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di Simon Cowell, Staff GBU Puglia

Uno dei miei passi biblici preferiti è Filippesi 1. La lettera ai filippesi è giustamente conosciuta come “la lettera della gioia”, per il grande feeling che c’è fra l’apostolo Paolo e questa piccola chiesa situata nell’antica città romana di Filippi. Appena fatti i saluti iniziali, Paolo scrive così:

 
Io ringrazio il mio Dio di tutto il ricordo che ho di voi; e sempre, in ogni mia preghiera per tutti voi, prego con gioia a motivo della vostra partecipazione al vangelo, dal primo giorno fino ad ora. E ho questa fiducia: che colui che ha cominciato in voi un’opera buona la condurrà a compimento fino al giorno di Cristo Gesù.

Filippesi 1:3-6

Avete notato il motivo primario per questo profondo ringraziamento da parte dell’apostolo?  È la loro partecipazione al vangelo – questa buona opera cominciata in loro da Dio, per rendere i filippesi non solo ricevitori del vangelo, ma partecipanti attivi in esso. A volte consideriamo poco quanto meravigliosa sia questa frase. Paolo, un gigante della chiesa primitiva, il primo grande missionario della storia, uomo scelto da Dio per portare il vangelo ai gentili – lui considerava la collaborazione di questa chiesa, piccola ed insignificante, come una cosa preziosissima, motivo di vera gioia. Come mai?

La collaborazione nel vangelo

Paolo sapeva che l’opera del vangelo è troppo ampia, troppo vasta e troppo importante da essere lasciata solo ai “professionisti”, o agli “esperti” (anche a quelli capaci e bravi come gli apostoli!) Proclamare Gesù e la vita eterna in Lui è la missione primaria della chiesa, di tutta la chiesa, inclusa questa piccola comunità a Filippi. È questo un principio biblico fondamentale: ogni ministero cristiano è una collaborazione. Nel caso di Paolo e i filippesi, era Paolo ad attraversare il mediterraneo (più di una volta!) predicando Cristo e fondando chiese, ed erano i filippesi a contribuire in due modi importantissimi: il sostegno in preghiera, e il sostegno finanziario.

L’importanza della preghiera

Parlando del suo imprigionamento e dei suoi “rivali” nel vangelo, Paolo scrive ai filippesi: “so infatti che ciò tornerà a mia salvezza, mediante le vostre suppliche e l’assistenza dello Spirito di Gesù Cristo”. Anche se non erano presenti con lui fisicamente, nelle sue difficoltà esprimeva Paolo l’importanza delle loro preghiere – l’unica cosa menzionata oltre l’aiuto dello Spirito Santo!

Collaborare nel vangelo vuol dire pregare – intercedere con il Signore degli Eserciti, affinché faccia ciò che può fare solo Lui: trasformare i cuori e le menti per accettare Cristo Gesù e la vita eterna in lui solo.

L’importanza del donare

Sempre ai filippesi, Paolo parla più di una volta delle gioia che lui ha nella loro collaborazione finanziaria nel vangelo:

ho avuto una grande gioia nel Signore, perché finalmente avete rinnovato le vostre cure per me… nessuna chiesa mi fece parte di nulla per quanto concerne il dare e l’avere, se non voi soli

(4:10, 15)

Paolo ribadisce anche che questa collaborazione finanziaria non è una questione relativa al suo bisogno, e certamente non alla sua avarizia. Sottolinea invece i benefici per i filippesi, a motivo della loro generosità:


Non lo dico perché io ricerchi i doni; ricerco piuttosto il frutto che abbondi a vostro conto… Il mio Dio provvederà a ogni vostro bisogno, secondo la sua gloriosa ricchezza, in Cristo Gesù

(4:17, 19)

Tutto ciò per dire che donare a quelli che proclamano il vangelo non è né un sacrificio, né un investimento, ma un mezzo con cui Dio può benedirci. Nel donare cresciamo nei frutti spirituali; nel donare riceviamo dalla ricchezza divina. Non c’è da meravigliarsi che l’apostolo fosse pieno di gioia vedendo questi suoi cari fratelli mostrare pienamente l’opera dello Spirito Santo in loro!

Il GBU, il vangelo e te

La collaborazione nel vangelo, dunque, è uno dei motivi principali per il ringraziamento e per la gioia dell’apostolo Paolo. La missione del GBU è che la proclamazione del vangelo di Gesù Cristo continui anche oggi in ogni ateneo italiano – che possiamo in qualsiasi modo condividere Gesù da studente a studente. Ma come Paolo non poteva e non voleva svolgere questo progetto da solo, così è per noi del GBU.

