Tempo di lettura: 7 minuti

Marcella Fanelli

(16 marzo 1913 – 19 marzo 2017)

In memoriam

Marcella Fanelli al Convegno Nazionale GBU

Marcella Fanelli al Primo Convegno Nazionale GBU del 2005

Un obituario che si rispetti deve tentare di ripercorrere le tappe significative del caro che ci ha lasciati. Nel caso di Marcella questa sarebbe un’impresa quasi inutile, vista la mole di materiale biografico che ella ci ha lasciato nel suo Passeggiata lungo il XX secolo (Edizioni GBU 2011), il suo volume testamento di cui diremo fra un attimo e da cui attingeremo comunque per ricordare Marcella.

Al di là di Passeggiata ci sarebbero da raccontare ancora gli ultimi anni della sua vita, dal 2001 a oggi; ma, stranamente, è lei stessa che ce li ha prefigurato e anticipato proprio alla fine del suo libro:

«Che dire della mia vita, se non paragonarla ora ad una navigazione tranquilla, rallegrata dall’affetto di Jean, delle mie nipoti, dei miei nipoti e pronipoti, dei tanti amici?» (p. 629).

Dovremmo però aggiungere a questa nota altri nomi e altre attenzioni di cui ha goduto la cara Marcella Fanelli come sicuramente quello di vari membri della famiglia Grosso (Elaine ed Emilio su tutti), e poi ancora Aldo Viscogilardi e il dott. Vincenzo Cuozzo. E altri ancora!

Tuttavia nel dire qualcosa di Marcella non possiamo sfuggire al suo invito a incamminarci con lei nella stupefacente Passeggiata che ci ha lascito in eredità. Il titolo stesso di questo libro è a mio avviso una sintesi e una figura della vita di Marcella. La passeggiata è un evento che richiama le atmosfere della lievità, della luce e dell’armonia sensoriale. Marcella è stata una donna che ha espresso questi tratti esistenziali e caratteriali, riuscendo anche a trasmetterli a tutti coloro che le si avvicinavano, potendone apprezzare, questi ultimi, il suo gusto per il bello, per le arti, per gli equilibri cromatici, per i suoni e per il canto.

Ma chi si avventura in una passeggiata con i tratti caratteriali che abbiamo appena descritto è anche nella migliore condizione per gettare uno sguardo attento su tutto ciò che lo circonda; chi è nella bucolica serenità del tempo che scorre quasi infinito (104 anni) ha infatti lo sguardo esercitato a cogliere i particolari della vita; i risvolti del bello, ma anche i risvolti dell’incompiuto, del frastagliato, del transeunte. Marcella è stata una donna che ha saputo cogliere, in ragione di una sensibilità raffinatissima, le difficili condizioni dell’esistenza umana; essa stessa non è stata risparmiata da molte sofferenze causate da ciò che un giovane studente da lei seguito negli anni ’50 a Parigi con il GBU, il prof. Henri Blocher, definirà più tardi il mistero opaco del male: pensiamo alle perdite dolorose, alle separazioni, alle delusioni delle relazioni d’amore, e soprattutto al dolore lancinante dei conflitti.

Ormai giovane donna, a Firenze, Marcella confidò queste parole al suo diario (Passeggiata):

«cosa offre realmente la vita [se non] momenti di gioia da tesaurizzare, altri di difficoltà e sconforto da combattere e vincere, forse con cui convivere, e se fosse stato possibile, da dimenticare» (p. 276).

Una passeggiata di tal sorta, che dunque coincide con un’intera vita, con un’intera esistenza, non può non avere un fulcro equilibratore, un punto archimedico che diviene anche, nel caso la passeggiata diventasse lunga con la necessità di affrontare svolte importanti, mèta e fine, telos, ma anche movente ultimo.

Questo nucleo Marcella lo identifica perfettamente nella sua esperienza di fede personale degli anni 1927/28, a Cuneo, raccontata in questi termini: «presi coscienza del “peccato”… Si trattava di un dominio nei cui confronti bisognava decidersi: o farsene soggiogare o ribellarvisi – e liberarsene. Ma solo Cristo avrebbe potuto liberarcene. Prendevano senso le frasi “salvati per mezzo del sangue di Cristo”, “Cristo morto per i nostri peccati”, “morti e risorti con Cristo”. Mi inginocchiai e gli chiesi di aiutarmi» (pp. 225–226).

