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di Simon Cowell, Staff GBU Puglia

Uno dei miei passi biblici preferiti è Filippesi 1. La lettera ai filippesi è giustamente conosciuta come “la lettera della gioia”, per il grande feeling che c’è fra l’apostolo Paolo e questa piccola chiesa situata nell’antica città romana di Filippi. Appena fatti i saluti iniziali, Paolo scrive così:

 
Io ringrazio il mio Dio di tutto il ricordo che ho di voi; e sempre, in ogni mia preghiera per tutti voi, prego con gioia a motivo della vostra partecipazione al vangelo, dal primo giorno fino ad ora. E ho questa fiducia: che colui che ha cominciato in voi un’opera buona la condurrà a compimento fino al giorno di Cristo Gesù.

Filippesi 1:3-6

Avete notato il motivo primario per questo profondo ringraziamento da parte dell’apostolo?  È la loro partecipazione al vangelo – questa buona opera cominciata in loro da Dio, per rendere i filippesi non solo ricevitori del vangelo, ma partecipanti attivi in esso. A volte consideriamo poco quanto meravigliosa sia questa frase. Paolo, un gigante della chiesa primitiva, il primo grande missionario della storia, uomo scelto da Dio per portare il vangelo ai gentili – lui considerava la collaborazione di questa chiesa, piccola ed insignificante, come una cosa preziosissima, motivo di vera gioia. Come mai?

La collaborazione nel vangelo

Paolo sapeva che l’opera del vangelo è troppo ampia, troppo vasta e troppo importante da essere lasciata solo ai “professionisti”, o agli “esperti” (anche a quelli capaci e bravi come gli apostoli!) Proclamare Gesù e la vita eterna in Lui è la missione primaria della chiesa, di tutta la chiesa, inclusa questa piccola comunità a Filippi. È questo un principio biblico fondamentale: ogni ministero cristiano è una collaborazione. Nel caso di Paolo e i filippesi, era Paolo ad attraversare il mediterraneo (più di una volta!) predicando Cristo e fondando chiese, ed erano i filippesi a contribuire in due modi importantissimi: il sostegno in preghiera, e il sostegno finanziario.

L’importanza della preghiera

Parlando del suo imprigionamento e dei suoi “rivali” nel vangelo, Paolo scrive ai filippesi: “so infatti che ciò tornerà a mia salvezza, mediante le vostre suppliche e l’assistenza dello Spirito di Gesù Cristo”. Anche se non erano presenti con lui fisicamente, nelle sue difficoltà esprimeva Paolo l’importanza delle loro preghiere – l’unica cosa menzionata oltre l’aiuto dello Spirito Santo!

Collaborare nel vangelo vuol dire pregare – intercedere con il Signore degli Eserciti, affinché faccia ciò che può fare solo Lui: trasformare i cuori e le menti per accettare Cristo Gesù e la vita eterna in lui solo.

L’importanza del donare

Sempre ai filippesi, Paolo parla più di una volta delle gioia che lui ha nella loro collaborazione finanziaria nel vangelo:

ho avuto una grande gioia nel Signore, perché finalmente avete rinnovato le vostre cure per me… nessuna chiesa mi fece parte di nulla per quanto concerne il dare e l’avere, se non voi soli

(4:10, 15)

Paolo ribadisce anche che questa collaborazione finanziaria non è una questione relativa al suo bisogno, e certamente non alla sua avarizia. Sottolinea invece i benefici per i filippesi, a motivo della loro generosità:


Non lo dico perché io ricerchi i doni; ricerco piuttosto il frutto che abbondi a vostro conto… Il mio Dio provvederà a ogni vostro bisogno, secondo la sua gloriosa ricchezza, in Cristo Gesù

(4:17, 19)

Tutto ciò per dire che donare a quelli che proclamano il vangelo non è né un sacrificio, né un investimento, ma un mezzo con cui Dio può benedirci. Nel donare cresciamo nei frutti spirituali; nel donare riceviamo dalla ricchezza divina. Non c’è da meravigliarsi che l’apostolo fosse pieno di gioia vedendo questi suoi cari fratelli mostrare pienamente l’opera dello Spirito Santo in loro!

Il GBU, il vangelo e te

La collaborazione nel vangelo, dunque, è uno dei motivi principali per il ringraziamento e per la gioia dell’apostolo Paolo. La missione del GBU è che la proclamazione del vangelo di Gesù Cristo continui anche oggi in ogni ateneo italiano – che possiamo in qualsiasi modo condividere Gesù da studente a studente. Ma come Paolo non poteva e non voleva svolgere questo progetto da solo, così è per noi del GBU.