Cerchiamo collaboratori! Cerchiamo persone che siano disposte a lottare in preghiera insieme a noi, che siano desiderosi anche loro di vedere Gesù proclamato e glorificato nelle facoltà italiane, e che vogliano sostenere questa opera con i loro beni materiali. Se tu non sei già un nostro collaboratore, o un nostro socio, o un nostro sostenitore, oggi è il giorno di entrare in questa bellissima collaborazione – per la salvezza delle anime individuali, per la crescita della chiesa italiana (e non solo!), e per la nostra edificazione reciproca. Per saperne di più, clicca il link sotto!

https://gbu.it/investi/come-donare/

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Emanuele Berti ci racconta la sua esperienza con la “Settimana di Eventi” che il gruppo GBU Firenze ha organizzato dall’11 al 14 marzo.

PREPARAZIONE 

La preparazione della settimana, per me, è stata un processo tanto stimolante quanto formativo. Ha avuto inizio alcuni mesi fa e si è rivelata una sfida continua. La scelta del tema e il suo sviluppo sono stati particolarmente complessi. Ogni volta mi trovavo a dubitare del risultato, e incontravo difficoltà nel capire quale fosse un approccio adatto per coinvolgere gli studenti. Inizialmente, ho esplorato concetti come la vittoria e la sconfitta, e il significato della vita, focalizzandomi sulla realtà degli studenti universitari. 

Successivamente, sotto la guida del Signore, ho orientato il tema verso l’insoddisfazione. In collaborazione con gli altri coordinatori e lo staff, abbiamo cercato modi per affrontare questo argomento con gli studenti. Abbiamo optato però un approccio diretto con gli studenti attraverso delle domande, che utilizziamo spesso con il Gbu per avviare la discussione. Abbiamo inoltre utilizzato un cartellone, che sintetizzava il concetto di insoddisfazione attraverso due frasi chiave: 

  1. “Gli esseri umani sono spesso insoddisfatti non perché desiderano troppo, ma piuttosto perché desiderano troppo poco.” Di C.S. Lewis
  2.  “Chi beve dell’acqua che io gli darò, non avrà più sete.” Giovanni 4:14

Mi sono reso conto in questa preparazione di quanto rivisitare e rielaborare costantemente le idee sia un processo impegnativo e faticoso, ma ne ho compreso l’essenzialità e quanto sia necessario; non solo per preparare una settimana evangelistica! 

L’OPERA È NELLE SUE MANI 

Abbiamo pianificato i giorni di evangelizzazione con la preghiera personale durante le mattine, e dedicando i pomeriggi all’evangelizzazione e all’interazione con gli studenti. Il primo giorno, ci siamo riuniti per un’analisi e studio del vangelo, esplorando il suo significato e come trasmetterlo agli studenti. L’entusiasmo e la gioia che ho provato durante il primo giorno di preparazione erano così intensi che il giorno successivo mi sono ritrovato a letto con febbre, nausea e mal di gola! Ho trascorso due giorni a letto. 

Inizialmente, ero dispiaciuto di non poter partecipare, ma poi ho provato grande gioia nel sapere che gli altri erano all’università, condividendo la Parola di Gesù con gli studenti. Ho realizzato che la Parola e il vangelo sono liberi, non sono imprigionati, e continuano a diffondersi, nonostante le nostre limitazioni

SIAMO FORTI SOLO NEL SIGNORE 

L’ultimo giorno, dopo molta preghiera, sono riuscito a trovare la forza di alzarmi dal letto e raggiungere l’università, unendomi agli altri. Nonostante fossi ancora ammalato, senza voce, con un po’ di febbre e stanchezza, ho sperimentato come il Signore operi proprio nella nostra debolezza. Il calore del sole e le conversazioni incoraggianti hanno risollevato il mio spirito. Per attirare persone, avevamo deciso di utilizzare una porticina e un pallone. All’inizio, non hanno suscitato molto interesse, ma una volta capito come sfruttarli, il Signore ha agito in modo straordinario. Abbiamo proposto un gioco in cui, in cambio di un premio (una caramella), le persone dovevano rispondere ad una domanda. Oltre al cartellone principale, ne abbiamo esposto un altro con lo schema dei due modi di vivere, rappresentato da sei immagini che illustrano il vangelo. È stato sorprendente notare che quasi tutte le persone, almeno una decina, hanno compreso da sole il significato del vangelo dopo che gli avevo chiesto di provare a capire cosa significassero le immagini. È stato un vero miracolo, e alcune persone hanno anche accettato di venire al Mark Drama

SODDISFATTI 

Questi giorni mi hanno fatto comprendere ancora di più che solo il Signore Gesù può veramente soddisfare. Possiamo trovare molte religioni, idee e fonti di divertimento, ma solo Gesù può riconciliarci con Dio. Lui è l’unico giusto, l’unico uomo senza peccato, l’unico in grado di riscattarci e donarci una soddisfazione eterna, una soddisfazione che non conosce fine. Lui è l’acqua che disseta… per sempre! Attraverso la sua misericordia, Dio accoglie ogni studente, che sia stato un bestemmiatore per tutta la vita, un arrogante o un ateo. Se si ravvedono e credono in Gesù, possono essere riconciliati e Dio li aspetta a braccia aperte, gioendo per la pecora smarrita che è stata ritrovata, per colui che era morto ed è tornato alla vita.

