Tempo di lettura: 5 minuti
Di Davide Maglie, Presidente GBU
Nelle ultime settimane sono stato colpito da notizie di cronaca che mi hanno turbato profondamente, e che hanno a che fare con il contesto in cui opera il GBU. Il 1° febbraio raggiungeva la stampa e i media nazionali la notizia del suicidio di una studentessa dell’Università Iulm di Milano. Una giovane donna di cui non conosciamo il nome, trovata morta nei bagni dell’ateneo. Poco più di un mese dopo, il 3 marzo, è arrivata la drammatica notizia del suicidio di una studentessa della Federico II di Napoli. Si chiamava Diana.
La studentessa di Milano ha lasciato una lettera di congedo dai suoi famigliari, in cui ha cercato di spiegare le ragioni del suo gesto. Sono riconducibili al senso di fallimento generale, al suo non sentirsi all’altezza delle aspettative e dei sacrifici della sua famiglia, per farla studiare. La studentessa di Napoli aveva invece costruito una falsa narrazione sul suo percorso di studi, e potrebbe non aver retto al senso di vergogna o di colpa. Aveva annunciato di essere a ridosso della laurea, quando non era così. Non sono purtroppo casi isolati. Negli ultimi tre anni, dieci studenti universitari si sono tolti la vita. E questi sono soltanto i casi noti.
Una sfida per il GBU
Non dobbiamo sottovalutare la situazione e prendere in seria considerazione lo stato della salute mentale degli studenti cui il ministerio GBU si relaziona. Il 15 febbraio, a seguito dello choc per il suicidio di Milano, Emma Ruzzon, presidente del Consiglio degli studenti dell’Università di Padova, durante il suo intervento all’inaugurazione dell’anno accademico affermava: “Quand’è che studiare è diventato una gara? Da quando formarsi è diventato secondario rispetto al performare? Tutto quello che sappiamo è che una vita bella, una vita dignitosa, non ci spetta di diritto, ma è qualcosa che ci dobbiamo meritare”. Parole che devono farci riflettere.
Dobbiamo attivarci come ministerio e quindi attrezzarci e sensibilizzare i nostri collaboratori, soprattutto la nostra prima linea, a porre la giusta attenzione nel riconoscere i segni di disagio, di malessere esistenziale, i segnali non verbali o espressi in modo indiretto. Ma voglio aggiungere qualcosa di personale, che potrebbe spiegare le ragioni del mio turbamento emotivo davanti alle notizie che vi riporto.
La mia esperienza personale
Sono stato uno studente universitario che ha vissuto interruzioni traumatiche nel proprio percorso di vita: la persona con cui condividevo la preparazione dei miei esami, il mio alter ego accademico, era un’amica, si chiamava Cristina, e perse la vita in un incidente stradale la notte di Capodanno del 1992. Ci eravamo salutati qualche settimana prima, a metà dicembre, con l’impegno di riprendere la preparazione degli esami del piano di studi comune, al rientro dalle vacanze natalizie. Tutti gli esami preparati insieme erano andati bene ed eravamo incoraggiati dai risultati conseguiti. Questa notizia produsse in me uno scombussolamento emotivo, acuito da altri traumi sopraggiunti, e mi rese incapace di concentrarmi sullo studio.
In quel periodo mi “tenne a galla” l’impegno attivo in un ministerio di chiesa, che occupava le mie giornate. Dentro di me, però, scavavano il senso di colpa e quello di inadeguatezza: frequentavo le lezioni, ma non riuscivo in alcun modo a concentrarmi nella lettura dei testi di studio. In diverse occasioni uscii di casa per andare a svolgere gli esami, ma non raggiungevo le aule dove avrei dovuto sostenerli. Non riuscivo ad accettare la morte di quella ragazza sensibile, intelligente e generosa. Ero arrabbiato con Dio ed ero entrato in una sorta di buco nero; e se anche all’esterno sorridevo e dicevo “va tutto bene, il Signore è buono e provvederà ai miei bisogni” dentro di me ero emotivamente dilaniato.
Alla fine, l’amore della famiglia biologica e di quella spirituale mi aiutarono a riorientare la mia vita in una direzione più sana e soddisfacente. Superai la fase acuta della crisi e arrivai a completare il ciclo di studi. Ma da solo non ce l’avrei mai fatta. Mi ricordo bene, anche se non ne ho mai parlato volentieri e mai in pubblico, la frustrazione, anzi la depressione, la rabbia, il senso di autocommiserazione che mi avevano bloccato e non mi facevano progredire nel percorso di studi.