Cerchiamo collaboratori! Cerchiamo persone che siano disposte a lottare in preghiera insieme a noi, che siano desiderosi anche loro di vedere Gesù proclamato e glorificato nelle facoltà italiane, e che vogliano sostenere questa opera con i loro beni materiali. Se tu non sei già un nostro collaboratore, o un nostro socio, o un nostro sostenitore, oggi è il giorno di entrare in questa bellissima collaborazione – per la salvezza delle anime individuali, per la crescita della chiesa italiana (e non solo!), e per la nostra edificazione reciproca. Per saperne di più, clicca il link sotto!

https://gbu.it/investi/come-donare/

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Vivere nel mondo di oggi può essere spaventoso! Ci sono così tante paure che si presentano in forme e intensità diverse, da quelle globali come le pandemie o le guerre, a quelle personali come il fallimento degli studi o delle relazioni. Possono essere razionali come forme di autoconservazione, o irrazionali e paralizzanti. Per quanto i media ci mostrino una tragedia dopo l’altra e i social network aumentino la pressione per diventare una versione irrealisticamente perfetta di noi stessi, l’importanza della salute mentale non è mai stata così discussa come oggi

Essere cristiani ed essere ansiosi?

Cercare di dare un senso a questo sviluppo apparentemente contraddittorio da soli, fa girare la giostra dei pensieri nella nostra testa, ma come cristiani si aggiunge un’altra difficoltà: l’aspettativa di essere totalmente in pace con qualsiasi cosa il mondo ci getti addosso, perché abbiamo questa grande promessa che un giorno il Signore ci accoglierà a braccia aperte nella nostra casa eterna; tutti i problemi e le sofferenze che stiamo vivendo ora non saranno più nemmeno un lontano ricordo, ma completamente dimenticati. Sebbene ognuna di queste affermazioni sia vera e motivo sufficiente per adorare, lodare e soprattutto ringraziare il Signore in ogni singolo giorno in questo mondo, non è la fine della storia.

Nella maggior parte dei casi questa verità sul nostro futuro ci riempie di un’incredibile speranza, ma se a volte non è così, può anche essere fonte di senso di colpa e di vergogna, entrambi sentimenti che nessuno ammette volentieri di avere e che quindi possono far pensare che siamo da soli ad affrontarli. Ma non lo siamo e questo è il primo e sicuramente tra i più importanti insegnamenti che ho tratto dalla Festa GBU di quest’anno, dedicata al tema dell’ansia

Formare comunità contro l’ansia

Più di 150 cristiani provenienti da tutta Italia e dal mondo sono venuti in questo piccolo centro congressi in mezzo al nulla, con ulivi e vigneti a perdita d’occhio, per trascorrere un fine settimana pieno di pioggia primaverile trafitta da raggi di sole, conversazioni ispirate, risate e musica. 

Anche se questo sembra il luogo perfetto per dimenticarsi dei pensieri e delle emozioni che si susseguono, era esattamente il posto giusto per non essere distratti, ma per imparare e condividere e costruire insieme una comunità in cui è sicuro fare domande ed essere vulnerabili. Sperimentarlo in prima persona ci aiuta a creare un ambiente simile anche nei nostri gruppi GBU locali, nei nostri gruppi di amici e all’università, per rendere più facile per le persone raggiungere e chiedere supporto.

Dio ci sostiene nella lotta

Nel corso dei quattro giorni abbiamo ascoltato tante testimonianze incoraggianti, in primo luogo dal nostro incredibile oratore ospite Daniele Recca, e come nella Bibbia Dio abbia sostenuto le persone in situazioni difficili. In 1.Re 19:1-18, leggiamo della lotta di Elia per vedere il piano di Dio mentre è in fuga per la sua vita e vediamo come il Signore provvede a fargli continuare la sua opera di profeta. 

Anche Gesù stesso ci assicura nel suo famoso sermone sul monte che Dio, come nostro Padre celeste, provvederà a tutto ciò di cui abbiamo bisogno quando cercheremo il suo regno e la sua giustizia invece di preoccuparci dei problemi che il domani potrebbe portare (Matteo 6:32-34). 

Contro l’ansia nella pratica

Sebbene la Bibbia offra molte parole incoraggianti ed esempi di persone che prosperano grazie alla potenza del Signore, per me i più utili in questo fine settimana sono stati gli estratti di alcune lettere dell’apostolo Paolo che offrono consigli più pratici su come affrontare l’ansia e le lotte emotive su base quotidiana. In particolare il seguente versetto: “Dio infatti non ci ha dato uno spirito di paura, ma di forza, di amore e di autocontrollo”. (2.Tim 1,7), che Daniele Recca ha citato in uno dei suoi interventi, mi è rimasto impresso anche dopo la Festa e continua a darmi forza per affrontare un mondo che spesso sembra venderci la paura. 

Possiamo concentrarci per rendere la nostra fede ancora più potente e resistente, come nell’esempio di Paolo che loda e ringrazia il Signore anche nelle più grandi difficoltà. 

Quando reagiamo alle situazioni di paura, possiamo pregare che ciò ci aiuti a esercitare l’autocontrollo e a gestire le nostre emozioni in modo costruttivo, in modo che la nostra reazione sia deliberata e non impulsiva.

Ma soprattutto possiamo seguire l’esempio di Gesù e guardare oltre noi stessi servendo, curando e amando coloro che ci circondano, il che non è una negazione della paura, ma una risposta ad essa, che riflette una fiducia che supera le circostanze immediate, una fiducia totale che il Signore ci salverà e ci porterà al sicuro nel suo regno celeste (2.Tim 4,18).

Lena Zuspann (GBU Torino)

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Emanuele Berti ci racconta la sua esperienza con la “Settimana di Eventi” che il gruppo GBU Firenze ha organizzato dall’11 al 14 marzo.