Emanuele Berti, studente GBU Firenze

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di Simona Squitieri, GBU Parma

Nel principio Dio creò. Se dovessi riassumere questo fine settimana di Formazione GBU, ecco, sarebbe così.  

Ma andiamo con ordine. Una sessantina di persone dal Trentino alla Sicilia, dopo aver superato viaggi più o meno lunghi, treni, bus, macchine, sono arrivate in Umbria, in una casetta con vista Lago Trasimeno, per partecipare alla Formazione Coordinatori GBU 2023. 

Nel principio 

Come l’acronimo GBU suggerisce (Gruppi Biblici Universitari), anche quest’anno abbiamo guardato alla Bibbia, per affrontare le sfide che quest’anno dovremmo affrontare. Sfide organizzative, sfide pratiche e teoriche, intellettuali e sociali, alle quali ci siamo preparati osservando, interpretando e applicando i primi tre capitoli della Parola di Dio. Partendo, quindi, proprio “dal principio”! 

Momenti di lode al Signore e preghiera ci hanno ristorati e accompagnati durante l’intenso  programma giornaliero, fatto di seminari, lettura e studio della Parola. Gli Staff si sono impegnati per fornirci gli strumenti per servire al meglio gli studenti dei nostri gruppi locali, ma soprattutto gli studenti ancora non raggiunti all’interno delle nostre università. Attraverso gli studi biblici, poi, abbiamo notato come nel principio Dio avesse pensato a tutto, senza trascurare nessun dettaglio, pianificando e disponendo ogni cosa in modo perfetto, compresi noi, discendenti di Adamo e prìncipi dal princìpio.  

Dio creò 

Queste due parole mettono in evidenza il rapporto che proprio noi siamo chiamati ad avere con Dio, prima ancora di prendere qualsiasi impegno con Lui e con gli altri: il rapporto di Creatore e creatura. È essenziale riconoscere Dio il Signore come creatore dell’universo e delle nostre vite; e che prima che tutto fosse, Lui era già.  

Ma le parole “Dio creò” mettono in luce anche la creatività di Dio. Tutto ciò che noi studiamo, dalla fisica all’arte, dalla letteratura alla medicina, ha la stessa origine creativa qui, in queste due piccole parole.  

Dopo aver creato, nel principio ogni cosa, la luce, le acque, gli astri luminosi, gli animali e le piante,  dopo la creazione dell’uomo a sua immagine, Dio vide tutto quello che aveva fatto, ed ecco, era  molto buono. 

Un piano perfetto per noi

Quindi, sono riuscita a comprendere che posto ho io in tutto questo? In tutto questo “buono”? Coordinatori di tutta Italia, abbiamo capito che posto abbiamo, insieme agli studenti e ai nostri gruppi locali? 

Adamo ed Eva vivevano alla presenza di Dio e avevano uno scopo, rubato e rovinato dal peccato.  

Ma nel principio Dio creò un piano perfetto per noi oggi: salvarci attraverso il suo figliolo Gesù e chiederci di condividere con gli altri questo Grande Creatore, che vuole tornare a riconciliarsi con noi attraverso Gesù. Di condividerlo da studente a studente. 

Pronti, via!

Delegazione italiana alla World Assembly
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di Marco Piovesan, studente GBU

«… voi, che prima non eravate un popolo, ma ora siete il popolo di Dio» (1Pietro 2:10a)

Avreste mai immaginato che in un solo regno potessero convivere 168 culture diverse? Ebbene, nel regno di Dio funziona così. Sì, a volte ripensiamo al fatto che in Cristo siamo stati chiamati da ogni popolo e nazione, ma spesso non riusciamo veramente a concepire l’entità di questa realtà. Con la World Assembly di IFES, invece, possiamo toccare con mano il significato autentico di essere un solo popolo, membra dell’unico corpo di Cristo.

La World Assembly è un evento che si tiene ogni quattro anni. Ha lo scopo di riunire delegazioni da tutti i movimenti nazionali che hanno il testimoniare Cristo all’università come ministero (per esempio il GBU in Italia) per prendere decisioni per la fellowship globale. L’aspetto burocratico, però, è poco più di un pretesto per vivere una settimana di condivisione ed edificazione tra fratelli e sorelle che condividono la stessa missione.

