto che vedeva l’opera dei glossatori di Bologna nel pieno del proprio rigoglio. In massima parte dallo scontro giurisdizionale ed economico (il re di Francia Filippo il Bello di fronte alle pretese papali di supremazia giurisdizionale reagì con il blocco delle rimesse economiche dal regno a Roma, con grave danno per le finanze papali) con il regno di Francia nascono le ragioni della volontà precisa di manifestare all’ecumene cristiana il potere e l’unità della chiesa. Il Giubileo fu quindi un’occasione per consolidare e rafforzare la pretesa universalistica del pontefice su tutta la cristianità. Lo scontro politico interno con la potente famiglia dei Colonna acquistò in questi anni una valenza sovranazionale, coinvolgendo anche la monarchia francese e creando una mole notevole di libri polemici. A questa esigenza politica si aggiungevano pressioni sociali, in particolar modo della cittadinanza romana, che si trovava stretta tra l’egemonia economica dei vicini comuni toscani, le spinte autonomistiche delle città del Lazio e dell’Umbria e l’ingombrante vicino del regno di Napoli governato dagli Angiò. Ricordiamo che nel 1266 il figlio di Federico II, Manfredi, fu sconfitto dalle milizie Angioine, chiamate in Italia su pressione papale, per controllare quello che dal punto di vista legale era un regno feudatario del pontefice. Il nuovo regno, dilaniato dalla rivolta dei vespri in Sicilia era anche un vicino pericoloso, per i suoi legami con il regno di Francia e il controllo che di fatto era stato consegnato agli Angiò sulla fazione guelfa in tutta Italia.

Dal punto di vista ecclesiologico la spinta verso il rinnovamento della chiesa cattolica era stata per tutto il corso del 1200 molto energica, si pensi solamente alla formazione degli ordini monastici dei Domenicani e dei Francescani; in generale possiamo affermare che la vera novità del XIII secolo era il nuovo e forte interesse del laicato nei confronti della conduzione della chiesa. Vi era quindi una forza richiesta verso una visione più spirituale della chiesa cattolica romana. I problemi con i vari regni europei, lo scontro con l’Impero, le ingerenze della politica romana erano esplosi nelle elezioni al soglio pontificio e questa plateale mancanza di unità veniva aspramente criticata, fattore nuovo e dirompente, anche dai laici, si pensi alle pagine di Dante sul papato e la chiesa in generale. A questo si aggiunga che la galassia francescana, che proprio intorno al 1300 era in piena espansione e dialettica anche sull’argomento della povertà della chiesa, aveva un grande influsso sulla popolazione. Noti il lettore che il predecessore di Bonifacio VIII (di formazione giurista) era un monaco ed un eremita in odore di santità. Il Giubileo servì anche come catalizzatore di queste spinte potenti, ma non dirette in modo univoco, verso una religiosità diversa da quella precedente e maggiormente partecipata da parte del popolo. Il successo straordinario della partecipazione laicale si capisce anche da questi fattori.

Quali furono le ragioni bibliche e teologiche addotte?

Nella Bibbia abbiamo la tradizione del giubileo, particolarmente nel Levitico al capitolo 25 dal versetto 8 al 24:

8«”Conterai pure sette settimane di anni: sette volte sette anni; e queste sette settimane di anni faranno un periodo di quarantanove anni. 9 Poi, il decimo giorno del settimo mese farai squillare la tromba; il giorno delle espiazioni farete squillare la tromba per tutto il paese. 10 Santificherete il cinquantesimo anno e proclamerete la liberazione nel paese per tutti i suoi abitanti. Sarà per voi un giubileo; ognuno di voi tornerà nella sua proprietà e ognuno di voi tornerà nella sua famiglia. 11 Il cinquantesimo anno sarà per voi un giubileo; non seminerete e non raccoglierete quello che i campi produrranno da sé, e non vendemmierete le vigne incolte. 12 Poiché è il giubileo; esso vi sarà sacro; mangerete quel che i campi hanno prodotto in precedenza. 13 In questo anno del giubileo ciascuno tornerà in possesso del suo. 14 Se vendete qualcosa al vostro prossimo o se comprate qualcosa da lui, nessuno inganni il suo prossimo. 15 Quando comprerai del terreno dal tuo prossimo, stabilirai il prezzo in base agli anni passati dall’ultimo giubileo, ed egli venderà a te in ragione degli anni in cui si potrà avere raccolto. 16 Quanti più anni resteranno, tanto più aumenterai il prezzo; e quanto minore sarà il tempo, tanto calerai il prezzo, poiché egli ti vende il numero delle raccolte. 17 Nessuno di voi danneggi il suo prossimo, ma temerai il tuo Dio; poiché io sono il SIGNORE vostro Dio. 18 Voi metterete in pratica le mie leggi e osserverete le mie prescrizioni e le adempirete e starete al sicuro nel paese. 19 La terra produrrà i suoi frutti, ne mangerete a sazietà e in essa abiterete sicuri. 20 Se dite: ‘Che mangeremo il settimo anno, visto che non semineremo e non faremo raccolta?’ 21 Io disporrò che la mia benedizione venga su di voi il sesto anno ed esso vi darà una raccolta sufficiente per tre anni. 22 L’ottavo anno seminerete e mangerete della vecchia raccolta fino al nono anno; mangerete della raccolta vecchia finché sia venuta la nuova. 23 Le terre non si venderanno per sempre; perché la terra è mia e voi state da me come stranieri e ospiti. 24 Perciò, in tutto il paese che sarà vostro possesso, concederete il diritto di riscatto del suolo.”