PREPARAZIONE 

La preparazione della settimana, per me, è stata un processo tanto stimolante quanto formativo. Ha avuto inizio alcuni mesi fa e si è rivelata una sfida continua. La scelta del tema e il suo sviluppo sono stati particolarmente complessi. Ogni volta mi trovavo a dubitare del risultato, e incontravo difficoltà nel capire quale fosse un approccio adatto per coinvolgere gli studenti. Inizialmente, ho esplorato concetti come la vittoria e la sconfitta, e il significato della vita, focalizzandomi sulla realtà degli studenti universitari. 

Successivamente, sotto la guida del Signore, ho orientato il tema verso l’insoddisfazione. In collaborazione con gli altri coordinatori e lo staff, abbiamo cercato modi per affrontare questo argomento con gli studenti. Abbiamo optato però un approccio diretto con gli studenti attraverso delle domande, che utilizziamo spesso con il Gbu per avviare la discussione. Abbiamo inoltre utilizzato un cartellone, che sintetizzava il concetto di insoddisfazione attraverso due frasi chiave: 

  1. “Gli esseri umani sono spesso insoddisfatti non perché desiderano troppo, ma piuttosto perché desiderano troppo poco.” Di C.S. Lewis
  2.  “Chi beve dell’acqua che io gli darò, non avrà più sete.” Giovanni 4:14

Mi sono reso conto in questa preparazione di quanto rivisitare e rielaborare costantemente le idee sia un processo impegnativo e faticoso, ma ne ho compreso l’essenzialità e quanto sia necessario; non solo per preparare una settimana evangelistica! 

L’OPERA È NELLE SUE MANI 

Abbiamo pianificato i giorni di evangelizzazione con la preghiera personale durante le mattine, e dedicando i pomeriggi all’evangelizzazione e all’interazione con gli studenti. Il primo giorno, ci siamo riuniti per un’analisi e studio del vangelo, esplorando il suo significato e come trasmetterlo agli studenti. L’entusiasmo e la gioia che ho provato durante il primo giorno di preparazione erano così intensi che il giorno successivo mi sono ritrovato a letto con febbre, nausea e mal di gola! Ho trascorso due giorni a letto. 

Inizialmente, ero dispiaciuto di non poter partecipare, ma poi ho provato grande gioia nel sapere che gli altri erano all’università, condividendo la Parola di Gesù con gli studenti. Ho realizzato che la Parola e il vangelo sono liberi, non sono imprigionati, e continuano a diffondersi, nonostante le nostre limitazioni

SIAMO FORTI SOLO NEL SIGNORE 

L’ultimo giorno, dopo molta preghiera, sono riuscito a trovare la forza di alzarmi dal letto e raggiungere l’università, unendomi agli altri. Nonostante fossi ancora ammalato, senza voce, con un po’ di febbre e stanchezza, ho sperimentato come il Signore operi proprio nella nostra debolezza. Il calore del sole e le conversazioni incoraggianti hanno risollevato il mio spirito. Per attirare persone, avevamo deciso di utilizzare una porticina e un pallone. All’inizio, non hanno suscitato molto interesse, ma una volta capito come sfruttarli, il Signore ha agito in modo straordinario. Abbiamo proposto un gioco in cui, in cambio di un premio (una caramella), le persone dovevano rispondere ad una domanda. Oltre al cartellone principale, ne abbiamo esposto un altro con lo schema dei due modi di vivere, rappresentato da sei immagini che illustrano il vangelo. È stato sorprendente notare che quasi tutte le persone, almeno una decina, hanno compreso da sole il significato del vangelo dopo che gli avevo chiesto di provare a capire cosa significassero le immagini. È stato un vero miracolo, e alcune persone hanno anche accettato di venire al Mark Drama

SODDISFATTI 

Questi giorni mi hanno fatto comprendere ancora di più che solo il Signore Gesù può veramente soddisfare. Possiamo trovare molte religioni, idee e fonti di divertimento, ma solo Gesù può riconciliarci con Dio. Lui è l’unico giusto, l’unico uomo senza peccato, l’unico in grado di riscattarci e donarci una soddisfazione eterna, una soddisfazione che non conosce fine. Lui è l’acqua che disseta… per sempre! Attraverso la sua misericordia, Dio accoglie ogni studente, che sia stato un bestemmiatore per tutta la vita, un arrogante o un ateo. Se si ravvedono e credono in Gesù, possono essere riconciliati e Dio li aspetta a braccia aperte, gioendo per la pecora smarrita che è stata ritrovata, per colui che era morto ed è tornato alla vita.

Emanuele Berti, studente GBU Firenze

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Di Andrea Aresca

La limitatezza del tempo e le priorità

Essere consapevoli della limitatezza del nostro tempo è il punto di partenza per gestirlo in modo efficace. Mosè, dopo aver riflettuto sulla fragilità e la brevità della vita umana, chiese a Dio: “Insegnaci dunque a contare bene i nostri giorni, per acquistare un cuore saggio.” (Salmo 90:12). Comprendere che i nostri giorni sono contati (e non infiniti come quelli di Dio!) ci fornisce la saggezza necessaria per le scelte della vita.