Quest’anno, l’appuntamento era fissato per i primi di agosto a Jakarta, in Indonesia. Partecipare a questo evento come studente del GBU è stato qualcosa di cui Dio si è servito in modo incredibile. Un articolo non potrebbe mai contenere tutta la ricchezza spirituale che Dio ha saputo provvedere, tuttavia non posso non condividere alcuni insegnamenti fondamentali.

Non siamo soli nello zelo

Come studenti del GBU, penso che diverse volte ci siamo ritrovati davanti agli occhi l’immensa missione di condividere Gesù agli studenti delle nostre università, Tuttavia, siamo stati scoraggiati dal vedere qualcosa che va oltre la nostra portata. Alla luce di questo scoraggiamento, troviamo una sorta di equilibrio in cui adagiarci.

Conoscere altri studenti e vedere lo zelo per Dio di cui sono ripieni ha cambiato completamente il mio modo di vedere queste difficoltà. Sì, anche loro vedono questa missione come qualcosa di immenso, ma hanno Dio al centro del loro cuore al punto che pensano ogni secondo come un’opportunità per parlare del vangelo.

Questo naturalmente richiede spesso di impegnare le proprie serate con eventi, studi biblici, riunioni organizzative e incontri a tu per tu, ma il desiderio di vedere Cristo glorificato supera il desiderio personale di avere tempo per se stessi. Insomma, ho visto in questi studenti la piena consapevolezza che vale la pena di sacrificarsi per Dio e che il vero modo di ragionare è quello di ragionare con una prospettiva eterna.

«Perciò, fratelli miei carissimi, state saldi, incrollabili, sempre abbondanti nell’opera del Signore, sapendo che la vostra fatica non è vana nel Signore.» (1Corinzi 15:58)

Non siamo soli nel servizio

Una battaglia che come studente ho vissuto negli ultimi due anni è stata quella di voler organizzare qualche evento all’università, ma di trovare sempre troppo poche persone nel gruppo GBU per poterlo realizzare.

Alla World Assembly una sera ho condiviso questa battaglia con le persone con cui ero seduto a tavola e la risposta che ho ricevuto è stata subito: “Invitaci, possiamo venire come aiuto dall’estero per partecipare e organizzare una settimana di eventi.” Sono stato spiazzato dalla semplicità di questa frase, ma mi ha fatto comprendere che essere un unico popolo in Cristo non significa solo salutarsi e raccontarsi belle esperienze una volta ogni quattro anni: possiamo usare questo immenso privilegio per lavorare in stretta collaborazione, venirci incontro nei bisogni reciproci e affaticarci insieme per veder avanzare il regno di Dio.

A questo punto mi sento caricato della responsabilità di fare un uso opportuno del dono così prezioso di avere veri collaboratori in Cristo con la stessa prospettiva.

Non siamo soli nelle sofferenze

Senza dubbio in ogni angolo della Terra si stanno affrontando sfide diverse, e la World Assembly è stata inevitabilmente un’occasione per ascoltare storie di lotte e sofferenze specifiche delle diverse nazioni. Abbiamo discusso di problemi di giustizia sociale, di salute mentale e di stress dato dal contesto universitario.

Penso, però, che quello che più deve far riflettere è la persecuzione (non solo psicologica) a cui tanti cristiani sono sottoposti. Ritrovarmi a mangiare a tavola con credenti che letteralmente ogni giorno espongono la loro vita alla morte per amore di Cristo, ha fatto nascere in me molte domande. L’unico modo in cui loro possono vivere è quello di incarnare il vangelo nelle loro vite con il loro comportamento, al punto che questo possa far nascere nelle persone attorno il desiderio di porre domande sulla fede cristiana.

Mi chiedo se, nel contesto italiano in cui siamo ben lontani dal rischiare la vita, ho lo stesso desiderio di impersonare Cristo in ogni ambito della mia vita. Sono veramente disposto allo stesso sacrificio per Dio a cui questi fratelli sono esposti ogni giorno? Anche per me, come per loro, «il vivere è Cristo e il morire guadagno» (Filippesi 1:21)?

C’è, però, qualcosa di estremamente incredibile in questi esempi: Cristo è talmente prezioso che vale la pena di dare la nostra stessa vita pur di restare insieme a Lui.

Non siamo soli perché Dio è con noi

Certamente la World Assembly non solo è stata ricca di tutti questi insegnamenti di carattere generale, ma è stata anche un’occasione per riflettere dal punto di vista personale. A proposito di questo c’è un concetto che è stato ribadito tantissime volte e di cui non posso più fare a meno: prendere consapevolezza della presenza di Dio nella nostra vita.