L’ingresso di Marcella nella fede non fu però un ingresso in un’esperienza soggettiva e intimistica. Membro di una famiglia che aveva in sé una grande eredità spirituale costituitasi grazie alla frequentazione del mondo valdo–metodista e di quello delle Assemblee dei Fratelli, Marcella attraversa con la sua lievità piena di ponderata considerazione il mondo evangelico italiano, a partire da quella Firenze degli esperimenti infra–evangelici dei tempi successivi alla liberazione. Già in quegli anni, durante la guerra, e sotto le bombe, ha il tempo di codificare i sogni suoi e di sua madre, sogni orientati fin da allora all’editoria: «fondare una casa editrice. … iniziare una piccola attività editoriale evangelica in Italia, così da fornire agli evangelici traduzioni di almeno alcuni dei tanti bei volumi di studio …» (pp. 471, 519).

Parlando del clima successivo alla liberazione, Marcella descriverà eventi il cui succo cercherà poi di ritrovare e riproporre nel suo ministero successivo:

«La libertà più appassionata e goduta, quella alla quale noi giovani, che non l’avevamo conosciuta, dovemmo abituarci, fu la libertà riguardante l’esternazione del pensiero… Ricordo in una prima “riunione di ringraziamento” alla Vigna Vecchia, alla quale erano intervenuti gli evangelici fiorentini la loro riconoscenza al Signore per essere ora cittadini liberi; … Vi furono riunioni di membri delle diverse chiese evangeliche, nutrite da un entusiasmo che spingeva a pregare insieme, a discutere progetti e anche a ritrovarsi per conoscersi meglio, come se la guerra avesse spazzato via antiche barriere» (p. 518).

Ed è in questo contesto evangelico, a partire dalla frequenza per lunghi anni della chiesa dei Fratelli di Via della Vigna Vecchia, a partire dalle dinamiche non sempre pacifiche dell’Istituto Comandi, gestito per molti anni dalla mamma Elvira (1937–1946), a partire da un contesto aperto alle influenze di tutto il mondo evangelico, Marcella maturerà, dopo l’esperienza lavorativa a La Fondiaria (1943–1955), la visione di impegnarsi per il Signore. Lo farà in una missione che ella troverà estremamente congeniale alle sue aspirazioni di servizio, pur non avendo lei stessa mai conseguito una laurea: i Gruppi Biblici Universitari.

Siamo agli inizi degli anni ’50 ed ecco alcuni tratti di quella sua esperienza iniziale.

«Li iniziò [i GBU] Maria Teresa [De Giustina] che dal dottor Pache aveva avuto il suggerimento e l’incoraggiamento a portare anche in Italia quel modo, già presente in molti paesi del mondo ma nuovo per gli italiani, di diffondere la buona notizia dell’evangelo nell’ambito degli studenti universitari. … Mi soddisfaceva quel modo concreto di affrontare il testo biblico, la possibilità data ad ognuno, anche il più ignaro di problematiche bibliche, di fare domande, esprimere il proprio pensiero, non reprimere i dubbi, sentirsi protagonisti della ricerca. Col tempo conobbi ed apprezzai altre cose: l’interdenominazionalità, l’omogeneità della posizione teologica …» (p. 550).

Nel 1952, insieme a Maria Teresa, Marcella fonda la Rivista CERTEZZE.

Nel 1956 va a Parigi e da qui a Londra, dove approfondisce la sua conoscenza del mondo studentesco evangelico internazionale (IFES) facendo incontri importanti che segneranno il suo ministero futuro. Uno in particolare vale la pena ricordare: l’incontro con John Stott, allora giovane predicatore nella chiesa di All Souls; Marcella ammette di apprezzare più di Martin Loyd–Jones in quanto in possesso, il primo, di una predicazione “biblicamente sostanziosa” oltre a un inglese più comprensibile.

Nel 1957 Marcella ricevette da Stacey Wood, dinamico Segretario Generale di IFES di quegli anni, l’invito a sostituire Maria Teresa nella direzione dei GBU in Italia. Douglas Johnson, allora Segretario Generale dei GBU inglesi, la esortò nella stessa circostanza «vivamente a non abbandonare il “progetto libri”» (p. 566).

Marcella Fanelli e Jean Elliott al Convegno Nazionale GBU

Jean Elliott e Marcella Fanelli al Primo Convegno Nazionale GBU del 2005

Marcella a questo punto, nei suoi ricordi, annota: «Ma l’incontro interessante per eccellenza fu quello con Jean Elliott»! (p. 566). Il piano del Signore per la sua vita era pronto.