Proprio perché il tempo è limitato, dobbiamo comprendere bene quali siano le priorità, le “palline da golf” (come nel video che abbiamo visto insieme) da inserire per prime nel nostro “barattolo”. Infatti, se iniziamo a riempire con le “piccole cose” la nostra vita, rischiamo di non avere più spazio per ciò che è veramente importante.

Sapere quello che è più importante non è sufficiente

A volte, definire quello che è prioritario in una determinata fase della nostra vita può non essere facile (vedremo alla fine una domanda che ci può aiutare in questo). La chiarezza su quali siano le nostre priorità, però, non è comunque sufficiente. Quante volte, infatti, facciamo fatica a trovare il tempo per quello che è più importante? E quante volte (parlo per esperienza…) anche quando avremmo il tempo, lo dedichiamo ad altro?

Questo è dovuto al fatto che le nostre azioni (e quindi anche come usiamo il nostro tempo!) sono determinate non solo dalle nostre intenzioni. Infatti tutti siamo continuamente influenzati nel nostro comportamento dagli stimoli del mondo esterno e dalla nostra condizione fisica, emotiva e spirituale. 

I fattori che influenzano l’uso del tempo.

Ci sono fattori che ci aiutano ad usare in modo efficace ed efficiente il nostro tempo, ed altri che ci ostacolano in questo. Abbiamo quindi bisogno di essere consapevoli di queste dinamiche personali e di adottare metodi e strumenti che ci aiutino a gestire il loro impatto (positivo o negativo) su di noi.

Alcuni di questi fattori sono, ad esempio:

  • l’attenzione (pensiamo anche solo all’impatto delle notifiche del nostro cellulare)
  • l’energia (è esperienza di tutti che siamo meno produttivi quando siamo più stanchi)
  • l’ambiente (il luogo e le persone con cui studiamo o lavoriamo possono essere fonte di distrazione).

Al di là delle nostre preferenze ed abitudini personali, è provato che la pianificazione del nostro tempo (ad esempio utilizzando uno strumento come la settimana ideale) ci aiuta a rimanere più focalizzati sulle attività importati ed anche a gestire efficacemente questi fattori.

La domanda più importante.

Come figli di Dio, siamo chiamati ad utilizzare al meglio il tempo che il Signore ci dona. Dobbiamo essere consapevoli, però, che non potremo mai fare tutto quello che “potremmo” fare, e che dovremo necessariamente scegliere cosa è davvero prioritario.

Per comprenderlo è molto utile pensare al futuro, al momento in cui la stagione della vita che stiamo vivendo (ad esempio, gli anni dell’università) avrà il suo termine e chiederci: “cosa rimarrà di questi anni?”.

Forse alcune cose che adesso ci preoccupano così tanto non le ricorderemo nemmeno. Forse alcune cose a cui adesso stiamo dedicando poco tempo avranno un impatto ben superiore di quello che pensiamo…

La cosa più importante.

E’ proprio al futuro e a quello che rimarrà a cui Gesù fece riferimento quando parlò con una donna sicuramente molto “produttiva”, ma che aveva trascurato quello che era veramente importante:

Marta, Marta, tu ti affanni e sei agitata per molte cose, ma una cosa sola è necessaria. Maria ha scelto la parte buona che non le sarà tolta.” (Lu 10:41).

Tra le tante cose da fare, passare del tempo con il Signore è sempre quella più importante, che ci potrà anche dare la saggezza e la forza per affrontare ogni altra.

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Quanto è facile perdere o sperperare un’eredità. Se scrivi le parole “eredita sperperata” su Google escono una serie di storie una più triste di un’altra:

“Donna eredita una fortuna, sperpera tutto e finisce a vivere in strada.” 

“Mio fratello ha sperperato i soldi di mia madre e adesso non vuole nemmeno contribuire alle spese funebri.” 

“Spendeva 92mila euro al mese. L’eredità sperperata di Lisa Marie Presley – figlia di Elvis.”

Quest’anno alla Festa GBU abbiamo pensato all’eredità del discepolo di Cristo, di ciò che aspetta il credente nel futuro. Per chi vive oggi per fede in Cristo, il meglio sta per venire. Non è qui nel presente, è nel futuro; e il discepolo deve semplicemente alzare lo sguardo per contemplarlo. 

Abbiamo studiato 3 brani per meditare su questo futuro sicuro: 1 Pietro 1:3-5, Ebrei 12:1-3 e 2 Timoteo 4:1-5.

Le caratteristiche di questa eredità

Pietro ci ha esortati a gioire del fatto che siamo un popolo custodito per una eredità custodita, tutto grazie alla grande misericordia del Signore. Tre parole sono utilizzate per descrivere questa eredità: incorruttibile, senza macchia e inalterabile. 

Incorruttibile – Isaia descrive la nostra esistenza come coperta da un velo – un velo che copre la faccia di tutti i popoli (Isaia 25:6). La morte. Qualsiasi organismo che vive oggi in questo mondo è soggetto alla corruzione della morte che consuma e contamina ogni cosa. Tranne che l’eredità del credente. È incorruttibile!

Senza macchia – difetti, impurezza, oscurità. È perfetta in ogni senso, è la definizione della bellezza e non può mai essere contagiata dal nostro peccato. È senza macchia!