Tantissime volte nella Bibbia compare la promessa di Dio “Io sarò con te”, ma spesso ci capita di non considerare questo nella quotidianità. Ho avuto modo di parlare con diverse persone che hanno servito in IFES per decenni. Un aspetto su cui ciascuno di loro insisteva dopo così tanti anni di ministero è che la relazione personale con Dio è la base di tutto quello che facciamo. Non possiamo pensare di servire Dio senza essere in comunione con Lui. Abbiamo bisogno di ricercare Lui e la Sua presenza: essere consapevoli che Lui è con noi può trasformare radicalmente il nostro modo di vivere per Lui.

«O uomo, egli ti ha fatto conoscere ciò che è bene; che altro richiede da te il SIGNORE, se non che tu pratichi la giustizia, che tu ami la misericordia e cammini umilmente con il tuo Dio?» (Michea 6:8)

La vita cristiana e anche il servizio cristiano sono un continuo camminare fianco a fianco con Dio.

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Di Andrea Aresca

La limitatezza del tempo e le priorità

Essere consapevoli della limitatezza del nostro tempo è il punto di partenza per gestirlo in modo efficace. Mosè, dopo aver riflettuto sulla fragilità e la brevità della vita umana, chiese a Dio: “Insegnaci dunque a contare bene i nostri giorni, per acquistare un cuore saggio.” (Salmo 90:12). Comprendere che i nostri giorni sono contati (e non infiniti come quelli di Dio!) ci fornisce la saggezza necessaria per le scelte della vita.

Proprio perché il tempo è limitato, dobbiamo comprendere bene quali siano le priorità, le “palline da golf” (come nel video che abbiamo visto insieme) da inserire per prime nel nostro “barattolo”. Infatti, se iniziamo a riempire con le “piccole cose” la nostra vita, rischiamo di non avere più spazio per ciò che è veramente importante.

Sapere quello che è più importante non è sufficiente

A volte, definire quello che è prioritario in una determinata fase della nostra vita può non essere facile (vedremo alla fine una domanda che ci può aiutare in questo). La chiarezza su quali siano le nostre priorità, però, non è comunque sufficiente. Quante volte, infatti, facciamo fatica a trovare il tempo per quello che è più importante? E quante volte (parlo per esperienza…) anche quando avremmo il tempo, lo dedichiamo ad altro?

Questo è dovuto al fatto che le nostre azioni (e quindi anche come usiamo il nostro tempo!) sono determinate non solo dalle nostre intenzioni. Infatti tutti siamo continuamente influenzati nel nostro comportamento dagli stimoli del mondo esterno e dalla nostra condizione fisica, emotiva e spirituale. 

I fattori che influenzano l’uso del tempo.

Ci sono fattori che ci aiutano ad usare in modo efficace ed efficiente il nostro tempo, ed altri che ci ostacolano in questo. Abbiamo quindi bisogno di essere consapevoli di queste dinamiche personali e di adottare metodi e strumenti che ci aiutino a gestire il loro impatto (positivo o negativo) su di noi.

Alcuni di questi fattori sono, ad esempio:

  • l’attenzione (pensiamo anche solo all’impatto delle notifiche del nostro cellulare)
  • l’energia (è esperienza di tutti che siamo meno produttivi quando siamo più stanchi)
  • l’ambiente (il luogo e le persone con cui studiamo o lavoriamo possono essere fonte di distrazione).

Al di là delle nostre preferenze ed abitudini personali, è provato che la pianificazione del nostro tempo (ad esempio utilizzando uno strumento come la settimana ideale) ci aiuta a rimanere più focalizzati sulle attività importati ed anche a gestire efficacemente questi fattori.

La domanda più importante.

Come figli di Dio, siamo chiamati ad utilizzare al meglio il tempo che il Signore ci dona. Dobbiamo essere consapevoli, però, che non potremo mai fare tutto quello che “potremmo” fare, e che dovremo necessariamente scegliere cosa è davvero prioritario.

Per comprenderlo è molto utile pensare al futuro, al momento in cui la stagione della vita che stiamo vivendo (ad esempio, gli anni dell’università) avrà il suo termine e chiederci: “cosa rimarrà di questi anni?”.

Forse alcune cose che adesso ci preoccupano così tanto non le ricorderemo nemmeno. Forse alcune cose a cui adesso stiamo dedicando poco tempo avranno un impatto ben superiore di quello che pensiamo…

La cosa più importante.