È da questi incroci di vicende esistenziali e di esperienze spirituali che ha inizio lo straordinario ministero svolto da Marcella in Italia, a partire dal 1957, con i Gruppi Biblici Universitari. Un tale ministero si è concretizzato nel corso degli anni in tre precisi filoni, tutti recanti al proprio interno l’influenza di Marcella:

  • la rete dei Gruppi studenteschi impegnati nell’evangelizzazione vera e propria;
  • l’iniziativa editoriale, con la nascita nel 1965 delle Edizioni GBU;
  • e nel 1962 l’apertura della Sala di Lettura GBU a Roma.

Oggi, nel mentre salutiamo le sue spoglie mortali, e la ricordiamo, dobbiamo enfatizzare che i tre filoni del ministero GBU sono ancora tutti in essere. Per spiegare tale permanenza dobbiamo ricordare che il nome di Marcella non è solo presente tra quello degli iniziatori di questi ministeri, ma ne è stato per lungo tempo il faro illuminante.

Ancora oggi ci sono studenti “dell’altro ieri”, soprattutto romani, che ricordano la frequentazione della sua casa o della Sala di Lettura in via Borelli dove, insieme Jean, Marcella riusciva a incoraggiare e a galvanizzare i giovani nel desiderio di diffondere il vangelo nell’Università, tra i propri colleghi e con i professori.

Ancora oggi, generazioni di pastori, anziani e leader di chiese di tutti gli ambiti evangelici possono godere del frutto dell’impegno editoriale di Marcella, leggendo Commentari oppure opere di C.S. Lewis e altri autori, tradotte in italiano con minuzia, ossessiva precisione e competenza linguistica, proprio da Marcella. E per non dire niente dei tanti articoli apparsi, anche sotto pseudonimo nella Rivista CERTEZZE.

Grazie Marcella, arrivederci.

Giacomo Carlo Di Gaetano
Roma 22 marzo 2016
Chiesa Valdese di Piazza Cavour

Marcella è una persona a cui tutti volevano bene e nella cui compagnia ti sentivi importante. Era piena di domande e incoraggiamento e quando eri con lei, non era lei al centro, ma tu! Questo è stato vero da studente, ma anche negli anni a seguire quando l’ho incontrata in veste di giovane Presidente dell’Associazione GBU e poi da Segretario Generale.

Dobbiamo ricordare e onorare chi ha portato avanti l’opera prima di noi. Marcella ha lavorato tanto e duramente con i doni che Dio le ha dato e ha costruito molto bene e i risultati si vedono: GBU, Edizioni GBU, Sala di Lettura GBU a Roma.

È con tristezza che scrivo queste parole perché Marcella oggi non è più con noi.

È con gioia che scrivo queste parole perché sappiamo che adesso è con il Signore Gesù che ha servito tutta la vita.

In una biografia di D.L. Moody, evangelista attivo in America e Inghilterra alla fine del 1800, viene raccontato che quando prese coscienza del fatto che da lì a poco avrebbe lasciato questa terra disse “Uno di questi giorni leggerete sui giornali che D.L. Moody è morto. Non credete una sola parola di quanto scriveranno. In quel momento sarò più vivo di quanto non sia adesso!”.

Marcella è oggi più viva che mai ed è con il suo e il nostro Signore Gesù Cristo!

Grazie Marcella, a presto!

Johan Soderkvist
Roma 22 marzo 2016

 

Logo GBU - Condividere Gesù da studente a studente
Tempo di lettura: < 1 minuto

Il GBU esiste per condividere Gesù da studente a studente e vogliamo stimolare e incentivare la creatività con cui i gruppi portano avanti questa missione.

Il GBU, perciò, ha deciso di mettere a disposizione  un fondo per borse ai gruppi GBU per progetti evangelistici, progetti che devono riguardare l’anno accademico 2017/2018 e che dovranno essere sottoposti, entro il 30 giugno 2017, con l’apposito modulo online per essere valutati. Mancano quindi:

0Settimane0Giorni0Ore0Minuti

I progetti vincenti saranno comunicati sul sito entro il 31 luglio 2017.

Il fondo potrà finanziare i progetti con una somma che va dai 100 ai 500 euro. Il numero di progetti e la somma precisa dipenderà da ciò che proporrete!

