Michael Green era un amico del GBU.
Lo incontrai per la prima volta nella primavera del 2011. Era uno dei due predicatori a una settimana di eventi organizzata dal GBU di Sheffield (UK); io mi trovavo lì insieme al mio amico Francesco per osservare e imparare. Aveva 80 anni suonati ma l’energia di un ventenne. Lo ricordo attivo durante le mattine mentre distribuiva volantini e chiacchierava con gli studenti in giro per il campus e diceva loro che si trattava di eventi fantastici ai quali avrebbero ascoltato qualcosa che avrebbe potuto cambiare la loro vita per sempre. Michael era anziano e predicava ogni sera, la mattina poteva anche riposare, ma lui preferiva stare lì in mezzo agli studenti, correndo su e giù per il campus, invitandone il più possibile. Diceva: “Non posso chiedere agli studenti di invitare i loro amici agli eventi se io per primo non invito nessuno”.
Sinceramente, mi chiedevo con quale criterio il gruppo GBU di Sheffield avesse scelto di invitare un oratore di 80 anni per degli eventi rivolti agli studenti universitari. Avrebbe funzionato? Sarebbe riuscito a comunicare in modo rilevante a delle persone più giovani di lui di 60 anni? Ricordo bene quegli eventi della sera: c’era della musica dal vivo, del cibo, un illusionista, alcune testimonianze e poi la predicazione di Michael. Tre cose mi colpirono in modo particolare della predicazione del dott. Green durante quelle sere (a parte il suo abbigliamento semplice, il suo senso dell’umorismo e il suo fortissimo accento inglese): la passione, la convinzione e l’umiltà. La sua passione era visibile a tutti, era come se ciò di cui parlava lo rendeva felice, entusiasta. È possibile delle volte dire cose belle e profonde riguardo Dio, ma senza entusiasmo: non era il suo caso. Era anche chiaramente convinto di ciò che predicava, sembrava che ogni parola che componeva il suo sermone fosse frutto di una forte convinzione personale che tutto ciò che la Bibbia afferma è verità. Che tragedia quando raccontiamo le meraviglie di Dio, ma non sembriamo esserne veramente convinti! Mi colpì anche l’umiltà di Michael Green quando predicava. Scoprii soltanto dopo quanto fosse ricco il suo curriculum e che fosse l’autore di più di 50 libri, eppure sul palco era semplicemente Michael. Il modo in cui parlava delle grandi cose di Dio era accessibile a tutti e il contenuto dei suoi messaggi era incentrato su Gesù e non su sé stesso. A volte è possibile dire cose fantastiche riguardo Dio ma senza umiltà… anche quello è un problema! Passione, convinzione e umiltà: quando queste tre qualità si incontrano, formano un mix potente per la gloria di Dio. Mi sembra che Michael Green queste qualità le avesse tutte e tre, quando predicava il messaggio del vangelo.
In realtà, ci furono altre due caratteristiche della sua predicazione che notai quella settimana: l’amore per coloro che lo ascoltavano e la fede nell’opera dello Spirito Santo. Michael Green amava le persone a cui spiegava il vangelo.
Quando alla fine dei suoi messaggi invitava i suoi ascoltatori a prendere sul serio l’invito di Gesù a credere in lui e ricevere il perdono dei peccati, i suoi occhi brillavano, la sua voce cambiava e con naturalezza riusciva a parlare al cuore di ogni persona. E quando finiva, non andava a rifocillarsi o a riposare, ma scendeva dal palco e passeggiava in mezzo ai tavoli in cerca di qualcuno che voleva porgli delle domande (“cruising around the assembled multitude”, come era solito spiegarlo lui). È possibile predicare il vangelo con distacco e freddezza, senza amore per le persone che ci ascoltano, ma se vogliamo che la gente ci ascolti deve vedere l’amore nei nostri occhi.
Michael predicava anche con grande fede nell’opera sovrana dello Spirito di Dio. Si aspettava che il vangelo producesse dei frutti nel cuore dei suoi uditori e invitava tutti quanti a rispondere all’invito di Gesù. Diceva sempre che quando parliamo di Gesù le persone reagiranno in uno dei seguenti modi: 1, quelli a cui non importa nulla – Michael si appellava alla loro integrità intellettuale e li sfidava a leggere uno dei vangeli prima di rifiutare di credere in Gesù; 2, quelli che sono stati colpiti e vorrebbero scoprire di più – Michael li invitava a prendere parte ad un gruppo di studio biblico per capire di più su Gesù; e infine 3, quelli che, dopo aver ascoltato il messaggio del vangelo, sono pronti a riporre la propria fede in Gesù – Michael li invitava ad andare da lui per parlare e pregare insieme quella sera stessa, prima che il nemico potesse portare via quel seme di vita. Credo che sia possibile predicare il messaggio della croce con rassegnazione, come se mai nessuno risponderà all’invito rivolto. Michael Green mi ha insegnato che quando proclamo la salvezza in Gesù devo aspettarmi che la gente risponda, perché il vangelo è potenza di Dio per la salvezza di chiunque crede (Romani 1:16).