E’ proprio al futuro e a quello che rimarrà a cui Gesù fece riferimento quando parlò con una donna sicuramente molto “produttiva”, ma che aveva trascurato quello che era veramente importante:

Marta, Marta, tu ti affanni e sei agitata per molte cose, ma una cosa sola è necessaria. Maria ha scelto la parte buona che non le sarà tolta.” (Lu 10:41).

Tra le tante cose da fare, passare del tempo con il Signore è sempre quella più importante, che ci potrà anche dare la saggezza e la forza per affrontare ogni altra.

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Di Lorens Marklund, Compassion Italia e collaboratore GBU

Alla fine del gennaio scorso abbiamo avuto l’occasione con il gruppo di Cross-Current Mi-To di incontrarci personalmente per il quarto modulo di questo percorso. Ci ha accolti per la seconda volta la location dell’ostello Parco Monte Barro. Forse la peculiarità di questo progetto è proprio quella di riunire chi è ora inserito nel mondo del lavoro, considerando i vari impegni.  Anche questa volta abbiamo potuto godere di questo tempo insieme, per discutere di temi pratici alla luce della Parola di Dio.

IL TEMA

L’argomento che abbiamo trattato in questo incontro è stata la “Generosità”. Ci siamo chiesti come il Signore voglia che noi esercitiamo la generosità nelle nostre vite, e come poter fare ogni cosa alla Sua Gloria, anche nella gestione del denaro nella nostra vita privata e nelle nostre chiese, e su come poter essere di aiuto e sostegno in qualche servizio. 

Abbiamo iniziato il nostro incontro proprio interrogandoci e sfidandoci l’un l’altro a ragionare su quali siano i pro e i contro del denaro, e di come la relazione dell’uomo con esso e con un mondo sempre più economizzato si sia evoluta dalle origini a oggi. 

Partendo dalla lettura di numerosi passi biblici, abbiamo realizzato come la generosità non sia una dote di alcuni, una qualità particolare, ma un frutto e un elemento essenziale per ogni cristiano nel cammino con Dio, sintomo di obbedienza e immagine dell’esempio di Cristo.

IL TEMPO INSIEME

Anche questa volta non sono mancati momenti di condivisione, di gioco, di passeggiate in mezzo alla natura per godere dello splendido panorama del luogo; e soprattutto tavolate ricche (…di caramelle gommose 😊) attorno alle quali ridere e raccontarci delle nostre vite.

Passando del tempo nelle riflessioni personali, in piccoli gruppi e poi nei momenti insieme, abbiamo potuto ricordare come ogni cosa sia dono di Dio nelle nostre vite e come sia nostro compito amministrarla al meglio.

Così, arricchiti in ogni cosa, potrete esercitare una larga generosità, la quale produrrà rendimento di grazie a Dio per mezzo di noi (2 Corinzi 9: 11)

Team traduttori a Revive
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di Valentina Bernardi, GBU Bologna 

Alla conferenza studentesca IFES Revive ho avuto modo di partecipare non solo in veste di studentessa, ma anche come volontaria, impegnandomi nella traduzione delle varie plenarie dall’inglese all’italiano, in un team di sette interpreti. 

Ero già stata coinvolta come traduttrice nella conferenza Revive, e sono stata incoraggiata a svolgere di nuovo questo ruolo dal mio percorso di studi. Infatti, nel 2021 ho conseguito la laurea triennale in Mediazione linguistica e culturale, e si può dire che ho lavorato in quello che è stato ed è tutt’ora, con la magistrale, il mio campo di studi. Inoltre, sapendo che anche nelle piccole cose si trova l’opportunità di servire Dio, sono stata mossa dal desiderio di rendermi utile per chi avesse avuto qualche difficoltà a comprendere i temi della conferenza in lingua originale.

IL LAVORO DI INTERPRETE

Alla conferenza Revive gli interpreti si trovano nelle cabine, con un microfono e delle cuffie. Rispetto al 2019 le tecnologie erano più evolute. Abbiamo utilizzato i nostri PC per connetterci a un’app, mentre nel 2019 avevamo semplicemente un microfono connesso alle cuffie di coloro che ascoltavano la traduzione. 

È stata stimolante per me anche l’esperienza di essere in un team di traduttori. Ci tenevo a mettermi in gioco con questo lavoro di squadra, in quanto, essendoci due sessioni ogni giorno, era necessario scambiare i propri turni con gli altri traduttori. Non sapevo però come sarebbe stato, dal momento che avevo avuto qualche difficoltà come interprete nel 2019, forse anche perché ero più inesperta. 