Per essere un progetto vincente dovrà:

  • Essere evangelistico e rispondere all’esigenza di “condividere Gesù da studente a studente”
  • Avere il potenziale di incoraggiare altri gruppi a riproporlo ed essere quindi replicabile
  • Essere valutabile a posteriori: cioè contenere alcuni elementi che permettono di valutarlo alla sua conclusione, per capire se ha raggiunto il suo scopo.
  • Avere un responsabile del progetto (uno dei coordinatori del gruppo)
  • Richiedere un piccolo sforzo economico anche ai membri del gruppo, alle chiese locali o altri (ad esempio laureati). In pratica una parte, anche piccola, del progetto deve essere finanziato con altri mezzi.

Adesso tocca a voi: usate la vostra creatività e tirate fuori idee, forse anche quelle messe da parte in passato per via del costo!

Condividete con noi il vostro progetto! (Sarete indirizzati al modulo online su jotForm)

Tempo di lettura: 3 minuti

Tempo di lettura: 3 minuti

Tempo di lettura: 2 minuti

Lo scorso weekend, 14-15 gennaio, si sono svolte a Piacenza due rappresentazioni di The Mark Drama. Già nel 2014 c’era stata una produzione TMD in questa città a cura della stessa chiesa.

La mia prima esperienza da regista (in formazione) è stata ottima e ho imparato che si può sempre imparare dagli altri, anche quando siamo lì per insegnare…

L’accoglienza dei piacentini nei confronti di noi registi (Chris ed io) è stata eccellente, così come lo è stato l’impegno del cast.
La squadra era molto varia: c’erano adolescenti di 16 anni e padri di famiglia; ragazzi super entusiasti che avevano già rappresentato TMD e membri ‘scettici’ che erano stati quasi costretti a partecipare; persone con l’influenza, a rischio di perdere la voce e studenti con lezioni obbligatorie a scuola. Ma dopo tre giorni intensi di prove, il risultato è sempre lo stesso: maggiore entusiasmo per Gesù e desiderio di proclamare il vangelo.

Ecco alcuni commenti degli attori:

Il Vangelo va letto, meditato, interpretato e alla fine vissuto. The Mark Drama ti permette di interpretarlo e ti lascia la voglia di viverlo. (Marco)

The Mark Drama mi ha dato l’opportunità di conoscere più a fondo e comprendere meglio la parola di Dio e il significato del suo grande sacrificio per noi che non meritavamo niente. La vita di Gesù, le sue azioni e le sue emozioni parlano forte quanto le sue parole e penso che sia proprio questo che colpisce durante tutta la rappresentazione! (Gloria)

La cosa che più mi colpisce è la sofferenza di Gesù, perché essendo un ‘teatro’, sei lì presente; non è una cosa distante come quella che vedi su uno schermo al cinema. (Rebecca)

Vivere appieno il sacrificio di Cristo, l’amore di Dio per noi… Questo è stato per me The Mark Drama. (Daniele)

Tutte le volte che vivo The Mark Drama penso che se imparassimo a ‘leggere’ la Scrittura, tutta la Scrittura, così, a riviverla e a immaginarla in modo così vivido mentre leggiamo, davvero i nostri studi scaturirebbero in acqua viva, e saremmo anche più capaci di trasmetterli agli altri. (Eugenia)

Entrambe le rappresentazioni sono state ben frequentate; gli attori hanno invitato amici, parenti e compagni di scuola, e lo stesso hanno fatto i membri di chiesa. Preghiamo che il seme gettato porti frutto e giunga a dare il trenta, il sessanta e il cento per uno!

 

Luisa Pasquale
(Staff GBU Ufficio Nazionale)

Tempo di lettura: 2 minuti

Tempo di lettura: 2 minuti

Tempo di lettura: 3 minuti

Abbiamo il piacere di presentare Domenico, uno studente che ha scelto di iniziare il nostro percorso di Staff in Formazione. Il piacere è ancora più grande perché lui rappresenta un’opportunità per cui abbiamo pregato per tanti anni: uno staff in Sicilia!
Abbiamo, e abbiamo avuto, gruppi GBU in Sicilia ma non abbiamo mai avuto uno staff che potesse dare continuità, visitare e presentare il GBU nelle chiese e iniziare gruppi nelle città universitarie dove mancano.
Dal 1 gennaio 2017 sarà una realtà, per adesso potete continuare la lettura e conoscere Domenico e Angela. Pregate per loro!
(Johan Soderkvist, Segretario Generale GBU)

domenicoIl percorso di uno studente nel GBU

Ho creduto in Gesù all’età di 14 anni e poco dopo mi sono battezzato. All’età di 13 anni cominciai a frequentare il gruppo degli adolescenti della mia chiesa di Marsala e lì compresi chi è Gesù. Fui costretto a dare la mia vita a Lui.
Dopo la scuola decisi di iscrivermi all’università. Il 1° ottobre del 2012 mi trasferii a Siena per studiare lettere moderne. Non avevo mai sentito parlare del GBU. La prima domenica andai in una chiesa e al termine del culto la persona che per prima mi avvicinò fu Giovanni Donato. Tra le altre cose mi disse che durante la settimana gli studenti si incontravano in facoltà per studiare la Bibbia. Fu il primo accenno al mondo del GBU.