Inalterabile – è protetta dalla morte, e protetta dalla malvagità ed è anche protetta dal tempo. È un’eredità che non invecchia. Il tarlo, la tignola non possono distruggerla. La ruggine, il sole non avranno nessun effetto su di essa. È inalterabile!

Un’eredità custodita in cielo dal Signore per un popolo custodito dalla potenza di Dio – la potenza che ha creato il sole, le stelle, i buchi neri, l’Himalaya, la Fossa delle Marianne. La potenza che ha risorto Gesù dalla morte! Quella stessa potenza sta funzionando come uno scudo intorno agli eredi per portarli alla fine del loro cammino. Festeggiamo la certezza della nostra eredità!

Lo sguardo fisso sul campione!

L’autore della lettera agli Ebrei invece spiega che i figli di Dio sono un popolo che persevera fino alla fine fissando lo sguardo su Gesù. Corrono con perseveranza, convinti della possibilità di finire la gara, gettando ogni distrazione e distruggendo ogni peccato che vorrebbe ingannare l’erede. Perseverano con lo sguardo su Cristo, il modello, il mezzo e la medaglia della fede.

Il modello, l’esempio di come correre con perseveranza. Guardate il suo coraggio: non ha mollato. Osservate la sua convinzione, focalizzato sulla meta. Riflettete sulla sua sottomissione alla volontà del Padre, e notate la cronologia della fede: sofferenza ora, gioia nel futuro, croce prima, corona dopo.

Il mezzo, grazie alla sua corsa, grazie alla sua perseveranza, il credente oggi può correre nella gara della fede, sicuro che la strada non è più bloccata dal suo peccato. Può arrivare fino alla presenza del Padre, grazie a Gesù!

La medaglia è ciò che aspetta l’atleta della fede alla fine del suo percorso. Gesù stesso è il premio della fede, lui è l’eredità. Il credente non corre per vincere una medaglia d’oro, o una maglietta gialla, o lo scudetto, o la coppa del mondo. Il credente riceverà alla fine di questa gara, una cosa molto, ma molto più preziosa – Gesù stesso, incorruttibile, senza macchia e inalterabile! Noi vinciamo lui e lui vince noi!

Passare il testimone

Paolo con le sue ultime parole implora suo figlio nella fede, Timoteo, a passare alla prossima generazione il messaggio dell’eredità. L’erede sicuro della sua eredità, sicuro che arriverà alla fine della gara grazie alla potenza di Dio e grazie alla sua perseveranza, è chiamato a predicare la parola dell’eredità alla sua e alla prossima generazione. Ed è chiamato a farlo con urgenza, con pazienza e con sofferenza. 

Gli scoraggiamenti, le delusioni, le frustrazioni, gli ostacoli, gli attacchi e l’opposizione fanno parte della vita del credente. Vergogna nel presente, gloria nel futuro. La croce oggi, la corona in quel giorno. Sofferenza ora, eredità incorruttibile, senza macchia e inalterabile al ritorno di Cristo. Questa è la speranza viva del discepolo di Cristo! Dio ci porterà mediante la fede fino a quel giorno e quindi corriamo con perseveranza, occhi fissi sul premio, su Gesù, annunciando a tutti la Parola.

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Di Hannah Donato, Responsabile Formazione e Cura Coordinatori Studenti

Efesini 4:11-16 

È lui che ha dato alcuni come apostoli, altri come profeti, altri come evangelisti, altri come pastori e dottori, 12 per il perfezionamento dei santi in vista dell’opera del ministero e dell’edificazione del corpo di Cristo, 13 fino a che tutti giungiamo all’unità della fede e della piena conoscenza del Figlio di Dio, allo stato di uomini fatti, all’altezza della statura perfetta di Cristo; 14 affinché non siamo più come bambini sballottati e portati qua e là da ogni vento di dottrina per la frode degli uomini, per l’astuzia loro nelle arti seduttrici dell’errore; 15 ma, seguendo la verità nell’amore, cresciamo in ogni cosa verso colui che è il capo, cioè Cristo. 16 Da lui tutto il corpo ben collegato e ben connesso mediante l’aiuto fornito da tutte le giunture, trae il proprio sviluppo nella misura del vigore di ogni singola parte, per edificare se stesso nell’amore.

Crescere

Che cosa significa crescere e diventare maturi? Sia spiritualmente che fisicamente, ci sono molti aspetti del significato di crescita e maturità. Come cristiani dobbiamo crescere fino a raggiungere “l’altezza della statura perfetta di Cristo”, wow! Come parte del Suo corpo, ogni membro deve cercare di lavorare e contribuire a questa visione di vedere tutti diventare pienamente maturi in Gesù, usando i doni che Dio ci ha dato all’interno della Chiesa per edificare gli altri.

Qualcosa di simile succede anche in famiglia. Io e Giovanni abbiamo 3 figli e la nostra primogenita Isabella ha quasi 11 anni, e ha appena iniziato la scuola media. È in un momento della sua vita in cui ha iniziato a fare molte cose “da sola”. Ha iniziato a prendere l’autobus da sola, a volte deve preparare il pranzo e fare anche i compiti da sola. Come genitori, io e Giovanni cerchiamo di incoraggiarla a prendere l’iniziativa, a pensare in anticipo e a fare le cose senza dipendere solo da noi.