Intorno a noi, portatori di sfide nascoste
Cari Staff e studenti che partecipate alle attività del GBU, voglio incoraggiarvi a guardare quanti si relazionano a voi come potenziali portatori di sfide nascoste. Se da voi si sentiranno giudicati non apriranno veramente il loro cuore. Se voi presenterete solo modelli normativi, di alta spiritualità, vi potranno sorridere e dire “amen”, ma non li raggiungerete dove stanno, nel cuore dei loro conflitti. Siate capaci di accogliere e spronare, senza giudicare. Fate emergere il loro senso di fallimento, le loro insicurezze, le loro sfide condividendo le vostre. Non dovete raccontare ogni dettaglio, è sufficiente che siate onesti e aperti, sinceramente interessati alle loro vite.
Ritengo possano aiutarci le parole dell’Ecclesiaste:
“Per tutto c’è il suo tempo, c’è il suo momento per ogni cosa sotto il cielo: un tempo per nascere e un tempo per morire, un tempo per piantare e un tempo per sradicare ciò che è piantato, un tempo per uccidere e un tempo per guarire, un tempo per demolire e un tempo per costruire; un tempo per piangere e un tempo per ridere, un tempo per far cordoglio e un tempo per ballare, un tempo per gettar via pietre e un tempo per raccoglierle, un tempo per abbracciare e un tempo per astenersi dagli abbracci; un tempo per cercare e un tempo per perdere, un tempo per conservare e un tempo per buttar via, un tempo per strappare e un tempo per cucire, un tempo per tacere e un tempo per parlare; un tempo per amare e un tempo per odiare, un tempo per la guerra e un tempo per la pace.
Che profitto trae dalla sua fatica colui che lavora? Io ho visto le occupazioni che Dio dà agli uomini perché vi si affatichino. Dio ha fatto ogni cosa bella al suo tempo: egli ha perfino messo nei loro cuori il pensiero dell’eternità, sebbene l’uomo non possa comprendere dal principio alla fine l’opera che Dio ha fatta.”
Ecclesiaste (3:1-11)
Queste parole hanno un’enorme forza magnetica, un flusso poetico che continua a scuoterci, a non lasciarci indifferenti.
Dentro l’esistenza umana trova spazio sia ciò che è desiderabile che quanto eviteremmo volentieri, dentro un ciclo cronologico che assume la forma di oscillazione di un orologio, anzi di un pendolo. Qoelet/Ecclesiaste non è un idealista che auspica, ottimisticamente, un periodo di pace e festa in grado di cancellare la dimensione meno desiderabile dell’esistenza. Come ricorda il biblista William P. Brown: “Ogni attività ha la sua stagione e le stagioni hanno un loro posto nel ritmo dell’eterna rotazione, non è appropriato danzare in tempo di lutto, il pianto non si addice ai festeggiamenti, il silenzio quando sono in gioco i diritti degli oppressi. Persino l’odio ha il suo tempo, come ricordano i salmi di imprecazione.” La vera sfida del saggio è quindi “riconosci quale sia il tempo che stai vivendo”. Discernere il tempo opportuno e quello non opportuno per dire alcune cose, per compiere alcune azioni.
Un appello
Caro lettore, quando “condividi Gesù” sii aperto alle vite delle persone a cui ti stai rivolgendo. Saranno necessarie saggezza e discrezione, in alcune fasi e momenti; ma serviranno anche coraggio e intraprendenza, quando dovrete porre “le domande che contano”, le più difficili, per raggiungere gli studenti dove si trovano e aiutarli veramente, nel tratto di cammino che farete insieme. Ci sarà un tempo per camminare uniti e poi dovrete lasciare andare. Questa separazione alla fine del ciclo di studi è anche naturale e fisiologica.
Certo, speriamo di ritrovarli più avanti quegli studenti, diventati uomini e donne maturi e consapevoli, capaci di raccogliere il testimone e passare ad altre generazioni quel senso di stupore e consapevolezza della vita. Dentro una saggezza divinamente ispirata e cristologicamente orientata e, chissà, collaboratori a vario titolo del GBU. Ma “c’è un tempo per ogni cosa”, riconosci il tempo che stai vivendo e resta in ascolto dei progetti di Dio per la tua vita.
“Infatti io so i pensieri che medito per voi”, dice il SIGNORE: “pensieri di pace e non di male, per darvi un avvenire e una speranza.” (Geremia 29,11).