Nei mesi successivi cominciai a frequentare gli incontri di studio e gli eventi del GBU Siena. Non fu difficile inserirsi in quel gruppo, non solo per la capacità dei Donato e degli studenti di accogliermi, ma soprattutto per ciò che il GBU era in sé, un gruppo di studenti cristiani che condividevano le stesse sfide e le stesse difficoltà nel mondo universitario, ma che soprattutto avevano un obiettivo comune: condividere Gesù da studente a studente a Siena. Vedere in Cristo il punto centrale di ogni attività degli studenti del GBU fu proprio ciò che più di ogni altra cosa mi convinse a dare il mio contributo alla causa del GBU e che alimentò in me il desiderio di evangelizzare, indirizzandolo nel contesto in cui mi trovavo, quello universitario.
Ad aprile del 2013 andai a Poggio Ubertini per il mio primo Convegno Studentesco Nazionale GBU. Se dovessi scegliere un momento in cui mi sentii chiamato per il lavoro del GBU in Italia sceglierei quei giorni di aprile. Fu lì a Poggio che il mio sguardo si ampliò, che vidi le risorse e i bisogni del GBU ad un livello nazionale e che il Signore mise nel mio cuore il desiderio profondo di impegnarmi in quest’opera missionaria.

Ad inizio 2016 decisi due cose importanti. La prima insieme alla mia Angela. Ci sposeremo a marzo del 2017. La seconda che, per vari motivi, a maggio sarei tornato definitivamente in Sicilia e che avrei concluso gli studi lì. La consapevolezza che il mio lavoro con il GBU si sarebbe concluso mi rendeva molto triste, ma nutrivo la speranza di poter dare una mano in Sicilia, anche se non sapevo in che modo. Al Convegno Studentesco di aprile parlai di questo con Johan Soderkvist. Non sapevo che lavoro avrei fatto e se avessi avuto del tempo a disposizione, ma contribuire in qualche modo allo sviluppo del GBU in Sicilia era il mio desiderio.
La risposta di Johan andò oltre ogni mia possibile aspettativa. Mi disse che il GBU pregava da anni per una crescita del numero di Staff nel sud Italia e per qualcuno che potesse essere una presenza fissa in Sicilia. Mi propose di cominciare a valutare la possibilità di lavorare per il GBU e cominciò a illustrarmi cosa comporta un tale percorso. Fu una bellissima conversazione. Alla fine ero colpito dal fatto che Dio mi stava aprendo una porta che andava molto al di là di ogni mia capacità di immaginazione. C’era la possibilità di dare continuità al mio servizio con il GBU. Questo mi riempiva e mi riempie tutt’ora di gioia.

Ho davvero grandi speranze per i prossimi mesi e per i prossimi anni. La strada sembra anche piena di difficoltà, ma io e Angela sappiamo che Dio porta a compimento la Sua opera. Poniamo in Lui la nostra speranza.

Domenico Campo

Tempo di lettura: 3 minuti

Il motto del GBU definisce bene la nostra missione: Condividere Gesù da studente a studente. Esistono potenzialmente tre modi per fare questo e riteniamo che tutti e tre siano egualmente importanti e necessari per un gruppo GBU: la testimonianza personale, lo studio della Bibbia in gruppo e la proclamazione pubblica. Lindsay Brown, ex Segretario Generale di IFES e coordinatore del network FEUER (di cui parleremo in questo breve articolo), afferma che i movimenti studenteschi più forti nel mondo sono proprio quelli che danno importanza a tutti e tre questi approcci all’evangelizzazione. A quanto pare, però, molti gruppi GBU nel mondo sono forti sui primi due aspetti, ma un po’ più deboli per quanto riguarda la proclamazione pubblica del messaggio del vangelo. Anche per questa ragione non molti anni fa è nato, in seno a IFES, un network chiamato FEUER che esiste proprio per rafforzare la passione per la proclamazione pubblica del vangelo nelle università dell’Europa e oltre. La sfida è grande, perché argomentare pubblicamente la nostra fede lì dove il credere in Dio viene sminuito a scapito della razionalità e del sapere, comporta coraggio, preparazione, intenzionalità e passione.