Nella mia vita lavorativa con il GBU vedo molti parallelismi tra l’essere genitore e l’essere uno staff GBU: in entrambi i casi desideriamo che le persone crescano e diventino un po’ indipendenti. È un po’ come essere una madre, una zia o una sorella maggiore; il rapporto che si instaura tra lo staff e i coordinatori è, infatti, molto stretto, ricco di momenti di insegnamento, sostegno, preghiere, chiacchierate, formazione, caffè e molto altro. All’università e attraverso i gruppi GBU spesso gli studenti cristiani fanno le prime esperienze nell’evangelizzazione, nella conduzione di studi biblici, nel rispondere alle domande delle persone, nel servire; è un grande momento e un’opportunità di crescita e maturità e, in quanto staff, affiancarli è un privilegio. 

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Di Giovanni Donato, Staff GBU Siena

Un nuovo anno accademico è iniziato e, come ogni anno, il GBU ha organizzato la Formazione dei coordinatori, il convegno al quale partecipano tutti quelli che saranno studenti coordinatori del GBU. A me, quest’anno, è stato chiesto di occuparmi della predicazione biblica dal libro di 2 Timoteo, cosa che ho accolto con grande onore e piacere. 

Probabilmente 2 Timoteo è uno dei testi più adatti per un ritiro del genere, il quale obiettivo è quello di esortare, formare, sfidare i coordinatori GBU. Dico questo perché è proprio quello che Paolo desidera fare con Timoteo scrivendo questa lettera, e ogni esortazione, ogni rimprovero, ogni sfida che Paolo lancia al giovane leader Timoteo è facilmente applicabile ai giovani leader studenteschi che si apprestano ad iniziare un nuovo anno accademico con entusiasmo, ma non senza delle preoccupazioni.

Nei quattro giorni insieme siamo riusciti a considerare e meditare sull’intera lettera, ma qui di seguito vorrei soltanto limitarmi a sottolineare due insegnamenti principali da 2 Timoteo: 

La chiamata alla leadership cristiana è una chiamata alla sofferenza

Più volte, nei quattro capitoli che compongono 2 Timoteo, Paolo menziona la parola sofferenza; incoraggia il giovane conduttore ad essere pronto a soffrire per il vangelo (1:8) e a sopportare con pazienza le sofferenze che incontrerà nel ministero (2:3, 4:5). Gli ricorda che anche lui sta soffrendo senza vergogna per il vangelo (1:12, 2:9), che anche lui sta sopportando pazientemente la sofferenza per amore degli eletti (2:10), che tutto il suo ministero è stato segnato dalla sofferenza (3:11); lo informa del fatto che è stato abbandonato da tutti quelli che fino a quel momento gli erano stati vicini (1:15, 4:9-10, 4:16) e di come era stato attaccato in modo violento da qualcuno che fino a poco prima riteneva un suo amico (4:14-15). Dice chiaramente a Timoteo che tutti quelli che sceglieranno di fare sul serio con Dio (“vivere piamente”) dovranno necessariamente confrontarsi con la persecuzione (3:12). Wow, messa così la chiamata alla leadership non sembrerebbe molto invitante… Tuttavia, Paolo in questa lettera non dice soltanto che la chiamata alla conduzione è soltanto una chiamata alla sofferenza (grazie a Dio!), ma è anche una chiamata gloriosa!

La chiamata alla leadership cristiana è una chiamata gloriosa.

Nella sua lettera, Paolo sottolinea più volte l’importanza, l’onore e anche la bellezza del servire Dio. Ricorda a Timoteo che la santa chiamata a servire il Re dei re non si riceve a motivo della buona condotta, ma esclusivamente per la gloriosa grazia di Dio (1:9) che è stata manifestata al mondo con l’apparizione del Salvatore nostro Gesù Cristo (1:10). Gli spiega che per una chiamata così gloriosa vale la pena soffrire (1:12) e che Dio è colui che ci sorreggerà mediante la sua potenza (1:8) e ci custodirà con cura fino al giorno in cui potremo deporre le armi (1:12). Esorta il giovane Timoteo a investire tempo ed energie in persone che un giorno avrebbero preso il suo posto affinché la fiamma dell’evangelo potesse continuare a rimanere accesa ed essere trasmessa lungo il dispiegarsi della storia (2:2); lo esorta a vegliare, a prendersi cura e proteggere il corpo di Cristo (2:14, 3:1-9), vegliando su di esso con amore, umiltà, pazienza e coerenza (2:15-16, 2:22-25). Lo invita a predicare fedelmente e con passione (4:2) la Parola ispirata di Dio (3:16), ad utilizzare i doni che Dio gli ha dato (1:6) e ad adempiere fedelmente il servizio che il Signore gli aveva affidato (4:5) perché alla fine di questa grande avventura lo avrebbe aspettato l’ingresso nel regno celeste di Dio (4:18a) e la corona di giustizia che il Signore, il giusto giudice, assegnerà a tutti coloro che hanno atteso con gioia il ritorno di Gesù (4:8).