Nel 2015 Michael Green venne in Italia come oratore al Convegno Studentesco Nazionale del GBU Italia (la Festa GBU).
Predicò tre volte sul tema che gli avevamo chiesto di trattare (l’attendibilità dei vangeli, l’unicità di Cristo e la risurrezione di Gesù), accettò di insegnare un seminario più pratico sul tema dell’evangelizzazione, si rese disponibile a guidare delle sessioni facoltative per chi fosse interessato ad approfondire alcune tematiche (subito dopo pranzo mentre tanti più giovani andavano a fare una pennichella), durante i pasti si sedeva in mezzo agli studenti per conoscerli, chiacchierare con loro e incoraggiarli ed era presente persino durante i programmi serali perché voleva vivere a pieno la conferenza insieme agli studenti.
Era felice di essere spremuto come un limone mentre era con noi (aveva 85 anni!). Che esempio per tutti noi! Ricordo una e-mail che mi scrisse alcuni giorni dopo la fine del convegno, nella quale ringraziava tutto lo staff GBU per averlo accolto splendidamente, lodava la qualità dell’organizzazione del convegno e mi chiedeva l’indirizzo e-mail di alcuni studenti con cui aveva chiacchierato durante il week end, per potersi tenere in contatto con loro e incoraggiarli nella loro fede. Normalmente sono gli studenti che inseguono gli oratori per potersi confrontare con loro, in questo caso era il contrario: Michael Green amava i giovani e voleva investire nella loro vita.
Ma Michael Green non era soltanto un evangelista, era anche un accademico e un teologo.
Ho detto poco fa che è stato autore di più di 50 libri, tra cui anche dei commentari biblici. Era un profondo conoscitore delle Scritture, uno di quelli che preferisce fare la propria lettura personale della Bibbia in lingua originale (ebraico e greco). Conosceva anche il latino, la moglie racconta che pochi giorni prima di morire, in ospedale, provava a chiacchierare con un infermiere italiano utilizzando proprio la lingua dei nostri avi! In genere non siamo abituati a vedere questi due estremi incontrarsi in un’unica persona: o sei un evangelista che ha a cuore i perduti e poco tempo per leggere, studiare e approfondire la propria conoscenza, o sei un accademico che passa tanto del proprio tempo dietro a una scrivania e poco tra la gente a condividere il vangelo. Michael Green ha tenuti insieme questi due estremi in un ministero lungo più di 70 anni. Il suo amico J. John, Reverend Canon della Chiesa Anglicana ha scritto di lui: “Leggendo il Nuovo Testamento, mi colpisce il fatto che l’apostolo Paolo era allo stesso tempo un grande studioso e un evangelista appassionato. Queste due doti raramente si trovano in un’unica persona: o sei uno studioso delle Scritture o sei un evangelista. Eppure, con questa combinazione di conoscenza e passione Michael Green rappresentava l’eccezione e quando vedevo lui non potevo non pensare al grande apostolo”.(1)
Michael Green verrà ricordato come una delle figure più influenti del mondo evangelico dell’ultimo secolo.
Si è spento serenamente il 6 Febbraio 2019. Fino a due giorni prima di essere ricoverato in ospedale era ancora in mezzo agli studenti universitari per insegnare; anche mentre era ricoverato in ospedale, fino a quando è stato cosciente, ha continuato a parlare del Signore Gesù a medici e infermieri, invitandoli a diventare suoi seguaci. È morto con il piede sull’acceleratore del servizio cristiano, ha finito bene la sua corsa. Prima di morire ha chiesto che eventuali donazioni fatte al suo funerale venissero tutte girate a UCCF (il GBU Britannico), questo dimostra quanto avesse a cuore il ministero evangelistico tra gli studenti universitari. Lui stesso disse: “Non solo il campo delle università è uno dei terreni più fertili per il Cristianesimo oggi, ma molti di questi giovani uomini e donne sono destinati a ricoprire delle cariche importanti e diventare persone influenti nelle diverse carriere che perseguiranno. Il potenziale della loro influenza è incalcolabile”.(2)
Addio Michael Green, ma nel vero senso della parola: a-Dio, ci rivedremo quando saremo insieme alla presenza del nostro Dio e Salvatore Gesù Cristo, che tu hai servito fedelmente per così tanti anni. E grazie per tutto quello che hai dato a IFES e al GBU Italia.
Quanto a me, io sto per essere offerto in libazione, e il tempo della mia partenza è giunto. Ho combattuto il buon combattimento, ho finito la corsa, ho conservato la fede. Ormai mi è riservata la corona di giustizia che il Signore, il giusto giudice, mi assegnerà in quel giorno; e non solo a me, ma anche a tutti quelli che avranno amato la sua apparizione (2 Timoteo 4:6-8)
Giovanni Donato
(Staff GBU Siena)
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1) https://www.canonjjohn.com/blog/2019/02/146/a-fond-farewell-for-a-good-man
2) www.ifesworld.org, home page