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L’ambientalismo ha bisogno di Dio

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Secondo una vecchia teoria, già implicita negli scritti di Heiddeger sulla tecnica, e resa popolare da un noto articolo dello storico Lynn White jr., la tradizione ebraico-cristiana sarebbe la causa della crisi ambientale che stiamo vivendo.
Se l’animismo e il paganesimo promuovevano una forma di rispetto per l’ambiente basato sulla credenza che dietro gli elementi naturali ci fossero esseri spirituali, la loro sconfitta avrebbe causato la desacralizzazione di quegli elementi e la loro trasformazione in fondi da sfruttare da parte dell’uomo, principe della creazione e suo dominatore. 
Senza bisogno di analizzare storicamente la validità di questa teoria, possiamo riconoscere come una lettura quantomeno superficiale della Bibbia possa aver spinto alcuni cristiani ad assumere una condotta spregiudicata nei confronti dell’ambiente.

D’altro canto un’attenta riflessione su ciò che la Bibbia dice sul nostro rapporto con la natura rappresenta il più solido fondamento per un impegno in favore della tutela e della salvaguardia del creato.

È vero che la creazione dell’uomo ad immagine di Dio e il suo rapporto con Lui lo pongono dall’inizio della narrazione biblica su di un piano diverso rispetto al resto del creato, ma è proprio l’inizio della Genesi a suggerirci che l’uomo ha sempre avuto un ruolo di responsabilità nei confronti dell’ambiente:

“Il Signore Dio prese l’uomo e lo pose nel giardino di Eden, perché lo coltivasse e lo custodisse.”  

(Gen. 2:15)

A conferma dell’alto valore che gli elementi naturali hanno nella visione del mondo cristiana possiamo ricordare che tutta la creazione è stata sottoposta agli effetti del peccato ed è in attesa del ritorno di Cristo (Rom. 8:19-23), perché “tutte le cose sono state create per mezzo di lui e in vista di lui” (Col. 1:16).
Le moderne preoccupazioni ambientaliste non dovrebbero essere estranee a nessun cristiano che prenda sul serio le verità appena menzionate, ma c’è di più: senza Dio l’umanità rischia di perdere ogni valida motivazione per proteggere l’ambiente che non conduca all’antiumanesimo.

Senza Dio appare difficile, se non impossibile, trovare l’equilibrio tra l’antropocentrismo, che ha dato appoggio allo sfruttamento scriteriato delle risorse naturali utili allo sviluppo economico, e l’antiumanesimo, che negando all’uomo il diritto di considerarsi più importante delle altre forme di vita, lo trasforma nel problema da contenere o eliminare.
Né materialismo ateo, né moderno panteismo riescono a provvedere una soluzione al dilemma. Entrambi falliscono nel fornire un qualsiasi fondamento per l’etica, oppure finiscono per equiparare la vita umana a quella degli altri animali, se non delle piante (o dei virus!).

  • Perché dovrei preoccuparmi della sopravvivenza di qualcun altro da me?
  • Perché sarebbe sbagliato eliminare anche una piccolissima minoranza di essere umani, se ciò portasse un indubbio benessere a tutte le altre forme di vita del pianeta?
  • Perché sarebbe giusto eliminare una forma di vita come i Coronavirus?      

Domande la cui risposta sembra ovvia e intuitiva diventano improvvisamente difficili, se si esclude Dio dal quadro.

La Bibbia non risolve le questioni di etica ambientale con una forma di antropocentrismo limitato dalla legge di Dio, ma ponendo al centro di ogni cosa Cristo Gesù.

Lo scopo della creazione è glorificare Cristo, e il piano di Dio non culmina nella salvezza dell’uomo ma nell’unità di tutte le cose sotto un solo capo, Cristo Gesù (Ef. 1:9-10). 

Il cristianesimo propone un umanesimo teocentrico che assegna un ruolo speciale all’uomo e un grande valore alla sua vita, la quale però non è il fine ultimo delle cose. Gli esseri umani sono chiamati a contribuire alla realizzazione del piano di Dio, e sono chiamati a farlo anche prendendosi cura dell’ambiente.

Francesco Schiano
(Staff GBU Napoli)

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