Malgrado qualche mio piccolo timore, è andata bene! Il lavoro si svolgeva principalmente dietro le quinte e coinvolgeva non solo noi traduttori italiani, ma anche altri di altre lingue. Avevamo anche le dispense sui vari argomenti dei vari sermoni dei diversi speaker, che sono stati utili per sapere quale passo biblico sarebbe stato affrontato e anche a capire qualcosa del contesto. Ad ogni turno eravamo in due, e così quando sentivamo il bisogno di prenderci una pausa, passavamo il microfono al nostro ‘collega’.  

UN BELLISSIMO INCORAGGIAMENTO

Il lavoro del traduttore è apparentemente facile, ma è una sfida. Quando si tratta di traduzione simultanea, infatti, bisogna tradurre mentre lo speaker parla, e a volte si potrebbe rischiare di perdere dei passaggi importanti. Grazie a Dio sono abbastanza esperta in questo campo, e inoltre, gli speaker che io mi sono trovata a tradurre, erano abbastanza chiari nelle loro spiegazioni e non ho riscontrato grosse difficoltà. 

In particolare John Lennox è stato molto chiaro e coinciso, e mi ha piacevolmente colpito che alla fine del suo sermone sia venuto da noi traduttori delle svariate lingue a ricordarci quanto questo compito fosse importante. 

Posso dire che anche quella è stata una bella soddisfazione, perché mi ha ricordato di essere utile a qualcuno. Nella mia vita ho avuto questa crisi d’identità nel pensare di non fare abbastanza per aiutare gli altri e di non avere particolari doni come altri miei fratelli in fede. Invece, Dio mi ha ricordato che ognuno di noi ha doni diversi da sfruttare nel momento giusto. In quel momento mi è venuto in mente questo versetto: 

“Poiché Dio non è ingiusto da dimenticare l’opera vostra e l’amore che avete mostrato verso il suo nome coi servizi che avete reso e che rendete tuttora ai santi” (Ebrei 6:10) 

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Di Elena Montaldo, coordinatrice GBU Torino

La parola “formazione”, per me che studio Scienze della Formazione Primaria, ha un valore particolare. 

Il suo significato non si riassume nella trasmissione sistematica di conoscenze. Indica, piuttosto, la volontà di rendere competenti, ovvero in grado di rielaborare ed applicare quelle stesse conoscenze in contesti di realtà. Ciò è possibile solo se esiste una rete sociale che fornisca, a chi viene formato, stimoli ai quali rispondere. 

La Formazione Coordinatori

La Formazione Coordinatori di quest’anno, per me, ha significato tutto questo, ma non solo. Non si è trattato soltanto di un contesto nel quale studenti da tutta Italia si sono riuniti per tre giorni a Firenze. Non solo abbiamo ascoltato insegnamenti, studiato insieme il testo biblico e partecipato a seminari di vario tipo. Qui non ho avuto solo la possibilità di condurre uno SBI e un incontro di preghiera o di pianificare eventi e incontri per il nuovo anno gbuino, o iniziare a presentare il GBU agli studenti universitari della città. 

Per la prima volta in qualità di coordinatrice, dopo anni di partecipazione al GBU, mi sono sentita parte insostituibile di un progetto che ha come motore l’Amore e come obiettivo la Vita delle persone. 

Il tema

Nella sua seconda lettera a Timoteo, Paolo parla come un padre che, poco prima di morire, si rivolge a suo figlio. Proprio lui che era stato autore di stragi, violenze e persecuzioni nei confronti dei cristiani, dopo aver conosciuto Gesù, si trova a scrivere da una prigione, abbandonato da tutti e condannato a morte a causa della sua fede in Lui. 

Una decisione assurda agli occhi di molti, ma non ai suoi che vedevano gioia scaturire dalla sua sofferenza. Con la sua vita, fino al suo ultimo respiro, Paolo aveva infatti portato tantissime persone a ricevere la salvezza che deriva dalla fede in Colui che per primo aveva dato la Sua vita ed era risorto per donargli Vita in eterno. 

Leggere e studiare le sue parole insieme ad altri ragazzi e ragazze che, come me, hanno ricevuto quella stessa notizia ed hanno scelto di credere e vivere questa stessa realtà, per me è stato come essere destinataria, insieme a Timoteo, di quella stessa lettera

Ricominciamo

In quei giorni noi coordinatori ci siamo confrontati con un esempio di fede che ha messo a nudo e poi tolto paure, insicurezze e preoccupazioni che chiunque, nel vivere fino in fondo un ideale che va controcorrente, si trova prima o poi a dover affrontare. Insieme abbiamo compreso il significato profondo del ministero che crediamo sia stato affidato a ciascuno di noi studenti cristiani all’interno del GBU. 