Ogni anno a novembre più di 100 persone si incontrano per 4 giorni di comunione, formazione e pratica. Coloro che prendono parte a questo raduno sono staff, studenti, collaboratori (tra questi sono inclusi leader di chiesa, accademici, artisti, ecc.) accomunati dal desiderio di vedere il vangelo proclamato pubblicamente e con vigore nel contesto universitario. Il convegno FEUER è un convegno itinerante e quest’anno si è tenuto proprio nel nostro paese, a Pescara, dal 3 al 7 novembre.

Tra le persone presenti dall’Italia c’erano alcuni staff, alcuni studenti, alcuni collaboratori, qualche accademico e un osservatore. È stata sicuramente una bella opportunità per essere nuovamente sfidati a cogliere con entusiasmo la sfida della proclamazione pubblica e abbiamo chiesto a due persone presenti di raccontarci la loro esperienza:

Quest’anno sono andata per la prima volta alla conferenza FEUER. Tutta la conferenza ruotava intorno alla riflessione, insegnamento e pratica della proclamazione pubblica del vangelo e per me è stata un’esperienza davvero ricca. Poter sentire le storie e testimonianze di diversi gruppi studenteschi di tutta Europa mi ha incoraggiato e fatto riflettere sull’importante ruolo che il GBU ha nella proclamazione della verità del Vangelo all’interno delle università italiane. Abbiamo sicuramente un grande potenziale non solo con l’evangelizzazione a tu per tu e attraverso gli studi biblici nei gruppi ma anche attraverso la predicazione evangelistica. È stato anche molto valido poter preparare ed esporre in piccoli gruppi un messaggio evangelistico con il proposito di migliorarci e di aiutarci a vicenda! Esco da questa esperienza con la consapevolezza che la sfida all’interno dell’università è grande ma anche con il cuore pieno di fiducia nella potenza del Vangelo per la trasformazione delle vite. – Carol Rocha, staff in formazione GBU Bologna

Sono stati dei giorni molto incoraggianti per me. Mi ha stupito la praticità, la concretezza di ogni messaggio. La conferenza è stata strutturata per essere una ferramenta dove rifornire la propria cassetta degli attrezzi perché tutti gli oratori, anche se usando inquadrature e metodi diversi, hanno trattato un unico tema: il vangelo puro e semplice. Ed è stato fondamentale per me, per poter affrontare quella piccola paura che mi potrebbe portare a prepararmi su ciò che penso possa essere più accettabile dal non credente piuttosto che sul vangelo puro e semplice.
Ho sentito decine e decine di testimonianze di decine e decine di paesi diversi, di persone che Dio ha usato per portare il Suo nome nei cuori di tantissimi studenti europei. L’umiltà dei testimoni e dei messaggeri era palese perché tutti sapevano che qualsiasi strumento comunicativo o strategia di propaganda non avrebbero mai potuto cambiare la vita di una persona, ma solo il vangelo. Questo è stato il più grande incoraggiamento, che davvero il vangelo di Gesu Cristo è potente a cambiare e salvare.
Vedere l’Europa unita nell’obiettivo di proclamare pubblicamente Gesù ha anche evidenziato l’unicità di ciascun paese e ciascuna cultura. Il confronto con i metodi inglesi, tedeschi, serbi, ecc. non solo mi ha fatto sentire molto italiano, ma mi ha anche fatto riflettere su quali fattori culturali e ambientali potrebbero influenzare le strategie che vogliamo mettere in atto per rendere Gesù famoso nelle università italiane. Benji Di Lullo, studente GBU, Firenze

Il GBU crede nell’importanza di proclamare il vangelo pubblicamente nelle università italiane e lavoriamo perché ogni gruppo possa non soltanto essere forte nella testimonianza personale e nei gruppi di studio biblico, ma anche nella proclamazione pubblica tramite eventi speciali, conferenze, cene, aperitivi, cineforum, ecc. Che Dio benedica i nostri sforzi!

