Insomma, questa minaccia del coronavirus che proviene dalla Cina deve metterci in allarme, oppure no?
In queste cose occorre sempre bilanciare il dovere di adottare misure tese a soffocare sul nascere il possibile sviluppo di gravi pandemie, col pericolo di creare e diffondere allarmismi ingiustificati. Se si rimane ai dati diffusi dagli organismi internazionali, direi che le misure che si stanno adottando anche nel nostro Paese siano adeguate ad affrontare l’emergenza, e tali da rendere improbabile che questo ceppo virale si diffonda nel nostro continente. Detto questo, la nostra comprensione di questa epidemia è ancora parziale, per cui comprendo la necessità di lanciare messaggi rassicuranti senza però negare un pericolo potenziale non ancora scongiurato. In questo delicato equilibrio, purtroppo il clima politico e i social media giocano un ruolo del tutto deleterio, da una parte con l’adottare misure precauzionali magari eccessive, laddove ci si vuole solo mettere al riparo da ogni possibile accusa di inadempienza, e dall’altra col proliferare di notizie frutto di quella cultura complottistica che purtroppo pervade oggi la rete. Già si sente parlare di cospirazioni alla base della diffusione di questo ed altri virus, ma si può stare certi che, anche a emergenza finita, si dirà che tutto questo allarme è stato creato ad arte dalle multinazionali che producono vaccini per i loro biechi interessi. Notizie, tra l’altro, diffuse dalle stesse persone che si sarebbero per primi messi in fila a farsi vaccinare, qualora il pericolo paventato fosse risultato reale. Bene, questo virus del complottismo è secondo me più pericoloso di quello cinese, e in più, è bene per noi cristiani essere consapevoli che non ne siamo immuni, anzi, direi addirittura che siamo una vera e propria “categoria a rischio” per questo genere di contagio.
Addirittura? E per quale motivo i cristiani dovrebbero essere così a rischio di essere attratti da una mentalità complottista?
Innanzitutto sto parlando di un dato di fatto, documentabile col semplice navigare sui profili social. Le teorie complottiste più stravaganti, a cominciare da quella sulla terra piatta, per continuare poi con le scie chimiche, i falsi allunaggi, l’autismo causato dai vaccini, l’esistenza di cospirazioni mondiali di sedicenti illuminati e quant’altro… non di rado vedono l’adesione entusiasta di cristiani evangelici, spesso suffragata da convinzioni scritturali. L’unica teoria complottista da cui, per ora, sembriamo essere ancora esenti – e meno male! – è quella del negazionismo dell’Olocausto. Questo dato di fatto mi ha portato a domandarmi se ci fosse qualcosa di connaturato alla nostra fede che ci renda in qualche modo suscettibili a questo genere di approccio. La risposta che mi sono dato è che, in effetti, la conversione a Cristo si realizza nel contesto di un’umanità che ha “l’intelligenza ottenebrata”, la quale dunque ha bisogno di venire a conoscenza della verità. Più in generale, la fede cristiana si muove nel contesto di un mondo “che giace nel maligno”, al seguito del “principe della potenza dell’aria”. Queste verità bibliche, che non voglio assolutamente mettere in discussione, hanno la controindicazione di renderci ideologicamente vulnerabili al complottismo. Laddove infatti ci viene detto che esiste una verità tenuta perfidamente nascosta, perché qualcuno sta perseguendo fini malvagi, quel tipo di ragionamento trova in noi cristiani un terreno fertile, già ben dissodato, su cui poter attecchire. È questo presupposto che, come dicevo prima, rende proprio noi cristiani una della principali “categorie a rischio” di contagio del virus del complottismo.
Ritieni inevitabile questo contagio dei credenti, oppure esiste un rimedio?
Se devo pensare a un antidoto, credo che sia quello di recuperare una sana, vitale, biblica consapevolezza della sovranità di Dio. Occorre infatti riflettere che il complottismo ha come effetto quello di annichilirci, renderci passivi, deresponsabilizzarci rispetto a quanto noi, individualmente, possiamo fare oggi in concreto. Il complottismo è per sua natura demotivante e auto-assolutorio circa le nostre responsabilità individuali, in quanto tutto sarebbe già deciso e stabilito a un livello superiore del quale noi non abbiamo alcun controllo. Lo sai che i papaveri sono alti, alti, alti; sei nata paperina, che cosa ci vuoi far? Cantava Nilla Pizzi. La fede cristiana autentica invece è esattamente l’opposto. È azione, è assunzione di responsabilità, è speranza in un cambiamento reale e profondo che Dio può compiere a partire da scelte di obbedienza del singolo individuo, e che si diffondono poi nel contesto sociale in cui vive. Ecco, penso proprio che come cristiani dovremmo utilizzare la demotivazione e l’auto-assoluzione come una sorta di indicatore del grado di contaminazione da virus del complottismo.
L’articolo Tre domande a Nicola Berretta su virus, pandemie e contagio proviene da DiRS GBU.
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