Mi sono resa conto di quanto coraggio e quanta forza possa richiedere mantenere piena coerenza ad una scelta di vita come questa. Allo stesso tempo ho capito ancora più in profondità quanto valga la pena viverla pienamente, perché sempre più persone conoscano l’Amore e la grazia che il Dio della Bibbia ha dimostrato, attraverso il sacrificio di Suo Figlio Gesù, per poter avere un rapporto personale con ciascuno di loro.

Ora siamo pronti per ricominciare, ciascuno nel luogo d’Italia nel quale vive. Questa volta però con la consapevolezza che ogni cosa che faremo nel nostro piccolo avrà come traguardo comune una gioia che scaturisce anche nella sofferenza.

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Dopo ben 5 anni passati nel GBU da studentessa, ciò che posso fare ora è partecipare agli eventi in qualità di volontaria. Quest’estate ho partecipato al Summer Camp GBU tenutosi a Mondragone, in provincia di Caserta. È stata una settimana ricca di benedizioni! Ho potuto rafforzare amicizie e stringerne delle nuove. Infatti, quando posso ascoltare le storie di altri ragazzi traggo sempre grande incoraggiamento nel vedere come Dio agisce nelle vite altrui. E così è stato anche quest’anno al Summer Camp GBU. Valore aggiunto alle chiacchierate, il meraviglioso cielo stellato di Mondragone, il rumore delle onde, il riflesso della luna sull’acqua. Le migliori chiacchierate si svolgevano infatti in tarda serata, in spiaggia. La struttura in cui alloggiavamo distava solo pochi metri dal mare. 

Che dire poi dell’appuntamento fisso post cena con Davide e la sua chitarra che ci intratteneva cantando i migliori pezzi della musica italiana. Nulla togliendo al talento incontrastato degli Open Mike, gruppo musicale(?) formatosi durante il campeggio e vincitore della serata Open Mic, durante la quale chiunque (e sottolineo il CHIUNQUE) poteva dar voce al proprio talento, presunto o effettivo che fosse. Questo tipo di serate, a scatola chiusa, mi sorprendono e divertono sempre.  

Durante la settimana abbiamo anche fatto due gite. La prima a Gaeta, dove dopo una giornata di mare siamo andati a mangiare la Tiella, piatto tipico a base di polpo. Nella seconda gita abbiamo potuto godere del fascino di Napoli, grazie anche al contributo volontario come guida del mitico Antonio.

MA …NON C’E’ DAVVERO NULLA DI NUOVO 

Partecipando quest’anno al Summer Camp GBU mi sono scontrata con la dura realtà che la mia generazione GBU è ormai trapassata; ed ecco nuove leve al fronte! Non c’è davvero nulla di nuovo sotto il sole… ci si immatricola, si studia (chi più chi meno) si organizzano eventi GBU, ci si laurea (si spera) e tutto si ripete da capo con altri studenti desiderosi di servire Dio all’università con le stesse sfide, le stesse difficoltà, le stesse gioie… ciò che si è fatto è quel che si farà; non c’è nulla di nuovo sotto il sole…  

LA DURA REALTÀ

Come probabilmente si è intuito dalle numerose citazioni, tema del Summer Camp è stata la ricerca letteralmente sperimentale sul senso della vita intrapresa dall’Ecclesiaste, uomo sapiente, dalle invidiabili possibilità economiche. Ho due certezze: se l’Ecclesiaste fosse un tesista della facoltà di lettere e filosofia sicuramente sarebbe fuori corso e con lontane possibilità di laurearsi. Infatti, il libro sentenzia più e più volte senza lasciare nessuna apertura al dibattito: tutto è vanità, è un correre dietro al vento. L’ecclesiaste ha ragione. Lo studio, al pari del lavoro non è altro che occupazione penosa, che Dio ha data ai figli degli uomini perché si affatichino. 

LA VERA GIOIA

Ciò che più mi ha colpito è la chiave di lettura con cui poi abbiamo analizzato tutto il libro: il proposito di Dio risiede proprio nel fatto che l’uomo, non potendo trovare più alcuna soddisfazione dopo l’Eden all’infuori di Dio stesso, possa tornare a Lui. E quindi non c’è studio, carriera, progetto che possa colmare quella ricerca di senso a cui l’uomo tende. È stato per me molto incoraggiante al Summer Camp vedere come Dio abbia agito per salvarci dall’insensatezza di questa vita terrena per darci una speranza celeste, gloriosa ed eterna. Quale più grande benedizione vedere giovani studenti arrendersi a questa verità e abbracciare o riscoprire il messaggio del vangelo! Per la ripresa di settembre la mia speranza è che tutti noi possiamo sperimentare la vera gioia, la vera soddisfazione e che qualche amico “ecclesiaste” all’università possa incontrare Gesù nella propria vita.

Alice Novaria