Giovanni Donato
(Staff GBU a Siena)

Tempo di lettura: 3 minuti

Dal 3 al 7 novembre abbiamo avuto il piacere di ospitare in Italia, a Montesilvano (PE), il convegno annuale FEUER organizzato da IFES. Questo convegno esiste per far incontrare e per formare studenti, personale docente dell’università, collaboratori dei movimenti e altri che hanno a cuore la proclamazione pubblica del vangelo nell’università. Ci sono momenti in cui dobbiamo andare al di là dello studio biblico evangelistico o della testimonianza personale e alzarci in piedi nel contesto di una serata, una cena, una conferenza all’università per esporre il vangelo in modo chiaro ma anche rilevante. La rete FEUER esiste per incoraggiare chi fa questo, condividere esperienze ed essere formati. Abbiamo chiesto a Nicola Berretta (anziano di una chiesa di Roma), che ha fatto parte del percorso accademico, di condividere la sua esperienza.
Johan Soderkvist – Segretario Generale GBU

Sono stato alla conferenza FEUER! Per parlarvene dovrei forse cominciare proprio dal nome, che è sì un acronimo di “Fellowship of Evangelists in the Universities in EuRope” (Gruppo di Evangelisti nelle Università d’Europa, ndr.), ma è anche – così mi dicono – una parola tedesca che significa fuoco. In effetti un’atmosfera un po’ teutonica confesso di averla respirata. Mi riferisco soprattutto al fatto che ho partecipato alla conferenza nell’ambito del cosiddetto “percorso accademico”, cioè di coloro che operano all’interno dell’Università in qualità di docenti o di coloro che, come me, vi gravitano attorno molto strettamente. Bene, l’atmosfera che si respirava era abbastanza seriosa e a tratti intimidente, forse appunto per la presenza di docenti tedeschi che, non so perché, ma danno sempre un po’ l’impressione di prendere molto sul serio le cose che fanno.

Sto ovviamente scherzando, ma non nego di essermi preso un po’ in giro da solo, pensando all’impressione che forse trasmettevamo agli altri partecipanti al convegno, quasi che fossimo un’aristocrazia separata che si concedeva allo sguardo altrui quando si mangiava (in tavoli separati!) o avevamo l’incontro plenario nel dopo-cena. A questo aggiungo anche la sorpresa di notare che i partecipanti a questo “percorso accademico” fossero solo uomini. Pare che ciò fosse dovuto al fatto che 6 docenti di sesso femminile fossero state impossibilitate a venire. Fatto sta che stare per tre giorni dalla mattina alla sera – pause pranzo incluse – con uomini che parlano solo di fine tuning dell’universo è stata proprio dura.

Detto questo, sono davvero contento di avervi partecipato. Ci sono stati incontri molto intensivi in cui ho potuto recepire consigli davvero utili su come poter essere di testimonianza in ambito accademico e gestire anche occasioni in cui possiamo essere chiamati a parlare pubblicamente. La presenza in particolare di una persona come John Lennox, che ha presieduto gran parte degli incontri, è stata fonte di grande ispirazione, per le esperienze che ci ha condiviso e per la possibilità dunque di osservare in qualche modo da insider il modo come lui prepara e gestisce i suoi dibattiti e conferenze pubbliche. Quando si guardano su You-tube sembra tutto molto semplice e naturale per lui, mentre in realtà quella padronanza è frutto di tante ore di faticosa preparazione, e vissute poi nella costante consapevolezza di doversi rapportare con rispetto e sensibilità cristiana con l’interlocutore. Per me poi sono stati di particolare utilità i suggerimenti su come affrontare e fare miglior uso del tempo dedicato a domande e risposte dall’uditorio, che invece per me è normalmente fonte di forte insicurezza e nervosismo.

L’idea sottesa a questo “percorso accademico” era anche quella di creare una rete tra di noi, in modo da consigliarci e aiutarci l’un l’altro, oltre che creare un contesto per elaborare e discutere di tematiche di apologetica cristiana. Questo obiettivo penso che sia al momento ancora tutto da costruire, ma questa conferenza è stata certamente un buon inizio.

Al di là di tutto, questa esperienza è stata utile per me personalmente, per consolidare il mio desiderio di servire il Signore nel mio contesto professionale, e mettermi al servizio dell’opera del GBU in Italia, nei limiti delle mie capacità e delle mie possibilità.

 

Nicola Berretta

Tempo di lettura: 3 minuti

f_gbu

Quando Giovanni Donato mi propose di partecipare alla Formazione Coordinatori GBU, dal 30 settembre al 3 ottobre 2016 a Rocca di Papa, Roma, ammetto che la cosa mi suonò estranea. Pensai: “Ad Ancona (dove vivo) non è neanche presente un gruppo, perché mai dovrei formarmi per un incarico di cui non ho neanche una prospettiva futura?”… Ma facciamo un passo indietro.