Mediante lo studio di questa lettera abbiamo potuto fare ciò che Paolo desiderava fare con Timoteo attraverso la stesura di questa lettera: esortare dei giovani leader cristiani a servire fedelmente il Signore, a non essere sorpresi o turbati quando nel loro cammino incontreranno la sofferenza e ricordare sempre che la santa chiamata a servire il re Gesù è una chiamata gloriosa che ci è stata rivolta per la grazia di Dio e per cui vale la pena anche soffrire e morire, in attesa del giorno in cui lo incontreremo in gloria. 

Buon anno e buon servizio a tutti i coordinatori GBU e a tutti coloro che, nel corpo di Cristo, ricoprono un ruolo di guida e responsabilità! 

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Di Elena Montaldo, coordinatrice GBU Torino

La parola “formazione”, per me che studio Scienze della Formazione Primaria, ha un valore particolare. 

Il suo significato non si riassume nella trasmissione sistematica di conoscenze. Indica, piuttosto, la volontà di rendere competenti, ovvero in grado di rielaborare ed applicare quelle stesse conoscenze in contesti di realtà. Ciò è possibile solo se esiste una rete sociale che fornisca, a chi viene formato, stimoli ai quali rispondere. 

La Formazione Coordinatori

La Formazione Coordinatori di quest’anno, per me, ha significato tutto questo, ma non solo. Non si è trattato soltanto di un contesto nel quale studenti da tutta Italia si sono riuniti per tre giorni a Firenze. Non solo abbiamo ascoltato insegnamenti, studiato insieme il testo biblico e partecipato a seminari di vario tipo. Qui non ho avuto solo la possibilità di condurre uno SBI e un incontro di preghiera o di pianificare eventi e incontri per il nuovo anno gbuino, o iniziare a presentare il GBU agli studenti universitari della città. 

Per la prima volta in qualità di coordinatrice, dopo anni di partecipazione al GBU, mi sono sentita parte insostituibile di un progetto che ha come motore l’Amore e come obiettivo la Vita delle persone. 

Il tema

Nella sua seconda lettera a Timoteo, Paolo parla come un padre che, poco prima di morire, si rivolge a suo figlio. Proprio lui che era stato autore di stragi, violenze e persecuzioni nei confronti dei cristiani, dopo aver conosciuto Gesù, si trova a scrivere da una prigione, abbandonato da tutti e condannato a morte a causa della sua fede in Lui. 

Una decisione assurda agli occhi di molti, ma non ai suoi che vedevano gioia scaturire dalla sua sofferenza. Con la sua vita, fino al suo ultimo respiro, Paolo aveva infatti portato tantissime persone a ricevere la salvezza che deriva dalla fede in Colui che per primo aveva dato la Sua vita ed era risorto per donargli Vita in eterno. 

Leggere e studiare le sue parole insieme ad altri ragazzi e ragazze che, come me, hanno ricevuto quella stessa notizia ed hanno scelto di credere e vivere questa stessa realtà, per me è stato come essere destinataria, insieme a Timoteo, di quella stessa lettera

Ricominciamo

In quei giorni noi coordinatori ci siamo confrontati con un esempio di fede che ha messo a nudo e poi tolto paure, insicurezze e preoccupazioni che chiunque, nel vivere fino in fondo un ideale che va controcorrente, si trova prima o poi a dover affrontare. Insieme abbiamo compreso il significato profondo del ministero che crediamo sia stato affidato a ciascuno di noi studenti cristiani all’interno del GBU. 

Mi sono resa conto di quanto coraggio e quanta forza possa richiedere mantenere piena coerenza ad una scelta di vita come questa. Allo stesso tempo ho capito ancora più in profondità quanto valga la pena viverla pienamente, perché sempre più persone conoscano l’Amore e la grazia che il Dio della Bibbia ha dimostrato, attraverso il sacrificio di Suo Figlio Gesù, per poter avere un rapporto personale con ciascuno di loro.

Ora siamo pronti per ricominciare, ciascuno nel luogo d’Italia nel quale vive. Questa volta però con la consapevolezza che ogni cosa che faremo nel nostro piccolo avrà come traguardo comune una gioia che scaturisce anche nella sofferenza.

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Di Gianluca Nuti, ex studente GBU e oratore al GBU Summer Camp 2022

L’estate sta finendo. Questo era il punto di partenza del Summer Camp 2022. Non proprio una prospettiva incoraggiante! Eppure, man mano che si avvicina l’autunno, è facile avvertire un senso di nostalgia, o addirittura di vaga delusione: dove sono le risate, le abbuffate, il relax tanto attesi durante l’anno? Com’è possibile che tutta la felicità che ho sperimentato sia svanita così in fretta? Forse una sessione estiva più lunga del previsto, forse un viaggio cancellato per problemi di Covid; sta di fatto che proprio il periodo dell’anno più solare e rilassante ci svela il carattere sfuggente della felicità. L’estate sta finendo, anche se sembra essere iniziata solo ieri.