A questa base biblica si aggiunse la tradizione. Ricordiamo che solo sei anni prima il predecessore di Bonifacio VII, Celestino V, aveva istituito con la bolla Inter sanctorum solemnia (la così detta Bolla del Perdono) l’indulgenza plenaria a chiunque, confessato e comunicato si fosse recato nella basilica di Collemaggio (all’Aquila) dai vespri del 28 agosto a quelli del 29. Questa indulgenza, chiamata volgarmente Perdonanza, è in vigore anche al giorno d’oggi. Il concetto di indulgenza plenaria trovava un precedente nella leggenda della così detta “Indulgenza dei 100 anni” che sarebbe avvenuta nel 1200 sotto il pontificato di Innocenzo III. Abbiamo la testimonianza, raccolta nel 1299 poco prima della proclamazione del Giubileo, di un vecchio di 107 anni, il quale affermava di aver visto questa ricorrenza sotto in pontificato di Innocenzo III (uno dei maggiori pontefici nella storia del papato, soprattutto per quanto concerne l’aspetto del dominio temporale ed universale). Bonifacio VIII, che si considerava nella sua azione politica ed ecclesiale, come l’erede naturale di Innocenzo III, percepiva la sua azione come il giusto e corretto compimento dell’opera iniziata un secolo prima dal suo illustre predecessore. Noti il lettore che le cronache, la corrispondenza e le memorie del 1200 a Roma non hanno tuttavia alcun ricordo dell’indulgenza dei cento anni, l’abbiamo solamente ricordata nella memoria raccolta dallo stesso Bonifacio VIII il 24 dicembre del 1299. Con queste basi, la bolla di Celestino V e la leggenda dei 100 anni, fu emessa la bolla di indizione dell’indulgenza, proclamata il 22 febbraio del 1300: la Antiquorum habet fida relatio. In questa bolla si stabilisce, sulla scia della leggenda, la ricorrenza del giubileo in 100 anni. Ponga attenzione il lettore che in queste prime bolle si rimarca il legame con il giubileo ebraico, quindi una visione che pone come “memento” la superiorità del potere ecclesiastico su quello temporale: il Giubileo è quindi percepito come naturale e secolare tradizione e continuazione del Giubileo ebraico, ma in una veste cristiana, quindi al riposo della terra si sostituiva l’indulgenza plenaria per tutti i credenti che si fossero recati a Roma. L’autorità della chiesa su tutta la cristianità era plasticamente e fisicamente rinsaldata dall’afflusso dei pellegrini verso il centro del cattolicesimo. In questa ottica si comprende come a Bonifacio VIII premesse rimarcare la sua autorità e rinsaldare i legami con l’ecumene cristiano.

Il Giubileo ha conservato nella storia medievale e moderna gli stessi significati e gli stessi obiettivi?

Come un lettore attento avrà osservato, già nelle prime due risposte è contenuta la risposta. Prima di tutto la frequenza del giubileo: è passata dagli iniziali 100 anni agli attuali 25. Già dopo il primo giubileo del 1300, nel 1350, il papa Clemente VI decise di accorciare la frequenza a 50 anni per accordarla con quella ebraica. Nel 1378 Urbano VI, primo papa dopo Bonifacio VIII a tornare a Roma, la ridusse a 33 anni. Infine Paolo II sul finire del XV secolo stabilì la ricorrenza a 25 anni, quale è tuttora. Resta inteso che si sono tenuti giubilei straordinari. Se il primo scopo del giubileo era stato la riaffermazione del potere papale allora possiamo serenamente scrivere che tutto questo fallì. Solo nel 1303 lo scontro con il potere congiunto del regno di Francia e dei Colonna giunse alla famosa conclusione dello “schiaffo di Anagni”. Le tesi universalistiche e temporali del papa furono pubblicamente rigettate, lo stesso Bonifacio VIII fu fatto prigioniero per essere giudicato. La morte lo salvò dal processo in presenza, che ugualmente si svolse e lo condannò. Il nuovo papa trasferì la sede da Roma ad Avignone in quella che qualche storiografia dipinge come la “cattività avignonese”. Il re di Francia approfittò della situazione per sciogliere l’ordine dei templari ed incamerare le rendite di molti benefici ecclesiastici.

Dal punto di vista popolare l’accoglienza del giubileo fu un grande successo, basti citare le parole di Dante riporta nella Commedia sull’afflusso dei pellegrini a Roma:

«come i Roman per l’essercito molto, l’anno del giubileo, su per lo ponte hanno a passar la gente modo colto, che da l’un lato tutti hanno la fronte verso ‘l castello e vanno a Santo Pietro, da l’altra sponda vanno verso ‘l monte.» (Inferno XVIII, 28-33).

Questo successo e la rinnovata frequenza fecero perdere fin da subito al Giubileo la visione più biblica dell’affermazione del potere spirituale sul potere temporale, ma dall’altro accentuarono la sua caratteristica di evento capace di portare grandi folle e denaro a Roma. Nel corso dei secoli l’aspetto economico e i legami con i grandi banchieri toscani ne fecero un evento squisitamente finanziario, aberrazione contro cui si scagliò Lutero, il carattere spirituale della prima bolla di Celestino V che parlava di pace, riconciliazione e solidarietà era completamente perduto: restava solo il grande richiamo dell’indulgenza plenaria. Dopo la riforma i Giubilei persero la caratteristica universale della cristianità, ma rimasero un potente faro per il perdono dei peccati attraverso l’indulgenza. Ma tutto questo è un’altra storia.

Francesco Raspanti è Dottore di Ricerca in Storia Medievale, vive a Bologna dove guida una comunità evangelica.

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