A gennaio scorso, dopo anni di partecipazione alle attività/eventi GBU nazionali, Dio mise in me il desiderio di iniziare un gruppo anche ad Ancona: una città con diverse facoltà e, di conseguenza, con tanto bisogno di condividere Gesù da studente a studente. Cosi mi diedi da fare e iniziai a cercare universitari cristiani con il mio stesso desiderio, nella mia chiesa come in altre; creai tanti contatti con altri studenti, ma purtroppo non ci fu nulla di concreto. Successivamente partii per l’esperienza Erasmus fino ad agosto. Arriviamo quindi al 5 settembre, il giorno in cui ebbi la conversazione con Giovanni riguardo alla Formazione. Dopo aver ricevuto tantissimi incoraggiamenti a partecipare da tanti studenti conosciuti alla Festa GBU di aprile scorso, decisi di partecipare.

Eravamo ventisette studenti (circa uno/due per gruppo GBU delle varie università italiane) tutti riuniti e pronti a passare un intensivo weekend di preparazione ad affrontare l’anno accademico con i propri gruppi di appartenenza, ed il tutto con un solo tema: Siate santi perché Io sono santo (prima lettera di Pietro). Continua a leggere

Tempo di lettura: 3 minuti

Student Leadership Formacion è una conferenza di 10 giorni organizzata da IFES Europa in cui vengono affrontate questioni come “che tipo di persona chiama Dio a essere leader?” oppure “come posso sentire e sapere che sono stato chiamato?” e ancora “come può un leader crescere e non avere un burn out?”.

italiani a formacionDal 4 al 13 agosto 2016 ho avuto l’onore di andare in Polonia insieme ad altri 3 GBUini e imparare come essere buoni leader nella chiesa e nel ministero IFES attraverso la storia di Mosè. Posso dire con certezza che è stata una delle esperienze più incredibili della mia vita finora!

Eravamo 140 studenti da 40 paesi diversi, tutti con lo stesso ruolo di leader-coordinatori in un gruppo biblico universitario nella loro università. E’ stato molto incoraggiante conoscere altri studenti (tutti tra i 19 e i 23 anni) da diversi paesi nel mondo che servono Dio e ne sono appassionati quanto me! E’ stato molto bello poter condividere con loro le proprie esperienze di fede e anche il loro lavoro nelle università con IFES. Mi sono sentita di far parte di qualcosa di molto grande e importante e sono tornata a casa con un maggiore senso di responsabilità per il mio ruolo e con un grande entusiasmo di ricominciare quest’anno universitario.

Il programma era molto fitto e intenso ma mai pesante o stancante! E’ stato molto ben pensato! Era tutto dinamico, originale e interessante! Sono stati solo 10 giorni ma abbiamo davvero imparato tantissimo e siamo cresciuti nella nostra fede, come uomini e donne di Dio, come fratelli e sorelle amorevoli e come giovani leader consapevoli pronti ad assumersi responsabilità e a lavorare in modo efficace in un team per poter rendere Dio famoso nel migliore dei modi!

vmgvfne2Oltre alla mia crescita in Dio, è cresciuta anche la mia famiglia di credenti nel mondo! Ho fatto tanti nuovi amici con cui ho legato tanto e creato profonde amicizie nel nome di Dio che porto ancora avanti oggi. Ora ho fratelli e sorelle anche in Serbia, in Grecia, in Spagna, in Russia, in Francia, in Inghilterra, a Gerusalemme!

Ma Formacion fa anche molto altro: ti fa conoscere la tua personalità e ti insegna come usarla in modo efficace; ti dà modo e tempo per riflettere sulla tua intera vita per vedere dove Dio ha operato e quali eventi hanno plasmato chi sei oggi; ti sfida e ti incoraggia a passare un’intera giornata in solitudine con Dio, a camminare per 20 km nelle colline polacche con solo una mappa a disposizione (motivo per cui il mio gruppo ha rischiato per pochi chilometri di superare il confine e trovarsi in Slovacchia); ti fa mangiare tante tante tante zuppe, verdure a colazione e pancakes a cena; ti dà l’occasione di imparare le peculiarità delle altre culture nella serata internazionale e ti sfida a superare le tue difficoltà e paure.

Sono davvero grata a Dio per avermi permesso di partecipare a questa esperienza unica che ha cambiato la mia vita!

Debora Oxenham
(GBU Roma Tre)