La risposta che non ci aspetteremmo

Viene naturale chiedersi allora in cosa consista la felicità. E forse, addirittura, quale sia il senso della vita! Domande importanti per tutti, ma domande cruciali per chi studia all’università e si prepara a dire la sua nel mondo. Spesso, anche inconsapevolmente, rivolgiamo queste domande alle grandi menti di varie epoche. Le risposte che sentiremo da loro probabilmente plasmeranno la nostra vita. Chi vorrebbe perdersi un TED Talk di Alessandro Barbero o del grande (oggi compianto) Piero Angela sul senso della vita? 

Ma cosa succederebbe se il nostro conferenziere, una volta salito sul palco, ci dicesse che tutte le sue ricerche sull’argomento non lo hanno portato a niente? Cercare di capire qual è il senso della vita e come trovare la felicità è come cercare di afferrare il vento: un tentativo inutile. È molto probabile che sentiremmo il terreno tremare sotto ai nostri piedi…

Tutto è vanità

Questa sensazione di smarrimento è la stessa che proviamo quando l’Ecclesiaste, uno dei più grandi sapienti di Israele, dopo una vita trascorsa nel lusso, nei viaggi, nelle relazioni internazionali, nelle scoperte scientifiche e nella produzione letteraria ci comunica molto serenamente che, sotto il sole, tutto è vanità (Ecclesiaste 1:2). Sarebbe a dire, tutto ciò che l’occhio può osservare e la mente può concepire sfugge alla nostra comprensione come uno sbuffo di vento sfugge alla nostra presa. Ancora una volta, non proprio una prospettiva incoraggiante!

Tanta fatica, nessun profitto

Ma per l’Ecclesiaste non può essere diversamente, in un mondo in cui nonostante tutti i faticosi e travagliati sforzi dell’essere umano, “non c’è niente di nuovo sotto il sole” (Ecclesiaste 1:9). Tutta la fatica che l’uomo sostiene in questo mondo, tutte le ore passate sui libri e i soldi spesi in master di specializzazione, alla fine ci lasciano in mano poco più che un vapore. La carriera? Solo altre fatiche una dopo l’altra, senza un vero punto d’arrivo. La soddisfazione per i propri traguardi? Temporanea e insufficiente, sempre orientata a un risultato ancora successivo, magari migliore, forse più soddisfacente.

L’iperattivismo, la goal-orientation, la spinta verso il progresso tecnologico: tanto movimento, nessun cambiamento. Tutti i nostri progetti e programmi sono esposti al fallimento per il minimo imprevisto (Ecclesiaste 3:1-15) e ogni ricerca del piacere si risolve nell’attesa del piacere successivo (Ecclesiaste 2:1-11). In tutto questo, le nostre mani sono ancora vuote, strette a pugno per cercare di afferrare quel vapore, quella vanità che è il vero senso della vita in questo mondo. E la fatica? Quella sì, rimane. Tanta fatica, nessun profitto.

Il problema dell’uomo

A questo punto, l’unica vera scoperta del nostro sapiente, l’Ecclesiaste, è una non-scoperta: gli esseri umani non possono trovare la saggezza, perché irrimediabilmente peccatori, intrappolati fra le braccia di Follia (Ecclesiaste 7:23-29). Ogni nostra ricerca è destinata ad andare alla deriva, perché noi stessi siamo alla deriva. Ecclesiaste stesso non è un’eccezione, e per questo tutta la sua ricerca porta a un nulla di fatto. 

Il problema di ogni uomo è il problema di ogni studente e di ogni ricercatore: la ricerca di senso nella creatura invece che in Dio. Trovare felicità nelle cose buone della vita invece che nel Dio buono che le ha create. Per questo ancora oggi vale la pena ascoltare i “podcast” dell’Ecclesiaste, per questo ogni studente dovrebbe accorrere alla sua conferenza, riportata parola per parola nella Bibbia: perché quel problema è anche il nostro! Tutti noi cerchiamo senso e felicità nella creazione invece che nel Creatore. Tutti noi, cioè, siamo folli mentre pensiamo di essere saggi.

Tanta fatica, una grande ricompensa

Ma questa non è tutta la storia. L’estate non sta finendo! Dio, proprio quel Dio che abbiamo dimenticato, non ha dimenticato noi. È ancora possibile tornare a Lui prima dell’ultimo giorno; l’ultimo giorno delle nostre vite, ma anche l’ultimo giorno di un mondo stanco e prossimo alla sua fine (Ecclesiaste 12:1-10). “Ricòrdati del tuo Creatore nei giorni della tua giovinezza” è la chiamata che l’Ecclesiaste rivolge con forza a tutti noi e che ha rivolto anche agli studenti del GBU durante il Summer Camp 2022. La chiamata a ritrovare la strada di casa, verso il Dio che ci ha progettati e formati, e nelle cui mani viviamo le nostre vite, anche senza rendercene conto.E la fatica? La fatica rimane, la vanità è ancora qui, ma per poco. Gesù, la Parola creatrice, dal suo trono sopra il sole dice: “Io faccio nuove tutte le cose” (Apocalisse 21:5). In ultima analisi, la chiamata dell’Ecclesiaste è la chiamata a trovare in Gesù la nostra felicità. Perché solo grazie a lui il nostro più grande problema, il peccato, è stato risolto. E perché solo in Cristo anche la più piccola fatica avrà una grande ricompensa.